Un viaggio all inclusive. Bertille Bak a Roma

The Gallery Apart, Roma ‒ fino al 6 aprile 2018. La personale dell’artista francese nella galleria romana racconta il tema del viaggio. Articolandolo tra lavoro, vacanze, industria turistica e migrazione.

Fa sorridere e arrabbiare la personale dedicata a Bertille Bak (Arras, 1983) da The Gallery Apart a Roma. Giovane, ma già midcareer con all’attivo partecipazioni a documenta14 a Kassel e alla Biennale dell’Immagine in Movimento a Ginevra, l’artista francese si concede una sortita romana di grande profondità. Si chiama All inclusive Viaggio e il tema, manco a dirlo, è proprio questo. I capelli dei marinai incontrati tra un porto e l’altro si trasformano in una grande installazione formata da piccole tarsie-mattonelle: ognuna è una bandiera, ma non rivela alcun dettaglio sull’identità del “proprietario” della chioma. Al piano superiore, tra un simpatico congegno automatico che rivela corpi procaci di signorine ammiccanti – tra un movimento e l’altro delle finestrelle che nascondono e scoprono – e un racconto di non luoghi come le navi da crociera, che però sono anche spazi di lavoro e alienazione, lo spettatore può godersi anche il bel video del 2015 Figures Imposées. Le protagoniste del film sono donne che migrano alla ricerca di un destino migliore; l’artista costruisce una “palestra” immaginaria, una sorta di allenamento alla Full Metal Jacket al quale le signore devono sottoporsi per imparare a fuggire dai controlli o a mimetizzarsi tra una difficoltà e l’altra. Nonostante il tema “caldo” non mancano i sorrisi, strappati con ironia surreale.

Bertille Bak, Usine à divertissement, 2016, trittico video, 20 min, ed. 6+1AP, produzione per BIM Genève 2016, exhibtion view at The Gallery Apart Roma, photo Giorgio Benni

Bertille Bak, Usine à divertissement, 2016, trittico video, 20 min, ed. 6+1AP, produzione per BIM Genève 2016, exhibtion view at The Gallery Apart Roma, photo Giorgio Benni

DIETRO LE QUINTE DEL TURISMO

La stessa che attraversa la trilogia (nel basement) Usine à divertissement: girata fra Tailandia, Marocco e Camargue, svela con realismo impressionante i retroscena del mondo del turismo, spesso piegato ai desideri di un mondo occidentale alla ricerca di ciò che è “etnico” e “autentico”, ma poi davvero lo è? Tra spettacolarizzazione – spesso resa attraverso le tecniche del talent show – e il contrasto tra mondi fintamente tradizionali e invece mossi da tecnologie d’avanguardia, il senso della perdita della realtà diventa palesemente grottesco. Sorridiamo, un po’ imbarazzati, perché il tema ci riguarda da vicino.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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