Alle Terme di Caracalla tornano visibili gli affreschi della domus con gli dei egizi e romani

Dopo 30 anni sono nuovamente accessibili alcune delle decorazioni di una grande dimora patrizia di età adrianea, che testimonia come le diverse divinità convivessero serenamente nel culto popolare. Visibile anche un'anticipazione del soffitto del triclinio

Un’imponente figura munita di scettro che guarda un uomo con la testa di sciacallo: un muto dialogo, quello tra Giove e Anubi, emerge dalla notte dei tempi e torna a raccontarci la vita dell’antica Roma. Del regno di Adriano, in particolare: questi affreschi, contenuti in due ambienti ricostruiti dalla Soprintendenza Speciale di Roma, appartengono al sacello sacro di una lussuosa domus rinvenuta nei pressi delle Terme di Caracalla. Nuovamente accessibili ai visitatori dopo 30 anni, le pareti affrescate rappresentano uno straordinario esempio di sincretismo religioso, che giustappone la triade capitolina di Giove-Giunone-Minerva a quella del culto egizio Anubi-Iside-Serapide (anche se quest’ultimo non è certo). Il nuovo allestimento consentirà anche di vedere per la prima volta lo spiccato della volta affrescata del triclinio – compreso un possibile Dioniso – che anticipa l’allestimento futuro del soffitto ritrovato in centinaia di pezzi e ancora in fase di restauro.

Gli affreschi della domus adrianea

Gli affreschi della domus adrianea

LA DOMUS AFFRESCATA ALLE TERME DI CARACALLA

Ad essere tornati visibili sono gli affreschi appartenenti a due stanze, una dedicata al culto – la meglio conservata – e l’altra con il triclinio, il cui soffitto è stato rinvenuto in crollo. Al primo ambiente, principe del nuovo allestimento, appartengono due decorazioni pittoriche sovrapposte: la più antica, di età adrianea, presenta prospettive architettoniche popolate da figure umane, statue e felini rampanti, mentre la seconda (posteriore di circa 50 anni) presenta le citate figure di divinità. “Gli affreschi che oggi tornano visibili appartenevano a un edificio situato in un quartiere che agli inizi del III secolo venne distrutto per far spazio alle Terme di Caracalla“, ha spiegato la soprintendente speciale di Roma Daniela Porro: questo quartiere e quello accanto a Porta Capena furono infatti demoliti intorno al 206 d.C. per far posto al terrazzamento di fondazione del complesso dei bagni urbani. “Ora i visitatori, oltre alla bellezza e all’interesse di queste pitture, potranno cogliere un pezzo di storia e le trasformazioni della città antica”, ha detto ancora Porro, rimarcando come questo sia “un ulteriore tassello che arricchisce uno spazio che è fiore all’occhiello della città”. Un tassello importante anche per lo studio stesso dell’antica Roma: “Che i romani pregassero dei appartenenti a culti diversi tutti insieme era noto. Ma non avevamo mai trovato la triade capitolina e quella egizia rappresentate così esplicitamente insieme in un ambiente sacro domestico“, racconta Mirella Serlorenzi, archeologa e direttrice del sito delle Terme.

UN SITO ARCHEOLOGICO DENTRO UN SITO ARCHEOLOGICO: LA DOMUS ALLE TERME DI CARACALLA

Ancora non si conosce il proprietario dell’edificio, ma stando a Serlorenzi era “sicuramente un esponente facoltoso, visto l’impiego per le pitture di materiali costosi come il rosso cinabro e il blu egizio. E magari, vista la presenza delle divinità, anche legato a scambi con l’Egitto“. La domus è stata scoperta sul lato sud-est dell’impianto termale in una campagna di scavi guidata tra il 1858 e il 1869 dall’Ispettore onorario dei Monumenti Antichi Giovan Battista Guidi. Conservava ancora l’apparato decorativo pittorico e a mosaico. Inizialmente ricoperta, è stata nuovamente analizzata negli anni Settanta, e durante un periodo di indagine di cinque anni, la Soprintendenza ha staccato e messo in sicurezza alcuni degli affreschi appartenenti a due ambienti (inclusi quelli visibili oggi), stabilendo inoltre che il complesso si sviluppava su almeno due piani e che era stato oggetto di ampliamenti con cambi di destinazione d’uso e rifacimenti delle decorazioni. Dopo decenni al buio nelle casse dei depositi della Soprintendenza, i dipinti della domus tornano ora a brillare “ad appena 50 metri da dove si trovavano al tempo“. Erano state scoperte anche una scala indipendente per i piani superiori e una bottega, da cui l’ipotesi  che l’edificio fosse diventato, da domus, una insula (di cui abbiamo pochissime testimonianze a Roma): questa comprendeva una domus signorile ai piani terra e primo – con tanto di portico e diversi ambienti che vi si affacciavano – e degli appartamenti di classe medio-alta a quelli superiori.

– Giulia Giaume

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

Scopri di più