La mega installazione di Ibrahim Mahama a Porta Venezia per Fondazione Trussardi

L’installazione urbana dell’artista ghanese lancia un invito alla riflessione su temi di diversità e integrazione: ce la racconta Massimiliano Gioni, curatore della Fondazione Trussardi

Se in questi giorni siete passati per Porta Venezia a Milano, avrete sicuramente notato qualcosa di insolito nel consueto panorama cittadino: gli storici bastioni sono ricoperti da due enormi teli di juta: non si tratta di uno scherzo in vista del 1 aprile, né di un restauro in corso. È la nuova installazione su scala urbana promossa da Fondazione Trussardi, che inaugurerà martedì 2 aprile, nell’ambito dell’art week intorno alla fiera miart, e resterà visibile al pubblico fino al 14 dello stesso mese. Quella di sostenere progetti su larga scala a cielo aperto è una pratica ricorrente della fondazione, che lo scorso anno presentò nei giardini del quartiere CityLife l’opera ludica Sacrilege di Jeremy Deller. Ma anche quella di riaprire siti urbani dimenticati, come accaduto all’Albergo Diurno Venezia con la mostra di Sarah Lucas.

Ibrahim Mahama, A Friend. Installazione per Fondazione Trussardi a Porta Venezia, Milano

Ibrahim Mahama, A Friend. Installazione per Fondazione Trussardi a Porta Venezia, Milano

FONDAZIONE TRUSSARDI PER PORTA VENEZIA: L’ARTISTA

Si chiama A Friend, l’installazione realizzata dall’artista Ibrahim Mahama (1987, Tamale, Ghana): un invito a riflettere su cosa Porta Venezia rappresenta e ha rappresentato nei secoli, declinato nel significato di soglia, di delimitazione urbana e, conseguentemente, nell’incontro con l’esterno e lo straniero. A parlarcene è Massimiliano Gioni, curatore dell’operazione, che spiega ad Artribune come la scelta sia ricaduta su questo artista di fama internazionale, “come sempre con le mostre e le incursioni della Fondazione Nicola Trussardi cerchiamo di portare a Milano gli artisti più interessanti del momento o comunque artisti il cui lavoro non sarebbe conosciuto in Italia se non fosse per i nostri interventi e commissioni. Mahama ha mostrato i suoi interventi in molte città europee, ha esposto a Londra e alla Biennale di Venezia del 2015, dove tornerà anche quest’anno. La traiettoria di crescita e notorietà di Mahama ci sembrava si prestasse a una nuova accelerazione e a una presentazione importante in Italia”.

Ibrahim Mahama, A Friend. Installazione per Fondazione Trussardi a Porta Venezia, Milano

Ibrahim Mahama, A Friend. Installazione per Fondazione Trussardi a Porta Venezia, Milano

FONDAZIONE TRUSSARDI PER PORTA VENEZIA: IL PROGETTO

Ma cosa si cela dietro questi metri di juta che ricoprono gli elementi architettonici di Porta Venezia? “L’opera di Mahama in particolare si confronta da sempre con alcuni temi che i due caselli daziari incapsulano nella loro architettura”, prosegue il curatore, “il significato e l’importanza dei confini, la circolazione delle merci e delle persone, le forze all’opera nella globalizzazione… Sovrapponendo il lavoro di Mahama ai Caselli di Porta Venezia, siamo costretti a pensare a cosa quelle porte – e, per estensione, tutte le porte e i caselli e le dogane – rappresentano. Ovviamente impacchettare le Porte di Milano significa anche immancabilmente parlare di confini e di identità, di ciò che definisce il sé, la nazione, e l’altro. Temi quanto mai urgenti in Italia”. Il messaggio di diversità e inclusione diventa ancora più significativo in relazione a una location come Porta Venezia, quartiere multietnico, punto di riferimento del Pride con la celebre fermata della metro arcobaleno.

I RIFERIMENTI A BURRI E CHRISTO

Non mancano i riferimenti anche alla storia dell’arte italiana, come i sacchi di Alberto Burri: se le sue jute sono spesso interpretate come garze che coprono le ferite del trauma della guerra, i sacchi dell’autore ghanese coprono ferite più attuali, quelle della globalizzazione. Lampante è poi il collegamento con Christo e le sue azioni di Milano, risalenti al 1970 – l’impacchettamento dei monumenti di Leonardo in Piazza della Scala e di Vittorio Emanuele in Piazza Duomo – all’epoca un monito al consumismo imperante. L’opera promossa da Fondazione Trussardi, invece, diventa il segnale di un mondo sempre più grande e inquieto.

L'installazione di Ibrahim Mahama a documenta 14 a Kassel, 2015

L’installazione di Ibrahim Mahama a documenta 14 a Kassel, 2015

IBRAHIM MAHAMA

Ibrahim Mahama è nato nel 1987 a Tamale (Ghana). Oggi vive tra Accra, Temale e Kumasi, in Ghana. Mahama utilizza la trasformazione dei materiali, spesso raccolti dall’ambiente urbano, per esplorare i temi dello scambio delle merci, della migrazione e della globalizzazione. I suoi interventi, che spesso includono l’utilizzo di elementi architettonici delle città e la collaborazione con altri artisti, sono apparsi in molte città europee. Ha avuto mostre personali alla Stadtische Galerie di Berlino (2018), alla galleria Apalazzogallery di Brescia (2018), all’Extra City Kunsthal di Anversa (2018); al Miami Design District, Miami (2017) e al White Cube Bermondsey di Londra. Tra le sue partecipazioni più importanti si ricordano quella a Documenta 14 di Kassel del 2017 e alla Biennale di Venezia del 2015. A maggio tornerà di nuovo alla biennale come rappresentante del Padiglione del Ghana, assieme agli artisti El Anatsui, Lynette Yiadom Boyake e John Akomfrah, alcuni di questi già rappresentati nella mostra fatta alla Triennale di Milano La Terra Inquieta, curata da Massimiliano Gioni per Fondazione Trussardi.

– Giulia Ronchi

Ibrahim Mahama, A Friend
2 – 14 aprile 2019
Caselli Daziari di Porta Venezia
Piazza Guglielmo Oberdan, 4 – 20124 Milano
www.fondazionenicolatrussardi.com

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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