Vuoi andare in bicicletta alla fiera d’arte? Peggio per te!
L’Art Week milanese ne è stata una triste prova: fiere, musei ed eventi culturali pensano ancora troppo poco ai mezzi di trasporto sostenibile. Ecco perché è ora che si dotino di un mobility manager

Scrivo questo testo la domenica di Pasqua. È il 20 aprile e chiudiamo, qui a Milano, un intero mese di fiere e di eventi. Oltre alla settimana forsennata del Salone c’è stata anche l’Art Week con la fiera miart e ancor prima la fiera di fotografia MIA. Tanti appuntamenti da seguire e una consapevolezza incrollabile: non c’è un mezzo più comodo ed efficace della bicicletta per fare tutto. E allora, sia per praticità sia per etica, ho cercato di fare tutto in bicicletta. Nel farlo mi sono posto spesso una domanda: le istituzioni e gli organizzatori responsabili di tutti questi importanti eventi mi hanno coadiuvato nella mia scelta oppure mi hanno ignorato o magari addirittura ostacolato?
Milano e le biciclette: un problema ancora non risolto
Sono andato in bici fino alla non centralissima location della fiera MIA, in Via Tortona, una volta arrivato ho provato ad entrare nell’enorme cortile del Superstudio (la sede della rassegna, peraltro quest’anno molto bella) e il guardiano mi ha subito fermato. “Scusi ma lì ci sono dei posti per le bici” gli faccio, “Sì, ma sono solo per i dipendenti” mi risponde. Morale della favola: il Superstudio (il Superstudio!) non ha pensato a posti bici per chi viene pedalando ai tanti eventi che ospita. Non mi pare cosa in alcun modo giustificabile. Ho dovuto cercare un palo con parecchie difficoltà perché tantissima gente come me era venuta alla fiera MIA in bici e si è dovuta arrangiare attaccandosi a qualche elemento di arredo urbano in assenza di un parcheggio messo a disposizione dallo spazio espositivo: non tutta Via Tortona è così, di fronte c’è il museo MUDEC che ha predisposto all’interno del cortile – cosa che dà maggiore sicurezza a chi si muove in bici – uno spazio apposito.

Miart e la poca considerazione per chi si muove in bici
Ma passiamo alla fiera miart iniziata nei giorni successivi. Sono arrivato boccheggiando al polo fieristico cittadino di Milano e anche lì mi sono dovuto scontrare con l’assenza di parcheggi predisposti. Tutta la strada è dedicata alle auto e alle moto, ma per chi si avventura in bici neppure qualche misero metro quadro per posteggiare. Come tanti altri (c’è da notare che sempre più visitatori di queste rassegne raggiungono in bici la destinazione) ho incatenato il mio mezzo ad un elemento dell’arredo urbano non senza farmi carico di un bisticcio col tassista che sosteneva che in quel punto non si poteva lasciare la bici perché avrebbe dato fastidio ai suoi passeggeri.
Per curiosità visitando la fiera ho dato una scorsa al sito ufficiale di FieraMilano nella classica sezione che tutti i siti hanno sul “come raggiungerci”. Le opzioni sono “in auto” o “con i mezzi pubblici”. Un importante quartiere fieristico collocato in centro città non offre alcuna indicazione – e dunque alcun servizio – a chi viene in bici. E pensare che la fiera di Milano ha dei padiglioni comodamente fiancheggiati da una strada interna sul retro: basterebbe consentire alle bici di accedere e posteggiare lì. Sarebbe un bell’incentivo per chi viene in bici, non una punizione com’è oggi.
Più spazi per le bici: una questione nazionale
Non è una faccenda milanese, beninteso. Il discorso vale per tutte le altre città italiane. E ovviamente non vale solo per fiere d’arte ma per tutti gli attrattori culturali che siano festival, fondazioni, gallerie pubbliche e private e musei. E allora significa che manca proprio una sensibilità: l’arte non fa che parlare di sostenibilità ma poi per raggiungere i luoghi dove l’arte si espone si dà per scontato che la gente debba venire in automobile. Come si risolve? Nominando una figura, che esiste già in molte aziende e in molte istituzioni pubbliche che si chiama “mobility manager”. Non serve che sia una figura in più, è sufficiente che un componente dello staff venga incaricato di fare attenzione a determinati aspetti riguardanti l’accessibilità dei visitatori: come arrivano? I mezzi pubblici sono comodi o si può migliorare qualcosa? Il passaggio per i genitori con il passeggino è adeguato? E i percorsi per i diversamente abili sono ben fruibili non solo dentro al museo ma anche fuori? E chi arriva in bici è giustamente agevolato oppure finisce per essere paradossalmente disincentivato? Serve una persona preparata, formata e sensibile che si occupi di tutto questo. I musei più attenti e all’avanguardia la nominino prima ancora che qualcuno gli imponga di farlo. Un mobility manager contribuisce a diminuire il traffico e le emissioni, rende più facile l’accesso al museo e dunque in definitiva incoraggia l’aumento di visitatori. Oltre a connettere in maniera ancor più profonda il museo, il festival, l’evento d’arte con la città che lo ospita. E ad assolvere alla definizione stessa di museo, ovvero di attore “al servizio della società”.
Massimiliano Tonelli
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