Dissonanze compositive e virtuose ripetizioni. Alexander Wertheim a Roma
I “Brandenburg Paintings” dialogano con lo spazio della Galleria Richter Fine Art creando un ritmo che supera i limiti della tela tra ciclicità e inversioni di marcia
Nell’approccio a una qualsivoglia produzione artistica, il più delle volte la tendenza immediata e spontanea è quella di individuare, all’interno di un tracciato ben definito, una volontà interpretativa e un itinerario lineari e intenzionali. Il rischio, come spesso accade, è quello di un’eccessiva semplificazione del processo creativo, finendo per escludere una pluralità di significati costituiti da frammenti, alterazioni, deviazioni di accezioni, identificando solamente modelli riconosciuti e validati. Esiste a volte meramente un’intenzione che si dispiega per astrazione o per rappresentazione, attraverso uno svolgimento che agevola il ricongiungimento tra elementi e conduce alla realizzazione di un’opera il cui significato si fa puro, lineare, scevro da nervosismi intellettuali.
La ciclicità del gesto di Alexander Wertheim
Brandenburg Paintings, personale dell’artista Alexander Wertheim (Wertheim, 1995), visibile presso gli spazi della Galleria Richter Fine Art, lo dimostra pienamente. D’altronde, come afferma Maria Vittoria Pinotti, autrice e curatrice del testo critico Alexander Wertheim: il tutto dell’essenzialità, la pittura dell’artista è sostanzialmente “una pittura che non si affida alla ripetizione differente, bensì alla reiterazione del gesto che segue uno schema logico creativo conseguenziale, in cui ogni scelta motiva la successiva”. La proposta ciclica, quindi, di un’unica figura a forma di griglia che ricorda un pentagramma, non è altro che un’assimilazione del movimento, un esercizio di forma che, al contempo, rafforza il concetto, facendosi immediato e, seppur nella sua ripetibilità, distingue e assegna con schiettezza una certa esclusività a ogni soggetto della serie.

L’imprecisione come certezza
Wertheim sembra volerci introdurre in una melodia musicale che presenta sbavature attraverso l’utilizzo di colori rassicuranti che allontanano i conflitti visivi ed emotivi, rinsaldando la sensazione di certezza già supportata dalla raffigurazione scelta. L’artista indica, senza troppi indugi, l’inciampo del gesto, l’imprecisione del colore, nell’unica certezza dell’intenzione, trasversale e in divenire, che assicura eterogeneità e dissonanza, così come avviene durante l’esecuzione di uno spartito. Preparazione e improvvisazione confluiscono in una narrazione congiunta di armonia e conflitto. La successione di forme e di linee è presente anche in altre sequenze realizzate in passato dall’artista, con variazioni di colori su diverse tonalità, nettamente più scure di quelle chiare e limpide presentate in “Brandenburg Paintings”, pennellate che si introducono velocemente e con maggiore veemenza sulla tela tra i colori chiari che s’intravedono mescolarsi.

Un dialogo tra spazio e ritmo
Il lavoro di Wertheim coniuga le contraddizioni del mezzo artistico e dello spazio a disposizione: ciò che esce dai margini fisici e metaforici dimostra l’esistenza di innumerevoli possibilità compositive con altrettante chiavi di lettura dai contorni indefiniti. Alcune tele, con un paio di linee orizzontali e verticali, sembrano essere la prosecuzione in entrata o in uscita delle opere restanti: una verticalità che si estende verso l’immaginario, come direzione, a sorreggere e a dare equilibrio al resto della struttura; un’orizzontalità che apre a una visione laterale, di continuità. Il riferimento all’elemento musicale, perciò, va oltre la riproduzione della griglia, e giunge fino alla figurazione espressiva della sinfonia come manifesto di un’evoluzione riflessiva che ne oltrepassa l’entità strutturale. Oltre la semplicità delle forme geometriche scelte vi è quindi una ricchezza di componenti simboliche corroborate dalla scelta dell’artista di lasciarsi guidare dal puro processo pittorico, a partire dalle innumerevoli possibilità direzionali percorribili, emerse dai precedenti bozzetti su carta.
La contraddizione come condizione necessaria
Il limite generalmente imposto e accreditato, perciò, è ben che superato attraverso la tecnica, la struttura e l’intenzione. Seppur possa scaturire spontanea l’associazione, appunto, tra limite e metrica musicale, Brandenburg Paintings conduce lo spettatore a chiedersi dove terminino davvero i tratti delle pennellate, se nelle altre tele esposte o in un luogo indefinito, nonché in un’interpretazione personale. In questo modo anche la linea temporale si trasforma, nel tentativo, riuscito, di creare una tensione costante nel gesto e nel proposito. La melodia e il segno, nella loro similitudine d’intenti, lasciano aperti spiragli, mentre lo squilibrio, al contrario, finisce per conciliare la volontà dell’artista con quella dello spettatore. Ciò che appare fallibile è, in realtà, il senso compiuto della condizione umana soggetta a perenni mutamenti, scardinamenti, rimodulazioni e contraddizioni, proprio come nelle griglie di Brandenburg Paintings.
Beatrice Andreani
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