Una mostra diffusa, intima, da scoprire nel silenzio delle celle dell’ex carcere fiorentino, che prima di essere tale fu anche un convento. È questa sua anima più antica che riscoprono le opere di Chiara Camoni e Bettina Buck: sculture, disegni, fotografie, installazioni, che sono tracce di percorsi di vita, angoli d’intimità domestica, momenti di confessione e introspezione, ipotesi di ciò che avrebbe potuto essere e invece non è stato.
Un dialogo artistico che offre stimoli per interpretare in maniera nuova il rapporto fra corpo e spazio, sul modo in cui quest’ultimo viene costruito e caratterizzato dalla presenza dei corpi, i quali a loro volta producono situazioni di gestualità che sono specchi di relazioni, architravi della socialità. E anche l’arte, a suo modo, è una disciplina di ridefinizione, nella maniera in cui la mostra rilegge e attua le potenzialità di un luogo sui generis come appunto un ex convento di clausura.
‒ Niccolò Lucarelli