Il camp di Vezzoli nella Quadreria del Museo Correr a Venezia 

Moda, arte e l’allestimento di Carlo Scarpa a concettualizzare il tutto. A Venezia i Musei delle Lacrime di Vezzoli guardano alla grande storia dell’arte. E non ai temi della Biennale di Pedrosa

Ha partecipato quattro volte alla Biennale di Venezia, ma dai temi di questa sessantesima edizione Francesco Vezzoli è lontanissimo. Mentre la città rigurgita di Stranieri Ovunque Vezzoli pare decisamente a casa nella Quadreria del Museo Correr che ospita capolavori del periodo compreso tra XIII al XVII: tra gli altri di Cosmè Tura, Giovanni Bellini, Antonello da Messina e Vittore Carpaccio

Chi è Francesco Vezzoli 

Il lavoro di Vezzoli è noto, la sua presenza nel contemporaneo delineata, ma il suo pensiero intorno alla storia dell’arte è ì complesso: per fortuna all’ingresso dei Musei delle Lacrime c’è un codice QR utile per accompagnare il visitatore lungo il percorso espositivo. Un’audioguida musicata scritta e recitata dallo stesso Vezzoli, tanto in italiano che in inglese. L’artista e il Museo la presentano come un “pezzo concettuale”: è costituito da un’introduzione a cui seguono venticinque racconti a commento delle opere e del riallestimento operato nelle i sale della Quadreria. Si tratta di considerazioni ampie e puntuali,  insieme personali e universali e vale la pena di ascoltare senza filtro. Semplicemente inquadrando un codice QR code. 

I Musei delle Lacrime di Vezzoli 

Con l’ideazione di Musei delle Lacrime, Vezzoli ha impostato una doppia conversazione: la prima con la collezione della Quadreria, la seconda, con l’allestimento qui operato tra il 1957 e il 1960 da Carlo Scarpa. Per l’occasione Vezzoli ha costruito quella che definisce come un’operazione performativa e site specific  attraverso trentasei opere, sedici delle quali realizzate per l’occasione. Utilizzando la tecnica per lui distintiva del ricamo (ma non mancano le sculture) Vezzoli sfida o accompagna  le convenzioni sociali e politiche dell’arte propria dei secoli rappresentati. Lo fa senza alcuna soggezione utilizzando tematiche come l’identità di genere, l’ossessione per le celebrità, il tema del sacro, la rappresentazione popolare o il rapporto artista – committente. Apre difatti nella Sala 25 con l’opera Casino (Giotto, Wynn And Warhol Were Gamblers), 2024 dove le lacrime sono tratte da un ritratto in cui Andy Warhol ritrae Steve Wynn (chiacchierato costruttore dei Casinò di Las Vegas): il tutto inserito in un dettaglio della Cappella degli Scrovegni (probabilmente usurai) di Giotto.  

Audio guida di Francesco Vezzoli
Audio guida di Francesco Vezzoli

L’allestimento di Carlo Scarpa 

Sala dopo sala la sequenza delle opere di Vezzoli si presenta come un percorso a ostacoli dove l’ostacolo è costituito dalla confessata reverenza di Vezzoli per il magnifico lavoro di Scarpa: per i marmi delle sue pareti, persino per  il gazar delle tende scelte dall’architetto veneziano. I Musei delle Lacrime propone all’interno delle sale della Quadreria un assoluto rispetto del contesto scarpiano, utilizzando però strutture capaci di sottolineare le opere inserite. L’abbinamento cromatico rosa pesca e grigio metallizzato, è utilizzato per distaccarle dal contesto: “il rosa si rifà alla tonalità del velluto con cui sono rivestiti alcuni pannelli presenti nelle sale 30 e 37 e alla tinta delle pareti della sala delle maioliche; il grigio rimanda ai colori chiari che caratterizzano la quadreria e parallelamente al gusto scarpiano per l’utilizzo degli elementi metallici” in questo modo presenta il suo lavoro l’exhibition designer Filippo Bisignani. Così accade ad esempio per i singoli supporti sono venute in aiuto le strutture autoportanti e i celebri cavalletti di Scarpa. Un numero consistente di lavori è ospitato nella Sala 32, la più gande della Quadreria. Al centro sono presentate due opere iconiche dell’artista: La Nascita Di American Gigolò, 2014 e Selfie Sebastian (Self-portrait as Saint Sebastian by Andrea Mantegna), 2009-2014. Inserite in una struttura semicilindrica la prima di riferimento botticelliano è esposta sopraelevata e in obliquo rivolta verso i visitatori (sistema spesso usato da Scarpa per mettere in rilievo madonne e crocifissi), mentre ai suoi piedi compare un autoritratto che Vezzoli considera come un gesto adorante nei confronti del glamour rappresentato da Richard Gere in abiti Giorgio Armani: tutto assolutamente coerente all’estetica camp che pervade il suo lavoro. La struttura è chiusa da tre pareti di altezza ridotta che sostengono nove opere disposte su pannelli obliqui questa volta verso l’alto: un rimando alla soluzione ideate da Scarpa nell’ambito della mostra Frescoes from Florence tenutasi alla Hayward Gallery a Londra nel 1967. 

L’estetica Camp in Francesco Vezzoli e Scarpa 

Vezzoli non ha mai negato di considerare Scarpa come un nume: i tratti postmoderni del suo lavoro, l’accettazione del patrimonio classico, l’integrazione con la cultura commerciale sono caratteristiche e comuni. Giunta l’occasione giusta Vezzoli ha fatto transitare al Correr opere provenienti da altri musei progettati da Scarpa: a Verona, a Firenze o a Palermo.  Nell’esposizione ha persino inserito due ritratti dedicati a Scarpa: nella sala 39 quello ispirato a un doge dipinto dal Carpaccio e qui custodito; nella Sala 32 a quello “pubblicitario” realizzato da Andy Warhol su commissione di Cleto Munari per il quale Scarpa aveva disegnato un servizio di posate in argento. Per Vezzoli si tratta di omaggi al “doge” Scarpa (nume tutelare del Correr) quest’ultimo eseguito poi dal – a sua volta – nume tutelare di ogni celebrity.  Così come Scarpa aveva compreso che il patrimonio artistico per poter continuare a parlare ai contemporanei doveva essere esposto in maniera spettacolare in modo diverso ma in fondo coerente Vezzoli ha messo insieme un’esposizione che lui stesso definisce “esperienziale”: da considerare complessivamente e da ritenere comunque unica. Impossibile dargli torto. 

 
Aldo Premoli 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

Scopri di più