A Reggio Emilia alla Collezione Maramotti ci sono le storie rom dell’artista Małgorzata Mirga-Tas
Una vita in movimento, un archivio di storie di coraggio e resistenza nel ritratto collettivo della comunità sinta e rom italiana, cucito insieme con amore e sensibilità dall’artista rom protagonista del Padiglione Polonia alla Biennale di Venezia 2022
Come una costellazione che orienta chi viaggia nel buio, The Big Dipper Will Foretell the Future of the Roma è un racconto corale di memoria e appartenenza. Małgorzata Mirga-Tas (Zakopane, 1987), artista rom polacca, già autrice del Padiglione Polonia alla Biennale di Venezia 2022 e in grande spolvero in questi anni, trasforma la Collezione Maramotti in un luogo di incontro tra genealogie, comunità e linguaggi visivi nel nuovo allestimento negli spazi della Collezione. La mostra sarà visitabile fino all’8 febbraio 2026.

La giostra della memoria di Małgorzata Mirga-Tas a Reggio Emilia
Al centro dello spazio, una giostra a seggiolini diventa una scultura della memoria. Ogni lato ospita un ritratto tessile di una famiglia sinta di Reggio Emilia, composto con abiti donati, frammenti di stoffe e materiali raccolti da mercatini o case private. La parte superiore racconta, attraverso testi d’archivio, la presenza storica dei Rom e Sinti in Emilia-Romagna, intrecciando cronache, poesie e testimonianze a partire dal 1422. Attorno, un grande quadro tessile e cavalli in legno fanno riferimento alla tradizione dei giostrai, mestiere tramandato di generazione in generazione, e diventano simboli di viaggio. Nella rotazione della giostra si riflette il tempo che ritorna, la vita che scorre, la condizione nomade come destino e resistenza.
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Małgorzata Mirga-Tas cuce il tessuto della storia alla Collezione Maramatti
Il progetto nasce da una ricerca partecipata con la comunità locale: fotografie, documenti e interviste compongono un archivio vivente. Mirga-Tas s’inserisce nel tessuto sociale con la delicatezza di chi ricuce storie sospese, trasformando la collaborazione in una pratica di cura. Il tessuto è per lei una forma di memoria materiale: ogni abito conserva l’emozione di chi lo ha indossato, e cucirlo insieme ad altri diventa un gesto terapeutico, una riparazione simbolica. “Quando qualcuno mi dona un vestito,” racconta, “sento che dentro resta la sua presenza, la sua energia.”

L’eredità in movimento di Małgorzata Mirga-Tas
L’eredità rom, spiega l’artista, non risiede in un luogo ma in un movimento continuo, spesso forzato, ma anche capace di generare comunità. “Non siamo nomadi per scelta,” dice, “ma perché qualcuno ci ha sempre spinti via. Eppure, proteggiamo la nostra cultura, la lingua, le radici”. Nel mondo di Mirga-Tas, la migrazione non è solo spostamento geografico ma forma di pensiero, un modo di esistere. Attraverso il linguaggio del cucito, costruisce nuovi paradigmi positivi, ribaltando l’immaginario stereotipico anti-zigano.
Come la costellazione del Grande Carro che dà il titolo alla mostra, l’opera di Mirga-Tas non predice il futuro, ma lo orienta, indicando, nel cielo antico, la direzione possibile di una storia condivisa.
Valeria Radkevych
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