Nel segno della tradizione antica, lavorando vetro, legno, foglia d’oro, Mario Ceroli (Castel Frentano, 1938), si fa interprete di una contemporaneità problematica e apocalittica, dove demoni e angeli sterminatori simboleggiano flagelli quali conflitti etnici e sociali, moderne pestilenze quali AIDS ed ebola, catastrofi naturali dovute al cambiamento climatico. Colti e raffinati omaggi al Rinascimento, ravvisabili in quel legno che fa letteralmente esplodere quella plastica muscolarità di michelangiolesca memoria, si sommano a suggestione di mistiche sofferenze di medievale grandiosità, mediate però da forme contemporanee.
Con il suo afflato storico e scenografico, foriero di suggestioni e realistiche, amare riflessioni, Ceroli è protagonista di una mostra che tocca anche la sfera religiosa, ma se ne serve come chiave metaforica per una caustica lettura antropologica della nostra epoca, sottoposta a un’apocalisse causata però dalla mano dell’uomo.
‒ Niccolò Lucarelli