Intervista a Giacinto Di Pietrantonio per la la seconda edizione di Autostrada Biennale in Kosovo

La seconda edizione della Biennale di Prizren si intitola “La rivoluzione siamo noi”. I trenta artisti selezionati presenteranno opere ispirate alla rivoluzione quotidiana che aveva auspicato Beuys quasi cinquant’anni fa.

La rivoluzione siamo noi è l’opera che nel 1971 divenne il manifesto del lavoro di Joseph Beuys. Prodotto dalla Modern Art Agency di Napoli, la stampa vede l’artista procedere con il suo cappello di feltro in testa, camicia bianca, gilet da pescatore e borsa a tracolla. Proprio quest’opera dà il titolo alla seconda edizione di Autostrada Biennale, la Biennale del Kosovo diretta quest’anno da Giacinto Di Pietrantonio (1954). Diffusa in diversi luoghi della città di Prizren, la manifestazione vedrà protagonisti trenta artisti internazionali che seguiranno non una tematica precisa, ma lo “spirito” della rivoluzione quotidiana e personale che Beuys aveva mostrato al mondo con la sua pratica. Ce lo ha spiegato meglio il direttore.

Com’è iniziato il tutto?
Sono stato contattato dagli organizzatori di Autostrada Biennale a ottobre scorso, ho avuto tempi strettissimi! Li ho incontrati per parlare di questa manifestazione, la cui prima edizione è stata curata da Manray Hsu. Mi è sembrato molto interessante, poiché il Kosovo è un luogo di frontiera, un paese che ha bisogno di essere sostenuto. Amo coinvolgermi in nuove iniziative, soprattutto quando sono dei giovani a proporle, e gli ho detto subito di sì.

Che impressioni ha avuto su Prizren, la città in cui si svolgerà la Biennale?
Prizren è una piccola città di circa 70 mila abitanti a 40 minuti dalla capitale, e non c’è molto dal punto di vista artistico. È stata fondata dai romani e c’è un piccolo museo archeologico. È molto libera, moderna, si respira una bella energia. È a maggioranza musulmana, con 30 moschee e qualche chiesa cristiana e ortodossa.

C’è qualcosa che l’ha colpita in particolare?
Mi sono imbattuto in questi alberi che avevano attaccati dei grandi lavori fatti all’uncinetto di vari colori e forme. Pensavo fosse un’installazione d’artista e invece ho scoperto essere un collettivo di donne turche, le Orkide – da orchidea – che hanno decorato questi alberi su cui si usa appendere manifesti e cartelli, come gesto di bellezza e protezione. È stata una bellissima coincidenza che ha confermato il concetto “La Rivoluzione siamo noi”, una spontaneità diffusa senza avere nessuna pretesa di intellettualità. Ho deciso quindi di invitarle come artiste alla biennale.

Autostrada Biennale, Jazz night in historical zone

Autostrada Biennale, Jazz night in historical zone

Quali saranno i luoghi in cui si svolgeranno gli eventi?
Proprio perché non ci sono luoghi espositivi a Prizren useremo i luoghi della città: il castello medievale, la stazione degli autobus (non ci sono i treni lì), la sede del ginnasio e le strade. Nella mia carriera ho già avuto esperienza di spazi abbandonati, in cui bisogna inventare un allestimento e un percorso di mostra.

Per quanto riguarda il budget?
Lavoreremo con budget molto ridotti, ma riusciremo comunque a produrre dei lavori pensati per l’occasione.

Il titolo della manifestazione è preso dall’opera di Beuys “La rivoluzione siamo noi”.
È un’idea molto personale ma allo stesso tempo universale. Quando l’ho proposto, gli organizzatori sono rimasti un po’ interdetti, per la questione del Kosovo che esce da un regime comunista. Quando si parla di rivoluzione si pensa sempre a una connotazione fortemente politica, legata all’unione sovietica.

Ovvero?
È un’opera a cui sono particolarmente affezionato, ma non ha niente a che vedere con il comunismo. Si intende una rivoluzione personale che parte dall’arte, una rivoluzione del linguaggio. Per la curatela di questa biennale volevo partire da un lavoro artistico e non da un concetto teorico, come si usa fare ora.

Qual è il suo legame personale con quest’opera?
Ne ho una sull’ingresso di casa. Quando torno, la prima cosa che vedo è Beuys che cammina e mi viene incontro. È l’opera che mi accompagna tutti i giorni e che tengo sempre presente nel mio lavoro.

In che modo quest’opera influenzerà gli artisti in mostra?
Non ho chiesto agli artisti di ispirarsi direttamente al lavoro di Beuys. Quello che volevo è un concetto di apertura. Ognuno di noi è la rivoluzione di ogni giorno.

Come si è mosso per comporre il suo team di artisti?
Con alcuni di loro ho già lavorato in passato. Ho scelto artisti che rispecchiassero questa idea del cambiamento.

Può fare qualche esempio?
Ci saranno i The Cool Couple con un lavoro che si chiama Emozioni Mondiali, in cui ci sono partite di calcio tra futuristi, impressionisti e via dicendo; Giuseppe Stampone con il lavoro La Primavera Araba; Mucci Comix, un duo che produce Sgomento, un fumetto che sarà esposto nel suo formato originale; Giulio Alvigini curerà la pagina social della biennale, tra serietà e ironia da meme, un lavoro che io considero “digitalmente site-specific”. Mi interessava la mescolanza di tutti i generi artistici.

È riuscito a portare con sé anche un artista di punta come Francesco Vezzoli.
Vezzoli è una persona molto profonda, nonostante tratti spesso di dive e ambienti mondani. Mi interessava soprattutto per le sue sculture, i lavori fotografici, un modo diverso per guardare il problema del reale. Abbiamo scelto un’opera che ha come soggetto Gloria Steinem, una grande femminista americana.

Giulia Ronchi

Autostrada Biennale
Dal 21 luglio al 21 settembre 2019
Luoghi diffusi
Prizren, Kosovo
http://autostradabiennale.org/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

Scopri di più