Che cosa è l’enshittification e che cosa ha a che vedere l’arte contemporanea 

La definizione coniata dal saggista Cory Doctorow e proclamata parola dell’anno nel 2024 ben si attaglia, un anno dopo, a tutti gli aspetti della vita sociale, incluse la vita culturale e l’arte. Ecco perché

La palta scaccia sempre la non-palta.
PHILIP K. DICK

Lo scrittore di fantascienza e saggista canadese Cory Doctorow, oltre ad aver pubblicato romanzi come X (2008), Rapture of the Nerds (2012, con Charles Stross e Homeland (2013), ha l’indubbio merito di aver coniato a fine 2022 una parola che rimarrà negli annali: «Ecco come muoiono le piattaforme: prima sono buone con i loro utenti, poi abusano di loro per migliorare il loro rapporto con i clienti aziendali e infine, abusano di questi ultimi per riprendersi da loro tutto il valore. E infine muoiono. Io chiamo questo fenomeno enshittification, ed è una conseguenza apparentemente inevitabile che deriva dalla combinazione della facilità di cambiare il modo in cui una piattaforma alloca il valore, unita alla natura di un ‘mercato a due facce’, in cui una piattaforma si trova tra acquirenti e venditori, tenendo ciascuno in ostaggio dell’altro, rastrellando una quota sempre maggiore del valore che passa tra di loro”. 

Che cos’è l’Enshittification 

Enshittification è stata eletta parola dell’anno 2024 dall’American Dialect Society: e in effetti, nella sua concisione, è molto precisa e di fatto intraducibile, perché indica un processo di progressiva degradazione che riguarda innanzitutto le piattaforme online (Facebook, Airbnb, Amazon, Netflix, Reddit, ecc.) e i loro servizi; in secondo luogo, può essere utilmente impiegato nel descrivere un più ampio – molto più ampio – fenomeno di degradazione cognitiva che riguarda gli enti, gli strumenti interpretativi, i codici linguistici, i linguaggi espressivi, i dispositivi politici, ecc. ecc. Il tutto peraltro è avvenuto a una velocità sorprendente, nel giro di pochi anni (o almeno questa è l’impressione) – e quindi è certamente un evento che merita di essere indagato.  

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Sivlia Camporesi, 2025

Il metodo con cui opera l’ Enshittification 

La caratteristica fondamentale dell’intero processo consiste nel metodo ‘ricattatorio’ e nell’‘abuso’, condotto a partire dalla posizione intermedia tra acquirente e venditore; questa tensione crescente è destinata a portare in definitiva, secondo Doctorow, alla morte della piattaforma: ma queste, a ben guardare, sono attitudini e dimensioni che vanno ben al di là del contesto digitale. La medesima enshittification riguarda dunque anche, e forse soprattutto, il contesto mediatico in cui siamo immersi, e l’ecosistema artistico e culturale che riguarda questo tempo, e che a sua volta influenza strettamente i comportamenti, le scelte e le prospettive sulla realtà. 

Enshittification, deresponsabilità e arte 

Anche la “deresponsabilità” di cui parlo da alcune settimane, in fondo, non è forse un’altra faccia di questa “immerdificazione” (o “smerdificazione”)? Il termine enshittification, dunque, ha l’indubbio merito di aver inquadrato concettualmente alcuni aspetti basilari della contemporaneità. Si tratta di uno sfaldamento, di uno slabbramento, di una perdita di sostanza e di contorni di qualcosa che in partenza funzionava e che poi man mano funziona sempre peggio – non per dei difetti che si manifestano via via, ma perché è programmata così fin dall’inizio… Ed è programmata così proprio perché l’interesse dell’utente/cliente/cittadino/spettatore/lettore/fruitore non è mai stato al centro: a un certo punto, verso l’inizio, si poteva presumere che fosse così, o poteva essere comunicato che fosse così, ma in realtà l’attenzione è sempre stata altrove. (Se ci pensiamo, è un po’ la stessa tecnica alla base dello spaccio di droga, con le prime dosi regalate e i prezzi che poi schizzano alle stelle, quando gli ‘utenti’ ormai non ne possono fare più a meno…). 

In questo slabbramento, in questo sfaldamento sempre più grave, ciò che viene meno è ovviamente la complessità – insieme alla capacità di analizzare criticamente questa complessità. Il livello medio del dibattito politico, o anche solo dell’informazione un articolo di giornale su un avvenimento della giornata, su una figura salita alla ribalta, su una dichiarazione (o su una non-dichiarazione), sta lì a dimostrare la serietà e la pervasività di questo fenomeno.  

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Sivlia Camporesi, 2025

La degradazione cognitiva della psiche collettiva 

Quando si dice dunque ‘degradazione cognitiva’, ci si riferisce a una sorta di virus che ha colpito le infrastrutture della psiche collettiva, quelle che veicolano e regolano il nostro rapporto con la realtà: esattamente come le infrastrutture fisiche vanno incontro al progressivo malfunzionamento se manca o è carente l’opportuna manutenzione, nel momento in cui l’infrastruttura immateriale (educazione, formazione, informazione, cultura e arte) viene aggredita da più parti e viene sottoposta a stress continui (tagli economici, disinformazione e fake news, mercificazione, ipersemplificazione) il minimo che può verificarsi è una vistosa tendenza al distacco dalla realtà, e allo scambiare la simulazione per la cosa in sé.  

Quali alternative a l’ Enshittification? 

La scelta a questo punto – e già da un po’, in effetti – è tra l’arrendersi all’enshittificarsi di tutto quanto e quindi anche di se stessi, oppure a una ricostruzione/ricostituzione, su basi solide, di quello che si è in toto o in parte nel frattempo enshittificato: (modi di concepire e realizzare le) opere d’arte, modi di stare insieme, modi di intendere la politica e l’economia, giornalismo, automobili e modi di guidare le automobili, cibo, immagini, linguaggio, valori civili screditati, regole comuni disattese, diritto internazionale, per fare qualche esempio.  

Christian Caliandro 

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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