Tutte le mostre a Londra a partire dalla settimana dell’arte della fiera di Frieze 2025 

Con la fiera Frieze a Londra dà il via a una vivace stagione espositiva. L’offerta culturale è davvero vasta, arte moderna, contemporanea, design, fotografia. Così, per agevolare una selezione, eccovi una carrellata delle mostre più interessanti di questo autunno londinese…

Dal 15 al 19 ottobre a Londra torna Frieze, da sempre la fiera più grande e attesa, quest’anno accompagnata dalla prima edizione di Echo Soho, mostra-mercato indipendente tutta al femminile ideata dalla gallerista India Rose James, che si propone come simbolo di accessibilità e spirito collaborativo. E come ogni anno non finisce qui, perché Frieze è solo l’inizio di una frizzante stagione espositiva che coinvolge tutta la città, tra musei, fondazioni e gallerie, protraendosi oltre l’inizio del nuovo anno. Così per facilitare l’orientamento in questo a dir poco vasto panorama espositivo, abbiamo elaborato per voi una guida delle mostre da non perdere tra arte, moda e design… 

Ludovica Palmieri 

Alla National Gallery di Londra Joseph Wright of Derby (Derby, 1734 – 1797) è protagonista di una mostra interamente dedicata ai suoi celebri dipinti a lume di candela; opere caratterizzate da un sapiente chiaroscuro che danno vita a scene intense. Dipinti che non sono solo magnifici ritratti in cui la luce dialoga con l’oscurità, perché, arricchiti di elementi tratti dalla scultura classica o dalle scienze, diventano suggestive occasioni di riflessione che sollevano interrogativi morali. Da un punto di vista tecnico, l’uso teatrale di luci e ombre rimanda ai grandi maestri del passato, come Caravaggio; mentre, da quello tematico, rivelando anche il lato cupo dell’artista, con temi notturni che indagano morte, malinconia, moralità, scetticismo e sublime, si riallacciano alla tradizione seicentesca del memento mori; in un percorso che mettendo in luce lati meno conosciuti di Wright induce i visitatori a condividere lo stupore dei personaggi ritratti.  

Detail from Joseph Wright 'of Derby', 'An Experiment on a Bird in the Air Pump', 1768
Detail from Joseph Wright ‘of Derby’, An Experiment on a Bird in the Air Pump, 1768, Courtesy National Gallery London

Wright of Derby: From the Shadows  
National Gallery, Sunley Room, Londra 
7 novembre 2025 – 10 maggio 2026  

British Museum – Nordic noir 

Con oltre 150 opere su carta di circa 100 artisti provenienti da Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, la mostra Nordic noir, works on paper from Edvard Munch to Mamma Andersson esplora i temi cupi, malinconici e talvolta provocatori propri dell’arte nordica. Il percorso si apre con due importanti incisioni di Edvard Munch (Løten, 1863 – Oslo, 1944), per poi procedere seguendo l’evoluzione del filone grafico, dalle raffinate xilografie a colori della scuola norvegese degli Anni ’40, alle incisioni danesi che riflettono le ansie del dopoguerra e della Guerra Fredda, fino alle serigrafie politiche e vibranti del collettivo norvegese GRAS negli Anni ’70. Le opere degli artisti contemporanei affrontano temi che vanno dai miti nordici alla salute mentale, fino al femminismo e ai diritti del popolo indigeno Sámi, con un’attenzione costante alla natura e alla sua tutela. Tra le voci più significative, Olafur Eliasson (Copenaghen, 1967), che ha realizzato un acquerello con acqua di scioglimento glaciale per denunciare gli effetti del cambiamento climatico e Mamma Andersson (Luleå, 1962). 

Edvard Munch, The Tree I, 1916. Lithograph. Photo © Munchmuseet
Edvard Munch, The Tree I, 1916. Lithograph. Photo © Munchmuseet

Nordic noir 
British Museum, Londra 
9 ottobre 2025 – 22 marzo 2026 

Tate Britain – Lee Miller  

La Tate Britain dedica la più ampia retrospettiva mai realizzata nel Regno Unito a Lee Miller (USA 1907 – 1977), protagonista della fotografia surrealista. Conosciuta alla fine degli Anni Venti come una delle modelle più richieste, Miller passò presto dietro l’obiettivo, affermandosi come protagonista delle avanguardie tra New York, Parigi, Londra e Il Cairo. La mostra ne ripercorre l’eccezionale carriera: dalla partecipazione al surrealismo francese alla fotografia di moda e di guerra, fino a scoprire aspetti meno noti della sua ricerca, come le straordinarie immagini dei paesaggi egiziani degli Anni Trenta. Con circa 250 opere, tra stampe vintage e moderne – molte delle quali mai esposte prima – l’esposizione rivela lo sguardo poetico e lo spirito audace di Miller, che descriveva così la sua indipendenza creativa: “Era come camminare su un ramo e poi segarlo dietro di te”

Lee MIller © archivio Lee Miller, tutti diritti riservati, In mostra alla Tate Britain
Lee MIller © archivio Lee Miller, tutti diritti riservati, In mostra alla Tate Britain

Lee Miller 
Tate Britain, Londra 
Fino al 15 febbraio 2026 

Tate Modern – Emily Kam Kngwarray 

L’arte monumentale di Emily Kam Kngwarray (Utopia, Australia, 1910 ca. – 1996) approda in Europa per la prima volta con questa grande e intensa mostra alla Tate Britain che, attraverso un corpus di circa 80 opere, arricchito da filmati e registrazioni, ne racconta l’eccezionale vicenda umana e artistica. Come molte artiste aborigene, anche Emily Kam Kngwarray è giunta alla pittura in tarda età, alla fine degli Anni Ottanta, rivelando un talento innato, precedentemente emerso solo parzialmente nei suoi vivaci batik. Fino alla morte ha portato avanti la sua produzione, realizzando opere di grande impatto emotivo e visivo, intrise della vita e dello spirito della sua terra d’origine: il deserto australiano. I suoi dipinti trasmettono storie tramandate da generazioni e riflettono la profonda sapienza della cultura ancestrale. semi, piante rampicanti, lucertole ed emù, traslati in motivi stratificati evocano la ricca biodiversità e la geologia dei paesaggi desertici che l’artista non abbandonò mai, nonostante la fama nazionale. 

Installation view in Emily Kam Kngwarray, Tate Modern, 2025. Photo © Tate (Liam Man)
Installation view in Emily Kam Kngwarray, Tate Modern, 2025. Photo © Tate (Liam Man)

Emily Kam Kngwarray 
Tate Modern, Londra 
Fino all’11 gennaio 2026 

Tete Modern – Nigerian Modernism

Ambientata sullo sfondo di una stagione di ribellione culturale e artistica, Nigerian Modernism celebra i traguardi raggiunti dagli artisti nigeriani attivi negli anni che precedono e seguono l’indipendenza del Paese dal dominio coloniale britannico, conquistata nel 1960. La mostra racconta la nascita di una fitta rete di relazioni artistiche che univa città come Zaria, Ibadan, Lagos ed Enugu con i principali centri europei — Londra, Monaco e Parigi. Attraverso collettivi pionieristici come la Zaria Art Society e il Mbari Artists’ and Writers’ Club, questi artisti hanno intrecciato tecniche e tradizioni nigeriane, africane ed europee, dando vita a un linguaggio visivo vibrante e multidimensionale. Nigerian Modernism riunisce un’ampia selezione di dipinti, sculture, tessuti e componimenti poetici di oltre cinquanta artisti, tra cui Uzo Egonu, El Anatsui, Ladi Kwali e Ben Enwonwu MBE, offrendo un ritratto corale e potente di uno dei movimenti moderni più significativi del continente africano.

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Benedict Enwonwu Black Culture 1986 Lent by Kavita Chellaram 2025 © The Ben Enwonwu Foundation

Nigerian Modernism
Tate Modern, Londra
Fino al 10 maggio 2026

Victoria & Albert Museum – David Bowie Centre 

David Bowie (Londra, 1947 – New York, 2016) è universalmente riconosciuto come innovatore musicale e icona culturale. La sua carriera, durata cinque decenni, ha influenzato profondamente le arti contemporanee. Figura camaleontica, Bowie si reinventava periodicamente con personaggi scenici come Ziggy Stardust e il Thin White Duke. Una teatralità emersa precocemente, come mostra la copertina del terzo album, The Man Who Sold the World (1971), in cui l’artista, fotografato da Keith McMillan, si presenta con un “man-dress” di Mr Fish provocatorio e androgino. Negli anni successivi, i ritratti di Bowie, come quelli di Kevin Cummins durante il tour Aladdin Sane del 1973, ne restituiscono tanto l’intimità personale quando il dramma scenico. A metà Anni ’70 Bowie abbandonò Ziggy Stardust e adottò il personaggio più essenziale del Thin White Duke. I tour Isolar e Isolar II, progettati dallo stesso Bowie, documentano due fasi distinte della sua carriera: il primo caratterizzato dal ruolo oscuro e legato all’uso di droghe; il secondo, a Berlino, con la Berlin Trilogy (Low, Heroes, Lodger), nota per l’innovativo suono elettronico e ambient. Nel 1983, con il Serious Moonlight Tour, concepito per il lancio dell’album Let’s Dance, Bowie si reinventa ancora, abbandonando la teatralità di Ziggy e la freddezza del Thin White Duke per incarnare un elegante interprete di pop cosmopolita. La collezione del V&A conserva merchandising e materiali rappresentativi di questa fase raffinata della sua carriera, trasmettendo tutta la forza di questo artista innovativo e senza compromessi, destinato a rimanere per sempre vivo nella memoria collettiva. 

Photograph of David Bowie, Kevin Cummins, 1970s, Uk, Museum S_1326-2010 © Victoria and Albert Museum, London
Photograph of David Bowie, Kevin Cummins, 1970s, Uk, Museum S_1326-2010 © Victoria and Albert Museum, London

David Bowie Centre 
Victoria & Albert Museum, Londra 
A partire da settembre 2025 

Victoria & Albert Museum – Design and Disability 

Il V&A Museum con la mostra Design and Disability si propone di mettere in luce i contributi di persone disabili, sorde e neurodivergenti, al design e alla cultura contemporanea dagli Anni ’40 a oggi. Il percorso evidenzia la capacità di questi artisti di progettare ogni aspetto della vita grazie alla loro creatività competenza, mettendo anche in luce la storia politica e sociale del design legato alla disabilità. L’esposizione comprende circa 170 oggetti, organizzati in tre sezioni – Visibility, Tools e Living – che spaziano tra design, arte, architettura, moda e fotografia. Inoltre, Design and Disability approfondisce la storia dei designer disabili che hanno sfidato l’abilismo nell’industria del design, mostrando come i professionisti contemporanei “modifichino” progetti preesistenti per renderli più accessibili e utilizzabili. 

Do You Want Us Here or Not by Finnegan Shannon © Victoria and Albert Museum, London
Do You Want Us Here or Not by Finnegan Shannon © Victoria and Albert Museum, London

Design and Disability 
Victoria & Albert Museum, Londra 
Fino al 15 febbraio 2026 

Victoria & Albert Museum, South Kensington – Marie Antoinette Style  

Marie Antoinette (Vienna, 1755 – Parigi, 1793) è stata la regina che più di ogni altra ha modellato moda, design, e le arti decorative del suo tempo, continuando ad avere ancora oggi un impatto importante su cinema, grafica, moda, arte e fotografia. Così la mostra Marie Antoinette Style, al V&A Museum ripercorre oltre 250 anni di design, moda, cinema e arti decorative ispirati al gusto della regina più alla moda (e sfortunata) della storia. L’arciduchessa austriaca, divenuta nel 1774 regina di Francia, esercitò un’enorme influenza sul gusto europeo, creando uno stile distintivo caratterizzato da eleganza, spettacolarizzazione e lusso, che continua ad affascinare rendendola un’icona senza tempo. L’esposizione presenta oggetti personali eccezionali di Marie Antoinette, tra cui frammenti di abiti di corte, pantofole di seta, gioielli della sua collezione privata, servizi da tavola del Petit Trianon e accessori personali, molti dei quali esposti fuori da Versailles per la prima volta. La mostra include anche pezzi di alta moda contemporanea di designer come Moschino, Dior, Chanel, Erdem, Vivienne Westwood e Valentino, insieme a costumi cinematografici, tra cui quelli creati per il film di Sofia Coppola, Marie Antoinette, con Kirsten Dunst, e le calzature di Manolo Blahnik progettate per il film. 

Marie Antoinette, © Victoria and Albert Museum, London
Marie Antoinette, © Victoria and Albert Museum, London

Marie Antoinette Style 
Victoria & Albert Museum, South Kensington, Londra 
Fino al 22 marzo 2026 

Royal Academy of Arts – Kerry James Marshall. The Histories 

Quest’autunno, la Royal Academy of Arts di Londra presenta The Histories, la più ampia retrospettiva nel Regno Unito dedicata all’artista americano Kerry James Marshall (Alabama, 1955), tra i pittori più importanti del panorama artistico contemporaneo. I suoi dipinti, vividi e per lo più di grande formato, pongono al centro la vita degli Afroamericani, dando spazio a soggetti precedentemente omessi dall’arte. Le opere di Marshall fondono suggestioni diverse, da riferimenti alla storia dell’arte, ai fumetti, alla fantascienza e alla memoria personale, per celebrare la vita quotidiana auspicando un futuro migliore e più egualitario per tutti. La mostra presenta circa 70 lavori, tra cui il monumentale Knowledge and Wonder (1995), commissionato dalla City of Chicago Public Art Program e dalla Chicago Public Library, esposto per la prima volta fuori dagli Stati Uniti.  

Kerry James Marshall: Better Homes, Better Gardens, 1994, Acrylic and collage on canvas. 254 x 360.7 cm. Denver Art Museum. © Kerry James Marshall. Image courtesy of the artist and Jack Shainman Gallery, New York
Kerry James Marshall: Better Homes, Better Gardens, 1994, Acrylic and collage on canvas. 254 x 360.7 cm. Denver Art Museum. © Kerry James Marshall. Image courtesy of the artist and Jack Shainman Gallery, New York

Kerry James Marshall. The Histories  
Royal Academy of Arts, Main Galleries | Burlington House 
Fino al 18 gennaio 2026 

Royal Academy of Arts – A Story of South Asian Art 

La Royal Academy of Arts presenta A Story of South Asian Art, un’esposizione che ripercorre oltre cento anni di arte sud asiatica, dal 1920 a oggi, attraverso figure chiave della scena artistica indiana, a partire dall’opera radicale di Mrinalini Mukherjee (Jamshedpur, India, 1949 – Mumbai, India, 2015). Le sue sculture intrecciano astrazione e figure umane, ispirandosi alla natura, alle tradizioni locali di architettura e artigianato e alle avanguardie internazionali. La mostra include anche opere dei genitori di Mukherjee, Leela Mukherjee e Benode Behari Mukherjee, insegnanti presso Kala Bhavana a Santiniketan, istituto fondato da Rabindranath Tagore, e di importanti artisti indiani come KG Subramanyan, Jagdish Swaminathan, Nilima Sheikh e Gulammohammed Sheikh. Le opere esposte spaziano da monumentali sculture tessili a pitture, ceramiche, collage e disegni intricati. 

Jagdish Swaminathan, Untitled (Lily by my Window), c. 1970, Oil on canvas. 106.7 x 121.9 cm. Private collection, Switzerland. Photograph Courtesy of Sotheby’s, Inc. © 2025. © J. Swaminathan Foundation
Jagdish Swaminathan, Untitled (Lily by my Window), c. 1970, Oil on canvas. 106.7 x 121.9 cm. Private collection, Switzerland. Photograph Courtesy of Sotheby’s, Inc. © 2025. © J. Swaminathan Foundation

A Story of South Asian Art. Mrinalini Mukherjee and Her Circle  
Royal Academy of Arts, The Jillian and Arthur M. Sackler Wing of Galleries | Burlington House 
31 ottobre 2025 – 24 febbraio 2026 

Cecil Beaton (Londra, 1904 – Broad Chalke, 1980), detto anche “The King of Vogue”, è stato una delle figure più influenti della scena creativa britannica e americana del Novecento. Illustratore di moda, caricaturista, scrittore, costumista vincitore di Oscar e soprattutto fotografo, ha trasformato la fotografia di moda e di ritratto in una vera forma d’arte. La mostra Cecil Beaton’s Fashionable World è la prima interamente dedicata ai suoi contributi rivoluzionari alla fotografia di moda e al ritratto. Il percorso attraversa i momenti più iconici della sua carriera: dall’epoca del Jazz Age e dei Bright Young Things, all’eleganza dell’alta moda degli Anni Cinquanta, fino al trionfo hollywoodiano con My Fair Lady. Con oltre 200 pezzi, tra fotografie, lettere, schizzi di ritratti, illustrazioni di moda e costumi, l’esposizione celebra l’arte di Beaton e i suoi ritratti di alcune delle figure più iconiche del Novecento: Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Elizabeth Taylor, Marlon Brando, la regina Elisabetta II, la principessa Margaret, ma anche artisti come Lucian Freud, Francis Bacon e Salvador Dalí. 

Cast Members in costume for My Fair Lady, 1963 by Cecil Beaton, Cecil Beaton Studio Archive, © Condé Nast
Cast Members in costume for My Fair Lady, 1963 by Cecil Beaton, Cecil Beaton Studio Archive, © Condé Nast

Cecil Beaton’s Fashionable World 
National Portrait Gallery, Londra 
9 ottobre 2025 – 11 gennaio 2026 

Il Taylor Wessing Photo Portrait Prize celebra il meglio della fotografia contemporanea, riunendo giovani talenti, dilettanti di grande sensibilità e fotografi affermati. Il concorso raccoglie un’ampia varietà di immagini e racconta le storie che si celano dietro la loro creazione: dai ritratti formali su commissione a momenti più spontanei e intimi che immortalano amici e familiari. Le opere selezionate – molte delle quali esposte per la prima volta – mostrano sia approcci tradizionali che contemporanei al ritratto fotografico, catturando personaggi, atmosfere e luoghi diversi.  

Precious things in the stream of time by Mark Lamb from the series One Thousand Contemporary Portraits, 2024 © Mark Lamb
Precious things in the stream of time by Mark Lamb from the series One Thousand Contemporary Portraits, 2024 © Mark Lamb

Taylor Wessing Photo Portrait Prize 2025 
National Portrait Gallery, Londra 
13 novembre 2025 – 8 febbraio 2026 

The Design Museum – Wes Anderson  

Il Design Museum di Londra dedica una grande mostra a Wes Anderson (Houston, Texas, 1969), presentando per la prima volta in Gran Bretagna materiali provenienti dal suo archivio personale, accumulato in oltre trent’anni di carriera. Il percorso racconta l’evoluzione del regista, dagli esperimenti degli Anni Novanta fino ai film più recenti, esplorando anche le collaborazioni con i suoi storici partner creativi. In esposizione oltre 600 oggetti tra storyboard, polaroid, schizzi, dipinti, taccuini, costumi, modelli in miniatura e pupazzi di animazione. Tra i pezzi iconici spiccano il modellino rosa del Grand Budapest Hotel, i distributori automatici di Asteroid City, la pelliccia FENDI indossata da Gwyneth Paltrow in The Royal Tenenbaums, i pupazzi originali di Fantastic Mr. Fox e The Life Aquatic with Steve Zissou. La mostra include anche una proiezione di Bottle Rocket (1993), il primo corto di Anderson. L’allestimento mette in luce la sua attenzione artigianale e l’uso di tecniche tradizionali come la stop-motion, rivelando come l’estetica unica e minuziosa del regista abbia dato vita a un immaginario tra i più riconoscibili e influenti del cinema contemporaneo. 

Wes Anderson, Model of The Grand Budapest Hotel © Thierry Stefanopoulos – La Cinémathèque française
Wes Anderson, Model of The Grand Budapest Hotel © Thierry Stefanopoulos – La Cinémathèque française

Wes Anderson: The Archives 
The Design Museum, Londra 
21 novembre 2025 – 26 luglio 2026 

The Design Museum – Blitz: the club that shaped the 80s 

A quarant’anni dalla chiusura, il Design Museum di Londra celebra la leggendaria serata del Blitz club di Covent Garden, epicentro della creatività londinese degli Anni ’80, con una mostra che ricostruisce l’atmosfera del club attraverso un percorso multisensoriale con oltre 250 oggetti tra abiti, accessori, strumenti musicali, bozzetti di moda, volantini, riviste, fotografie, vinili e rari filmati d’epoca. In quel piccolo locale, ispirato da David Bowie, dal punk, dal soul e dal cinema europeo, si è formata una scena che ha rivoluzionato moda, musica, arte e design, influenzando profondamente la cultura popolare del decennio. Dal Blitz sono emerse figure destinate alla celebrità internazionale: dai musicisti Spandau Ballet, Visage, Boy George e Marilyn, a designer e creativi come Stephen Jones, Michele Clapton, Princess Julia e Robert Elms. Blitz: the club that shaped the 80s, si configura come un viaggio nel cuore di una stagione breve ma decisiva, che ha trasformato un club di nicchia in trampolino di lancio per un’intera generazione. 

Blitz exhibition. Photo Luke Hayes
Blitz exhibition. Photo Luke Hayes, The Design Museum

Blitz: the club that shaped the 80s 
The Design Museum, Londra 
Fino al 29 marzo 2026 

Serpentine Galleries, Arts Technologies – Danielle Brathwaite-Shirley  

La Serpentine Arts Technologies presenta THE DELUSION, ambizioso progetto di Danielle Brathwaite-Shirley (Londra, 1995), artista e game designer. Un’esperienza immersiva e multiplayer che utilizza motori di gioco per affrontare temi di polarizzazione, censura e connessione sociale. Ambientato in un futuro post-apocalittico, definito Peace by Isolation il lavoro di Brathwaite-Shirley fonde videogame cooperativi, teatro partecipativo e satira per raccontare una società frammentata dopo un evento catastrofico, il Day of Division. In questo mondo diviso in fazioni chiuse e dogmatiche, i partecipanti sono invitati a giocare, discutere e ritrovare spazi di dialogo. Concepito come una sorta di “community play”, THE DELUSION è stato sviluppato insieme a una rete di artisti, ricercatori, tecnologi e membri della comunità Black Trans e Queer dell’artista. L’installazione, realizzata in collaborazione con Lydia Chan, unisce elementi biografici, simboli religiosi e spirituali e suggestioni horror. L’opera prosegue la ricerca di Brathwaite-Shirley sull’archiviazione delle storie Black Trans attraverso ambienti di gioco, tecnologie avanzate e motori open-source comunitari. Presentato a Hyde Park, luogo storico di libertà di parola, il progetto indaga il ruolo del pubblico come “medium”. 

The delusion © Serpentine. All Rights Reserved
The delusion © Serpentine. All Rights Reserved

Danielle Brathwaite-Shirley  
Serpentine Galleries, Arts Technologies, Londra 
Fino al 18 gennaio 2026 

La Serpentine presenta House of Music, un nuovo progetto di Peter Doig (Edimburgo, 1959) che intreccia pittura, musica, cinema e spazi di ascolto collettivo. La galleria si trasforma in un ambiente multisensoriale, dove dipinti recenti dialogano con impianti audio storici e brani scelti dall’ampio archivio personale dell’artista. Per la prima volta Doig integra il suono nel proprio lavoro, utilizzando rari altoparlanti analogici progettati per cinema e auditorium, tra cui i leggendari Klangfilm Euronor degli Anni ’50 e un sistema Western Electric / Bell Labs degli Anni ’20-30, restaurati con l’esperto Laurence Passera. Le opere esposte affrontano la musica in modi diversi: luoghi di ascolto e danza, musicisti in scena o ricordi personali. Molti dipinti risalgono al periodo trascorso dall’artista a Trinidad (2002–21), dove il contatto con la cultura dei sound system ha alimentato nuove visioni. La mostra include anche lavori inediti realizzati nello studio londinese e il celebre Shadow (2019), ritratto del musicista in costume scheletrico. Le domeniche saranno animate da Sound Service, una serie di sessioni di ascolto dal vivo con musicisti, artisti e collezionisti – tra cui Brian Eno, Linton Kwesi Johnson e altri – che condivideranno tracce e archivi sonori sui sistemi analogici, trasformando l’installazione in uno spazio di incontro, memoria e conversazione. 

Peter Doig, Painting for Wall Painters (Prosperity P.o.S.), 2010–2012, distemper on linen, 240 x 360 cm. © Peter Doig. All Rights ReservePeter Doig, Painting for Wall Painters (Prosperity P.o.S.), 2010–2012, distemper on linen, 240 x 360 cm. © Peter Doig. All Rights Reserve
Peter Doig, Painting for Wall Painters (Prosperity P.o.S.), 2010–2012, distemper on linen, 240 x 360 cm. © Peter Doig. All Rights Reserve

Peter Doig, House of Music  
Serpentine Galleries, South Gallery, Londra 
Fino all’8 febbraio 2026 

Whitechapel Gallery dedica la prima grande retrospettiva a Joy Gregory (Londra, 1959), vincitrice della Freelands Award e tra le artiste britanniche più innovative nell’uso della fotografia contemporanea. La mostra riunisce oltre 250 opere che attraversano quattro decenni di ricerca e includono fotografia, film, installazioni e tessili. Fin dagli Anni Ottanta Gregory si è affermata come figura pionieristica della fotografia, attraverso una pratica che, avvalendosi di diverse tecniche, dai procedimenti vittoriani – come cianotipi e kallitipi – ai media digitali e alla performance, esplora tematiche come identità, storia, razza, genere e ideali di bellezza. Il titolo, tratto dal proverbio “you catch more flies with honey than vinegar”, riflette l’approccio dell’artista: un’arte Politica “con la p minuscola”, capace di stimolare riflessioni profonde su potere, rappresentazione e memoria culturale attraverso opere seducenti e poetiche, invitando al dialogo più che al confronto polemico. 

Joy Gregory, Autoportrait , 1989 – 1990, Silver Gelatin Lith Print © Joy Gregory/ Courtesy the artist & DACS
Joy Gregory, Autoportrait , 1989 – 1990, Silver Gelatin Lith Print © Joy Gregory/ Courtesy the artist & DACS

Joy Gregory: Catching Flies with Honey  
Whitechapel Gallery, Londra 
08 ottobre 2025 – 01 marzo 2026 

La Whitechapel Gallery presenta un labirinto immersivo e disorientante, nuova commissione a Candice Lin (Concord, Massachusetts, 1979). Lin, che lavora tra installazione, scultura, pittura e video, crea ambienti multisensoriali che esplorano le radici storiche di contesti politici contemporanei. In g/hosti, i visitatori attraversano un labirinto circolare realizzato con pannelli di cartone dipinto, popolato da animali fantastici e creature immaginarie. La struttura, alta oltre la testa, offre scorci su spazi nascosti, combinando paesaggi visivamente ricchi di pennellate, texture e colori vivaci con dettagli più inquietanti, come cadaveri umani nascosti tra la vegetazione, creando un’esperienza intensa e ambivalente tra gioco e minaccia. Lin vive a Los Angeles, dove ha sviluppato l’opera durante eventi tumultuosi, come l’insediamento del secondo mandato di Donald Trump e i devastanti incendi nella comunità di Altadena; anche la sensazione di disorientamento dell’installazione deriva da esperienze personali, come l’aver assistito, in quanto docente associata d’arte alla UCLA, alla repressione delle proteste studentesche. 

Candice Lin, La Charada China, 2018. Installation view, Taipei Biennial. Image courtesy the Artist and François Ghebaly, Los Angeles, New York
Candice Lin, La Charada China, 2018. Installation view, Taipei Biennial. Image courtesy the Artist and François Ghebaly, Los Angeles, New York

Candice Lin: g/hosti 
Whitechapel Gallery, Londra 
08 ottobre 2025 – 01 marzo 2026 

Barbican Centre – Dirty Looks 

La mostra Dirty Looks al Barbican Centre è un invito a ribellarsi agli standard tradizionali di bellezza e a esplorare il lato sporco della moda. Il percorso presenta abiti romantici rovinati, jeans macchiati, vestiti coperti di fango e outfit riciclati, indagando l’uso di sporco e degrado come strumenti per sfidare la perfezione estetica. La rassegna analizza le origini e le evoluzioni di questa tendenza, mettendo in luce il rapporto tra moda, corpo e ambiente, soffermandosi anche sul ruolo del fashion nella promozione di pratiche sostenibili. In esposizione opere di icone della moda, come Hussein Chalayan, Alexander McQueen, Vivienne Westwood, Miguel Adrover e Maison Margiela, sono affiancate da quelle di giovani designer emergenti quali Elena Velez, Yuima Nakazato e IAMISIGO, per un viaggio attraverso passato, presente e possibili futuri. 

Paolo Carzana, Autumn/Winter 2025, Dragons Unwinged at the Butchers Block. Photograph by Joseph Rigby, Dirty Looks, Barbican
Paolo Carzana, Autumn/Winter 2025, Dragons Unwinged at the Butchers Block. Photograph by Joseph Rigby, Dirty Looks, Barbican

Dirty Looks 
Barbican Centre, Londra 
Fino al 25 gennaio 2026  

La Hayward Gallery presenta Gilbert & George (Gilbert Prousch, Italia, 1943; George Passmore, Regno Unito, 1942) con 21ST CENTURY PICTURES, una retrospettiva dei lavori degli ultimi 25 anni.Grandi e vibranti immagini che pongono al centro l’esperienza umana, incarnando il loro motto “Art for All”. Le opere, spesso intitolate con singole parole, affrontano temi sociali e tabù, spaziando dal quotidiano all’illecito, sfidando confini di gusto e decoro. La mostra che include serie chiave come New horny pictures (2001), The London pictures (2011), The beard pictures (2016) e The corpsing pictures (2022), esplorando temi come speranza, paura, sesso, religione, corruzione e morte, offre uno sguardo unico sul percorso artistico di uno dei duo più iconici dell’arte contemporanea. 

Gilbert & George, Ha ha, Hayward Gallery
Gilbert & George, Ha ha, Hayward Gallery

Gilbert & George: 21ST CENTURY PICTURES 
Hayward Gallery, Londra 
7 ottobre 2025 – 11 gennaio 2026 

La Hayward Gallery ospita la prima mostra personale nel Regno Unito di Val Lee (Taiwan, 1980 ca.), artista multidisciplinare che esplora i temi dell’isolamento, dell’intimità e della speranza. L’esposizione presenta nuove declinazioni di due opere esistenti: Valley in the Minibus (2024), che riflette sui “non-luoghi” transitori, e The Sorrowful Football Team (2025), che affronta la repressione politica a Taiwan durante il periodo del White Terror. Val Lee nel 2008 ha fondato a Taipei il collettivo artistico Ghost Mountain Ghost Shovel. Nel 2017 ha ricevuto il Taishin Arts Award for Visual Arts.  

Val Lee, Valley in the Minibus, Hayward Gallery
Val Lee, Valley in the Minibus, Hayward Gallery

Val Lee: The Presence of Solitude 
Hayward Gallery, Londra 
7 ottobre 2025 – 11 gennaio 2026 

La South London Gallery presenta una grande mostra dedicata a Yto Barrada (Parigi, 1971), artista multidisciplinare cresciuta a Tangeri. La sua pratica spazia tra tessile, cinema, scultura e pittura, intrecciando storie locali, memoria culturale, teoria del colore ed ecologia. Elemento centrale è la tintura naturale, realizzata con piante coltivate nel suo eco-campus The Mothership a Tangeri, dove ricerca le connessioni tra storia coloniale, lavoro femminile, fragilità ecologica e trasmissione orale. Tra i lavori in mostra: Tangier Island Wall, una barriera marina porosa fatta di trappole per granchi; Acrobatic Formations, ispirata alle piramidi umane marocchine; e Tintin in Palestine (2025), che trasforma il fumetto di Hergé in griglie astratte per rivelare omissioni storiche. Barrada, fondatrice della Cinémathèque de Tanger, intreccia arte, comunità e scambio culturale, qui esteso anche a una residenza con l’artista anglo-giapponese Emma Ogawa Todd con cui tiene dei laboratori per giovani. 

Yto Barrada, Untitled (Sunrise/Highway X), 2025. Photo: Annik Wetter, Courtesy the Artist. © Yto Barrada, Courtesy Pace Gallery; Sfeir-Semler Gallery, Hamburg, Beirut; and Galerie Polaris, Paris
Yto Barrada, Untitled (Sunrise/Highway X), 2025. Photo: Annik Wetter, Courtesy the Artist. © Yto Barrada, Courtesy Pace Gallery; Sfeir-Semler Gallery, Hamburg, Beirut; and Galerie Polaris, Paris

Yto Barrada: Thrill, Fill and Spill 
South London Gallery, London 
Fino all’11 gennaio 2026 

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Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri è nata a Napoli. Vive e lavora a Roma, dove ha conseguito il diploma di laurea magistrale con lode in Storia dell’Arte con un tesi sulla fortuna critica di Correggio nel Settecento presso la terza università. Subito dopo…

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