Top & flop dall’art week di Torino. Quello che è andato bene o meno bene
Luci e ombre della settimana dell’arte torinese. Ecco cosa abbiamo salvato (e premiato) e cosa abbiamo buttato giù dalla torre. Sempre secondo il nostro insindacabile giudizio.
È andata bene, parecchio bene questa settimana dell’arte a Torino. Dell’arte e della musica, perché Artissima & co. coincidono da anni con Club to Club, altro evento di rilevanza continentale che permette di mescolare almeno in parte pubblici diversi. Il giudizio generale è dunque molto positivo, anche per coloro che non troverete nominati qui, ma di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi e di cui parleremo nei giorni a venire. Restano però delle punte di eccellenza e anche alcuni abissi che costruttivamente invitiamo a ripensare e migliorare per il 2018.
TOP
ARTISSIMA – LA SEZIONE DISEGNI E IL PIPER
Artissima, il naturale traino della settimana dell’arte torinese, ha messo in campo un’edizione di tutto rispetto (qui trovate i 10 migliori stand secondo noi). Merito del lavoro fatto negli anni scorsi da Sarah Cosulich Canarutto, ma senz’altro anche della neodirettrice Ilaria Bonacossa e dello staff curatoriale e organizzativo. Una fiera perfettamente in target, che non insegue pateticamente colossi europei come Frieze e Fiac ma che se la gioca ad armi pari con competitor come Art Brussels. Se solo la fiscalità aiutasse… Menzione d’onore per la nuova sezione dedicata ai Disegni, curata dai direttori della Kunsthalle Lissabon, e al progetto Piper immaginato da Paola Nicolin.
THE OTHERS E LA RISTORAZIONE
La scorsa settimana a Torino c’erano ben sei fiere a Torino, dall’esordiente Flat alla settima della lista, Operae, che lavora sul margine fra arte e design. Un’offerta di caratura internazionale, con un livello medio più che dignitoso – al contrario di quanto avviene in città ben più blasonate, dove le “fiere collaterali” sono spesso terribili. Una menzione se la merita The Others, che torna per il secondo anno all’ex Ospedale Maria Adelaide, occupandone spazi però ben più ampi. E ribadendo come sia fondamentale curare anche i cosiddetti servizi aggiuntivi. Così quest’anno, oltre all’interessante offerta di street food, nella mensa del nosocomio si sono avvicendati per quattro sere altrettanti chef curiosi, stimolanti, intelligenti.
TRETI GALAXIE E LA SCOPERTA DELLA CITTÀ
Queste settimane dell’arte servono anche a fare marketing territoriale. E più mostre, installazioni, eventi ci sono in tanti luoghi, più resta in mente al visitatore la qualità complessiva della città che li ospita. Quest’anno Torino ha saputo lavorare in maniera eccellente su questo fronte, pur senza una regia complessiva alle spalle (che spesso rischia anche di essere macchinosa e quindi poco utile, se non dannosa). Al primo posto c’è ovviamente la scoperta delle ex OGR per mano della Fondazione CRT (con la mostra Come una falena alla fiamma, in parte allestita anche alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, i concerti dei Kraftwerk e il convegno su musei e digitale), ma poi tante altre iniziative anche piccole o piccolissime, dal circuito messo in campo da Nesxt fino all’ennesima operazione folle e geniale dei ragazzi di Treti Galaxie, che sono riusciti a farsi aprire gli spazi ipogei del Pastiss (una fortificazione in pieno centro) e ad allestirvi una mostra di Clémence de la Tour du Pin.
LE GALLERIE E L’EXPLOIT DI FRANCO NOERO
Buona anche l’offerta delle gallerie torinesi, che in tanti hanno visitato durante l’art night di sabato sera, con il classico epicentro in zona Borgo Nuovo (dove vanno citate almeno la notevolissima personale di Botto e Bruno da Alberto Peola e l’omaggio a Chiara Fumai da Guido Costa Projects). Il colpaccio l’ha però fatto Franco Noero, in quattro mosse: un solo show memorabile di Paolo Bronstein nella sede in piazza Carignano, luogo magico e giusto sopra il ristorante del Cambio; una installazione di Martin Gamper in una sala del Museo del Risorgimento; e poi il solo show di Mario García Torres nella sede di via Mottalciata (al ground floor) e quello di Andrew Dadson, assai suggestivo, al piano interrato. Con la bonus track dell’intervento sulle tende del palazzo dirimpetto. Chapeau.
FERRÉ A PALAZZO MADAMA
Saranno anche troppo ancorati agli Anni Novanta, i gioielli di Gianfranco Ferré. Ma che piacere vederli in una delle magnifiche sale di Palazzo Madama, nella centralissima piazza Castello. L’allestimento, poi, è veramente notevole, con le teche in acciaio brunito e le griglie metalliche che li proteggono, facendo però a meno di vetri e plexiglas.
FLOP
POLEMICHE INUTILI E DANNOSE
Intendiamoci: discutere pubblicamente fa sempre bene, specie in mondi come quello dell’arte, dove ci si accoltella molto più volentieri alle spalle. Però c’è un limite, dettato dall’opportunità, dai modi, dai tempi. E se non se ne tiene conto, il rischio di apparire provinciali (nel peggior senso del termine) è in agguato. La scorsa settimana ci sono cascati in parecchi: in un primo scambio, svoltosi sulle pagine locali de La Stampa, Gian Enzo Sperone (e poi l’intera organizzazione della fiera Flashback) ha incrociato la spada con Ilaria Bonacossa, e francamente potevamo farne a meno, specie nell’anno in cui si celebrano i cinquant’anni dell’Arte Povera anche e proprio ad Artissima, con il Deposito italiano dell’arte presente. Il secondo scambio, che ancora più tristemente si è svolto in gran parte su Facebook, ha visto protagonisti Luca Beatrice e l’amministrazione comunale, dopo che una delle Luci d’artista è stata vandalizzata nel quartiere Vallette: forse sarebbe stato utile rispondere alle critiche – quantunque ambigue e fraintendibili – del presidente del Circolo dei Lettori con un contenuto un po’ più solido del populistico “dimissioni dimissioni”.
LA POP ART ALLA GAM
Intendiamoci: si fa quel che si può. E si può far poco in questi mesi alla GAM di Torino, falcidiata da tagli inenarrabili. Ma riciclare una mostra allestita a Cuneo pochi mesi fa e organizzata per festeggiare i venticinque anni della Fondazione CRC, per portarla nei già infelici spazi sotterranei del museo torinese, con tante opere non esattamente memorabili, quando la stessa GAM ha una collezione – anche d’arte contemporanea – incredibilmente vasta e interessante… ecco, si poteva, anzi si doveva evitare. Con poche migliaia di euro si potevano pagare uno o due autori – come già successo in altri musei – per scrivere una ventina di didascalie letterariamente rilevanti e costruire un percorso di visita alla collezione permanente. Ed è un’idea fra tante che poteva essere sviluppata.
ARTISSIMA LOUNGE
Non tutto può funzionare alla perfezione, e meno male, altrimenti ci sarebbe da annoiarsi. Ecco, ad Artissima, dove visitatori e soprattutto operatori trascorrono intere giornate, la ristorazione sfiora l’incredibile. In capo all’ente che gestisce gli spazi della fiera c’è il solito approccio in stile autogrill, e tutti sanno di cosa si tratta, purtroppo; una piccola evoluzione si presenta, a fianco dei bagni, con una lavagna a suon di “apericena” e “aperisushi”, e infatti era costantemente deserta. Tutto cambia per gli happy few che hanno accesso alla lounge? No. La qualità del cibo è media se non mediocre, i prezzi ingiustificati e ingiustificabili, l’organizzazione inesistente, e soprattutto i posti a sedere sono forse il 10% della richiesta. Va trovata una soluzione, e già dal prossimo anno.
PALAZZO MADAMA, ANCORA
Flop dichiaratamente costruttivo. Quando si apre all’arte contemporanea un museo splendido e in centrissimo, e in una location come Palazzo Madama, bisogna farlo con il botto. D’accordo che, come dicevamo poc’anzi, le finanze sono quello che sono, ma la mostra di Elisa Sighicelli non basta. Fortuna, diciamo così, che c’era la mostra di Gianfranco Ferré, altrimenti la delusione sarebbe stata cocente.
PARATISSIMA
Non eravamo prevenuti ma ce lo aspettavamo, e lo abbiamo anche scritto prima che iniziasse il tourbillon. Insomma, pure quest’anno Paratissima non ha funzionato: non significa che nessuno ci sia andato, anzi, ma l’offerta è veramente di basso livello. Con l’aggravante che in questo modo si “brucia” ogni volta una location appetibilissima per farci altro – in questo 2017, l’ex Caserma di via Asti.
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