L’arte-rivoluzione di Nanni Balestrini. A Milano

Fondazione Mudima, Milano ‒ fino al 10 novembre 2017. L’Ottobre Rosso rivive alla Fondazione Mudima nella declinazione creativa di Nanni Balestrini. Il centenario della Rivoluzione russa offre al protagonista della neoavanguardia l’occasione per una metariflessione politico-visiva sul tempo della storia e dell’arte.

Dodici opere della stessa grandezza, 70 x 100 cm, scandiscono la superficie bianca delle pareti, come sincronizzate sullo stesso momento magico della rivoluzione.
Nella sua operazione concettuale, che poco concede all’emozione e molto alla tensione creativa, Nanni Balestrini (Milano, 1935) “cattura” l’oggetto artistico della tradizione per farlo dialogare con la parola scritta: dodici quadri celebri, realizzati da artisti coevi alla Rivoluzione russa ‒ da Chagall a Malevič, Kandinskij e Rodchenko alla Goncharova e Rozanova – sono stati ingranditi e riprodotti su tela, dopo aver subito una totale ri-contestualizzazione. Sopra ogni immagine sono state incollate le citazioni di grandi artefici del cambiamento come Lenin e Majakovskij, Aragon, Fidel Castro, Karl Marx.
Una pioggia di parole, frammentate e scomposte, invade l’intera superficie dei quadri: le scritte, tutte in caratteri maiuscoli di stampa, enfatizzano i contenuti, alla stregua di grida liberatorie. “Il comunismo abolisce le verità eterne”, sembrano urlare insieme a Karl Marx le figure al galoppo nella Cavalleria Rossa di Malevič, del 1932.
“Compagno come si fa la rivoluzione? Bisogna sognare la rivoluzione”, è la frase di Lenin che promana dall’opera di Kandinskij Cresta blu del 1917. Poco distante, la citazione di Majakovskij (“La mia rivoluzione”), a caratteri cubitali e rovesciati, taglia orizzontalmente in due il quadro di Malevič Ragazze nel campo.

RIVOLUZIONI INFINITE

L’arte è rivoluzione, rottura degli schemi, sembrano affermare le opere di Balestrini, che non accettano di restare imbrigliate nei confini tradizionali del sistema dell’arte e anzi ne affermano il totale superamento.
Anche la stampa in digitale su tela di ogni ri-composizione appare come una rinuncia liberatoria all’unicità dell’opera, che ne indica l’infinita riproducibilità.
“Non c’è una fine, le rivoluzioni sono infinite”, è la frase di Zamyatin che si staglia a gran voce sulla superficie del quadro Suprematismo, di Olga Rozanova (1916-17).
Perché nell’arte, come nella storia, l’essenza della rivoluzione è possibile e ripetibile, affermano le opere di Nanni Balestrini, esse stesse soggetti rivoluzionari.

Nanni Balestrini. Vasilij Kandinskij, Cresta blu, 1917

Nanni Balestrini. Vasilij Kandinskij, Cresta blu, 1917

UTOPIE CONCRETE

Ed è proprio nella tensione creativa che l’utopia rivoluzionaria può diventare concreta e realizzabile. “Per questi miei lavori ho scelto degli artisti russi che in modi diversi parteciparono alla Rivoluzione del 1917, ma non voglio indicare alcun legame deterministico tra quegli sconvolgimenti sociali e politici e ciò che accadde nell’arte. Tuttavia quella fu una rivoluzione profonda, totale e feconda di novità anche per l’arte” ‒ afferma Balestrini. “Successivamente, nel 1968, ma soprattutto nel ’77, molti di noi sentirono che il cambiamento era possibile, ed era possibile viverlo sia a livello individuale che collettivo. Oggi purtroppo si è persa la memoria di quelle istanze positive, mentre sembra essere rimasto indelebile solo il ricordo degli anni di piombo”.
“Uomini futuri, chi siete?”: la domanda del poeta della rivoluzione Majakovskij risuona nello spazio espositivo di Mudima, mentre le note dell’Internazionale cantata dall’Armata Rossa sono un evocativo tappeto sonoro non stop. Per ricordare, con Lenin, che la rivoluzione resta “la festa degli oppressi e degli sfruttati”.

Silvia Sperandio

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