L’eco politica di Emma Talbot in mostra alla Kesselhaus al Kindl di Berlino 

La transizione fluida tra paesi, generi, generazioni, culture digitali e analogiche, la vita degli animali nella pittura densa di forme e significati dell’artista britannica in mostra a Berlino

Una poderosa installazione di Emma Talbot (Stourbridge, 1969), curata da Kathrin Becker, occupa gli spazi della Kesselhaus al Kindl di Berlino nella mostra In the End, the Beginning. Ampi teleri di seta dipinta si dispiegano spargendo furie, sirene, arpie, oracoli, spiriti che nella personalissima iconografia dell’artista britannica, classe 1969, portano messaggi sul futuro del pianeta e dei suoi abitanti. Sono presenze fluide supportate da un dionisiaco dinamismo, tendenti al metamorfismo, soggetti erranti che trasmigrano dal supporto bidimensionale alla plasticità delle sculture tessili. Nel passaggio di scala restano invariate le forme semplificate, onuste di riferimenti mitologici, di suggestioni arcaiche, con didascalie in inglese e tedesco (omaggio brechtiano?), in tondi stampati che cercano di renderci coscienti. I testi inseriti in balloon da graphic novel spingono didatticamente a interrogazioni sul presente, su tematiche che includono ambiente, tecnologia e eco politica, Una pittura fitta, affetta da horror vacui, abitata da creature con più arti, come una sorta di deriva teratogenica in un ambiente tossico tra umano e vegetale, ribadisce la necessità di una rinegoziazione tra natura e esseri viventi. 

The Storm di Emma Talbot a Berlino 

Si parte dalla descrizione di una tempesta (The Storm), ricalcando la narrazione biblica del post diluvio con creature mitologiche dai lunghi capelli che creano vortici intrecciati a serpenti, fiori, insetti, con la luna e il sole che esercitano le rispettive influenze. È la crisi della nostra quotidianità vissuta quasi incoscientemente come una fine che non ci riguarda e che, nella monumentale Kesselhaus, la sala delle caldaie, la Talbot affida a drappi secondo traiettorie ondulate. Creano vani conchiusi, sezioni espositive autonome, spazi esistenziali nei quali aggirarsi, esplorare, ma anche prendere coscienza. Vi colloca totem in cui si accatastano verticalmente forme biomorfe su basi ton sur ton; teste di donna contrappuntate da braccia, come nella statuaria indù, o, ancora, presenze animalesche da bestiari antichi. Tutto intorno la pittura organizza scenografie avvolgenti tra spire variopinte da cui emergono corpi fluttuanti, sagome danzanti, volti con corpi di uccelli come angeli dell’apocalisse.  

L’ecologia nell’opera di Emma Talbot 

Svoltando telo, si passa a Material of survival, materiali di sopravvivenza, dove le stampe sono dedicate ad animali, insetti, piante, minerali, funghi che possono ancora fornirci saggezza, riparo, aiuto, nonostante le vessazioni perpetrate nei loro stessi confronti.  Infine, lo spazio della coscienza, dovrebbe ridestarsi dall’assoluta assurdità di una situazione catastrofica che può essere, invece, ripresa in mano, può capovolgere le sorti, sebbene gli spazi non siano articolati in un’ascesi dantesca dove, alla fine, trovare la luce.  Al contrario ognuno si aggira in un percorso non obbligato tra coscienza e incoscienza, dove soccombere o riscattarsi, lasciandosi orientare dall’universo talbotiano che è generativo, non prevede arresti, disastrosi annientamenti, ma un inizio dopo la fine (In the End, the Beginning).  Del resto, con le sue opere, Talbot dichiara di “sostenere il cambiamento”, costringendoci a uno stato di vigile consapevolezza, mentre speriamo in un nuovo inizio in cui valga la pena condividere un futuro. La personale si completa con un’installazione video (When Screens Breack) inserita nella mostra Poli a fluid show, alloggiata al primo piano del Kindl.  Riunisce le opere di artisti internazionali (Cibelle Cavalli Bastos, Melanie Bonajo, Elolo Bosoka, Kerstin Brätsch, Raquel van Haver, Toni Mauersberg, Thomias Radin, Na Chainkua Reindorf, Lorenzo Sandoval, Emma Talbot, Mikey Woodbridge), chiamati ad affrontare la mescolanza, il passaggio, la transizione fluida tra paesi, generi, generazioni, culture digitali e analogiche. Si parla di un futuro regolato da emozioni dipendenti dalla tecnologia, opportunamente anestetizzate, contro ogni umana fragilità, una società senza dolore, direbbe Byung-Chul Han, in attesa, avverte invece l’artista, di tornare alla fosca realtà. 

Marilena Di Tursi 

Berlino // fino al 26 maggio 2024 
Emma Talbot 
In the End, the Beginning 
Kindl – center for Contemporary art 
Am Sudhaus 3 

Kindl-berlin.com 

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Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi, giornalista e critico d'arte del Corriere del Mezzogiorno / Corriere della Sera. Collabora con la rivista Segno arte contemporanea. All'interno del sistema dell'arte contemporanea locale e nazionale ha contribuito alla realizzazione di numerosi eventi espositivi, concentrandosi soprattutto…

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