Arte e salute mentale. Arriva da Verona il primo studio italiano pubblicato da una rivista scientifica
Il centro OMS per la ricerca in Salute Mentale dell’Università di Verona e Palazzo Maffei hanno avviato una delle prime ricerche sugli effetti positivi dell’esperienza museale sul benessere psicologico. Qui la direttrice parla dei risultati del progetto pubblicati inoltre dalla rivista accademica svizzera Frontiers Psychology
La relazione tra arte e benessere fisico e mentale delle persone è da tempo al centro di studi e osservazioni a livello internazionale. In questo ambito si inserisce il progetto MINERVA (Museo Innovazione Neuroscienze Impatto Emotivo al Valore dell’Arte), avviato nel 2024 e promosso a Palazzo Maffei con la collaborazione del Centro OMS per la ricerca in Salute Mentale dell’Università di Verona e pubblicato da pochi giorni nella rivista Frontiers Psychology. I risultati rappresentano ora un punto fermo nell’indirizzare le successive ricerche e azioni medico-scientifiche e allo stesso tempo ci inducono a nuove riflessioni anche in ambito museale.
Lo studio del progetto MINERVA
Come direttrice di Palazzo Maffei, lo studio – coordinato dal punto di vista scientifico dalla professoressa Michela Nosè, docente di Psichiatria e presidente del Comitato unico di garanzia dell’università di Verona, (che coordina il progetto con il Professor Corrado Barbui, docente di Psichiatria e Direttore del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, e Vanessa Carlon, Direttrice di Palazzo Maffei Casa Museo e Vicepresidente di Fondazione Carlon), è stata un’esperienza straordinaria: un percorso intenso, innovativo e profondamente umano, che ha permesso al museo di aprirsi ulteriormente alla comunità verificando direttamente gli effetti positivi di una fruizione guidata e ripetuta nel tempo: miglioramenti significativi del benessere psicologico, con riduzione del disagio psicologico e dei sintomi ansioso-depressivi.

Arte e salute mentale: il progetto Minerva
Si tratta di un punto fermo, perché lo studio, scientifico e metodologicamente rigoroso, rappresenta in Italia un caso unico di misurazione delle ricadute sui parametri di benessere psicologico nella popolazione generale a seguito di un’esperienza museale strutturata – in questo caso tre sessioni, tre viste guidate con tematiche diverse, svolte a distanza di una settimana l’una dall’altra – attraverso questionari validati internazionalmente, pre e post percorso. Il tutto su un campione numeroso di ben 103 partecipanti, valutato complessivamente come eterogeneo e rappresentativo di diverse caratteristiche sociodemografiche.
È un punto fermo perché MINERVA è il primo studio italiano pubblicato su una rivista scientifica e, infine, per il riconoscimento che deriva dall’esser stato citato come un modello di buona pratica, inserito come unico esempio per l’Italia, nel recente documento della Commissione Europea “Culture and Health. Time to act” dedicato al ruolo delle arti per la salute.
I risultati sono stati sorprendenti anche per il team di ricercatori: al termine del percorso, la percentuale di partecipanti con disagio psicologico è diminuita dal 67 al 56%; i partecipanti con ansia moderata o grave sono passati dal 13,6% al 6,8% e la percentuale con depressione moderata-grave è scesa dall’8,8 al 4,8%. Il benessere psicologico è aumentato da 13,88 a 15,88 e la percentuale di partecipanti che ha dichiarato un elevato benessere è aumentata dal 34% prima delle tre visite guidate al 50% al termine delle stesse
Arte e salute mentale: le risposte dei visitatori
Dal mio punto di vista, ciò che ha reso MINERVA un’esperienza così preziosa è stata proprio la partecipazione appassionata dei visitatori. Abbiamo lanciato una call rivolta al pubblico, invitando le persone a partecipare a un ciclo di tre incontri consecutivi, strutturati come vere e proprie visite tematiche, pensate per stimolare attenzione, riflessione, emozioni e dialogo.
L’adesione è stata sorprendente: molte persone hanno risposto con entusiasmo, dimostrando un forte desiderio di avvicinarsi all’arte non solo come spettatori, ma come protagonisti di un’esperienza condivisa. Impegnarsi a tornare per tre settimane consecutive non è un gesto scontato: significa credere nel valore del percorso, riconoscere l’importanza del tempo dedicato a sé stessi e avere fiducia nell’idea che il museo possa rappresentare uno spazio di cura, accoglienza e crescita. Ho osservato gruppi di persone che, inizialmente estranei tra loro, iniziavano visita dopo visita a parlarsi, confrontarsi, aprirsi alle proprie percezioni e sensazioni.
L’arte diventava un ponte: tra i partecipanti, ma anche tra ciascuno di loro e le proprie emozioni. Solo in un contesto di gentilezza, rispetto e attenzione condivisa l’esperienza estetica può trasformarsi in un’esperienza di benessere profondo.

Il contributo di Palazzo Maffei al progetto
I percorsi ideati e condotti dal team educativo di Palazzo Maffei hanno registrato un grado di soddisfazione notevole; accanto agli aspetti clinici lo studio ha infatti documentato un’altissima accettabilità dell’intervento museale, misurata anch’essa con uno strumento psicometrico: tra l’89 e il 98% dei partecipanti ha espresso soddisfazione, interesse e facilità di fruizione del percorso. Questo è un dato importate per le scelte terapeutiche, ma anche una risposta ai nostri interrogativi sull’efficacia delle nostre proposte ai visitatori e al pubblico. D’altra parte, il team di psichiatri e psicologi coordinato dalla Professoressa Michela Nosè ha seguito l’intero progetto con grande rigore scientifico e al tempo stesso con una sensibilità rara. La loro attenzione nel raccogliere dati, nel porre domande e nell’osservare le reazioni dei partecipanti ha aggiunto al museo una dimensione nuova, permettendoci di riflettere sul valore profondo dell’esperienza estetica.
Vedere come il museo potesse trasformarsi in un luogo capace di generare impatto sociale, oltre che culturale, è gratificante. MINERVA non è stato solo un progetto di ricerca, un’occasione per ribadire la funzione stessa del museo nella società contemporanea: non più soltanto custode di opere, ma spazio di relazioni e di cura, dove l’arte diventa strumento di ascolto e cambiamento.
Tracciando un percorso fertile per il futuro, in cui l’arte e la salute potranno dialogare sempre più profondamente a beneficio delle persone e della società.
Vanessa Carlon
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