Un libro sul Grande Cretto di Burri a Gibellina. Con foto di Aurelio Amendola, l’amico fotografo

In occasione dei 50 anni dal terremoto nella Valle del Belìce, un libro sull'opera di land art più grande al mondo riunisce gli scatti del fotografo di Burri con i testi dello psicanalista Massimo Recalcati. Ne abbiamo parlato con gli autori

Era la notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 quando un violento terremoto di magnitudo 6.4 rase al suolo interi paesi della Valle del Belìce – una vasta area della Sicilia orientale compresa tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo – provocando la morte di 296 persone, 1000 furono i feriti e 100 mila gli sfollati. Tra quei paesi martoriati, Gibellina, più degli altri, si seppe risollevare grazie all’arte contemporanea, perché l’allora sindaco Ludovico Corrao, scomparso tragicamente nel 2011, chiese di ricostruire il paese a decine di artisti, letterati e architetti di fama mondiale: uno di questi era Alberto Burri che realizzò sulle rovine il monumento Grande Cretto. Da allora sono passati cinquant’anni e, tra i numerosi eventi organizzati per ricordare l’anniversario del terremoto del Belìce, il fotografo Aurelio Amendola, con l’analista e saggista Massimo Recalcati e Magonza Editore, sono stati i primi a pensare di realizzare un libro sul Grande Cretto di Gibellina che sarà presentato la prossima primavera.

LE PAROLE DELL’EDITORE

“Sentivo da tempo il bisogno di creare un libro sul lavoro di Alberto Burri a Gibellina, a maggior ragione oggi, dopo che la Fondazione Burri – assieme al Comune di Gibellina e alla Regione Sicilia – è riuscita a completare il Cretto secondo il progetto originario”, spiega ad Artribune Alessandro Sarteanesi, Direttore Magonza. “Credo che si tratti di un dovere morale, una mia esigenza interiore, rendere ancora omaggio alla grandezza dell’artista e dell’uomo che, realizzando un “calco” della violenza tellurica – il Grande Cretto –, pone le condizioni di un silenzioso e perpetuo ricordo di un topos e di una identità, creando un’inedita coincidenza fra “il luogo” – ridotto a materie straziate, lacerate – e “l’opera d’arte”, simbolo sconvolgente di Storia umana”. Con Burri le macerie del centro abitato della cittadina originale furono cementificate e trasformate nell’opera di land art più grande del mondo, teatro recentemente di una performance di danza molto evocativa. “Ho pensato così di coinvolgere l’amico Aurelio Amendola – “il fotografo di Burri” – e Massimo Recalcati”, continua Sarteanesi, “pure per le sue indiscutibili qualità di lettura e interpretazione del contemporaneo, dalla prospettiva psicoanalitica, che avevo avuto modo di apprezzare nelle sue precedenti riflessioni sullo stesso Burri e su Claudio Parmiggiani”.

Alberto Burri, Grande Cretto di Gibellina - foto Aurelio Amendola

Alberto Burri, Grande Cretto di Gibellina – foto Aurelio Amendola

IL LIBRO DI RECALCATI

È nato, così, il libro Alberto Burri, il Grande Cretto di Gibellina che ripercorre la vicenda di quest’opera monumentale con un saggio dello psicanalista Massimo Recalcati, tra i più noti in Italia – membro dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi –. “Il Cretto di Gibellina di Burri non è solo un gesto umanissimo di pietas. Non si limita a commemorare poeticamente una tragedia”, commenta Recalcati. “Esso mostra il valore profondo che accompagna l’azione dell’arte in quanto tale: la morte non è l’ultima parola sulla vita, la forma dell’opera salva il mondo dal puro orrore”. Un libro importante, impreziosito da una ricca selezione di inedite immagini in bianco e nero di Aurelio Amendola, custode dell’archivio fotografico più ricco di Alberto Burri, in una reinterpretazione nuova e per la prima volta esaustiva, dopo il completamento nel 2015, del Grande Cretto di Gibellina. “La mia amicizia con Burri è durata dal ’76 fino alla sua morte, nel ’95. Più volte mi aveva chiesto “quando vai a fotografare il Cretto?”. Mi sento ancora in colpa per non averlo fatto quando era in vita”, ricorda per Artribune Amendola, in una toccante testimonianza del suo rapporto con Burri.

IL RICORDO DI CORRAO

“L’occasione si presentò nel 2011 e raggiunsi Ludovico Corrao che mi ospitò a pranzo promettendomi di far pulire al meglio l’opera, che trovai in una situazione non adeguata a rappresentarne al meglio la sua straordinaria potenza e la sua bellezza, con l’erba che cresceva dappertutto. Purtroppo non vidi più Corrao. Venne tragicamente a mancare solo due giorni dopo il nostro incontro. Fu una perdita straziante per Gibellina. Pensai che non si sarebbe fatto più nulla, ma con grande sorpresa e gioia, mi contattarono poco tempo dopo per mettermi al corrente del fatto che erano state avviate – come ordinato da Corrao – le operazioni di pulitura e manutenzione del Cretto! Realizzai così le mie fotografie, che oggi sono in archivio presso la Fondazione. Ora che il Cretto è ultimato mi sento in dovere di tornare e finire le riprese fotografiche, come Burri e Corrao avrebbero voluto”.

– Claudia Giraud

www.magonzaeditore.it

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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