La perdita di senso. Lygia Pape a Milano

Fondazione Carriero, Milano – fino al 21 luglio 2019. L’artista e teorica brasiliana si presenta per la prima volta in Italia, con una mostra fin troppo densa. Con video proiettati su piccoli schermi, disegni, dipinti, sculture e collage che non seguono, ma nemmeno illustrano, l’andamento storico e la cornice critica all’interno dei quali era inserita.

Volete conoscere il percorso artistico e antropologico di Lygia Pape (Rio de Janeiro, 1927-2004), colta esponente del Neo-concretismo brasiliano e del Grupo Frente? Visitate la Fondazione Carriero, ma prendete questa mostra con le molle. Gli estenuanti tentativi dell’artista di cancellare il confine tra l’arte e lo spazio dello spettatore sembrano, nella mostra curata da Francesco Stocchi, futuro co-curatore della Biennale di São Paulo (2020), improvvisamente rivoltarsi contro lo sguardo di chiunque; sopraffatto da un affollamento ripetitivo, eccessivo e inaspettatamente stucchevole di lavori. L’impressione è che la mostra sia stata composta, pensata dall’alto, a partire dalle piante degli spazi, e dunque bidimensionalmente, non come un dialogo di lavori che acquisiscono un accesso imprescindibile rispetto alla tridimensionalità.
Dal piano terra fino all’ultimo piano espositivo, adornato di un modulo dello scenografico Tteia1 (esposto in maniera integrale nel corso della 53. Biennale di Venezia, nel 2009), si fa esperienza di un dispiegamento di dipinti di ricerca, intuizioni geometriche, appercettive, di fotogrammi solidificati dalla carta, di sculture su legno, fili metallici, immagini, corpi in movimento che andrebbero respirati, lasciati liberi, seguendo la loro intrinseca forza dinamica: origine propria di un manifesto di rottura dall’isolamento.
Invece, una volta addensati nelle stanze antiche, altissime e strette di Casa Parravicini (uno dei pochi edifici privati risalenti al Quattrocento di Milano), i diversi corpus di lavori (realizzati tra il 1952 e il 2000) si prestano a un ammassamento ripetitivo, votato a una costante perdita di senso più che a un’acquisizione di significato.

Lygia Pape. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2019. Photo Christian Kain. Courtesy Fondazione Carriero, Milano

Lygia Pape. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2019. Photo Christian Kain. Courtesy Fondazione Carriero, Milano

ALTA DENSITÀ

La mostra, che si presenta quale primo percorso monografico istituzionale di Pape in Italia, sembra autocompiacersi dell’alta densità di lavori ostentati (in poche decine di metri quadrati, al piano terra, si ritrovano: Livro do Tempo (Escultura grande), 1965 con i Desenho del 1985, insieme al Livro da Criação del 1959–60, di fronte al Livro do Tempo (Escultura media) del 1965 e il Livro Noite e Dia del 1963–76), lavori che non vengono introdotti secondo una disanima storiografica e strutturando il loro statuto nei confronti dell’approccio artistico di Pape, ma che si affacciano al visitatore come un dato di fatto isolato, creato dall’apparente singolarità di una donna, di una sperimentatrice, che nella realtà della Storia ha promosso una vera e propria rete etnografica ed estetica di resistenza, facendo di se stessa il fulcro di una collettività del pensiero (Lygia Clark, Hélio Oiticica, Antonio Manuel, ma anche Rogério  Duarte, Waly  Salomão, Ivan Serpa, Alfredo Volpi e Milton Dacosta).

Lygia Pape. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2019. Photo Christian Kain. Courtesy Fondazione Carriero, Milano

Lygia Pape. Installation view at Fondazione Carriero, Milano 2019. Photo Christian Kain. Courtesy Fondazione Carriero, Milano

I DESENHO

Se vi trovate fra le sale di Fondazione Carriero per avvicinarvi alla figura di Lygia Pape, non tenete conto dei piccoli monitor, allestiti al primo piano. Dimenticatevene, altrimenti sareste obbligati a prendere visione di cinque capisaldi del cinema sperimentale brasiliano (O ovo, 1967; Divisor, 1967; Trio do embalo maluco, 1967; A mão do povo, 1975; Divisor 2010) ammassati su tre piccoli schermi, posti in uno stretto corridoio, gli uni di fronte gli altri.
Piuttosto consolatevi con la bella serie dei Desenho – Espaços Imantados, Registro Cinematográfico (1980), collage che ancora mantengono la dignità dell’anti-film, dell’ingiallimento di cellulosa e celluloide, segni veritieri del tempo. Grande macchina assente nei Desenho degli Anni Cinquanta, esposti nella sala accanto. Volete profondamente conoscere chi sia stata Lygia Pape? Sfogliatevi il catalogo di Lygia Pape: A Multitude of Forms (Metropolitan Museum of Art, New York, 2017) affinché o inferno exista, mas não funciona (Murilo Mendes).

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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