Si definisce “pittore di paesaggio” Giuseppe Adamo (Alcamo, 1982), racchiudendo in questa etichetta la potenza del legame che intercorre fra il suo linguaggio visivo e le dinamiche del mondo naturale.
Gli acrilici su tela e carta esposti nella sede veneziana recano le tracce, quasi palpabili, di stratificazioni che richiamano alla mente i solchi lasciati da un aratro nella terra appena smossa, ma anche le conformazioni rocciose di pianeti lontani.
Frutto di un lavoro rigoroso e metodico, le opere di Adamo sfuggono a una visione d’insieme, offrendosi come dettagli volutamente non riconoscibili e delegando allo sguardo la scelta di rimanere in superficie o di immergersi in profondità, fra le pieghe di colori sovrapposti decine di volte. I “paesaggi” evocati dall’artista attingono senza dubbio da un immaginario collettivo legato all’idea stessa di natura, ma non cedono sino in fondo alla tentazione di sovrapporsi a esso. Preferendo tratteggiare un altro solco, che affonda in un terreno denso di possibilità.
‒ Arianna Testino