Apre a Roma il nuovo Museo delle Civiltà, dinamico e plurale

Rinnovamento degli spazi, nuovi allestimenti, un processo in fieri di ricatalogazione, ricerca, relazione con l’arte contemporanea. Ma anche la messa in discussione di criteri semantici e concettuali, senza però rinnegare la storia di un’istituzione che fa della complessità il suo punto di forza. All’Eur rinasce il Museo delle Civiltà

Con 80mila metri quadri di superficie a disposizione e 2 milioni di opere e documenti conservati tra depositi (il 90% della collezione) e spazi espositivi, il Museo delle Civiltà di Roma, istituito nel 2016 in qualità di museo nazionale ad autonomia speciale, rinasce a nuova vita sotto la direzione di Andrea Viliani (l’intervista al direttore, con due pagine di approfondimento sul museo, sull’ultimo numero del magazine di Artribune). Ma è un processo in divenire – e così sarà non solo nel futuro più immediato, per la natura stessa di un istituto volto a raccontare le storie delle civiltà umane, e le loro identità mutevoli nel tempo – quello battezzato da Viliani in compagnia del Direttore generale Musei Massimo Osanna. Dietro le facciate ancora “imballate” dalle impalcature che la prossima primavera sveleranno il nuovo volto di piazza Guglielmo Marconi, chi visita oggi il polo museale sperimenta l’apertura di due nuovi ingressi simmetrici, al Palazzo delle Scienze e al Palazzo delle Tradizioni Popolari (rinnovato in tutto il suo piano terra), edificati nel 1942 per la mai inaugurata Esposizione Universale di Roma (E.U.R.).

Andrea Viliani, direttore del Museo delle Civiltà di Roma

Andrea Viliani, direttore del Museo delle Civiltà di Roma

ALLE ORIGINI DEL MUSEO DELLE CIVILTÀ. UNA STORIA COMPLESSA

La storia complessa di un museo che della complessità vuole fare il proprio punto di forza è frutto di vicende collezionistiche, donazioni e accorpamento di musei che assicurano l’eccezionalità del patrimonio materiale e immateriale tutelato, ma al contempo complicano le operazioni di ricerca, archiviazione, catalogazione, comunicazione e allestimento. Il Museo delle Civiltà si configura, infatti, come museo di musei, sui musei (quelli di cui ha radunato le collezioni in diversi momenti storici): il Museo Nazionale Preistorico Etnografico istituito da Luigi Pigorini nel 1876 (a propria volta eredità del Museo Kircheriano, wunderkammer settecentesca), il Museo Nazionale di Arte Orientale inaugurato nel 1957, e solo di recente confluito da Palazzo Brancaccio, il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo qui trasferito nel ’67, le collezioni del disciolto Museo Africano e di geo-paleontologia dell’ISPRA. Un racconto della storia della museologia italiana che merita di essere aggiornato per celebrare la storia della creatività umana superando le logiche della cultura positivista, evoluzionista e coloniale dell’Europa del XIX e XX secolo. In parallelo si è sviluppata la storia del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari – anch’esso confluito nell’odierno Museo delle Civiltà – che dal ’56 riunisce i materiali raccolti dall’antropologo Lamberto Loria (1855-1913) in occasione della Mostra di Etnografia Italiana per l’Esposizione Internazionale che nel 1911 celebrò il 50esimo anniversario della fondazione del Regno d’Italia, e 50mila oggetti tra i più disparati radunati da Evan Gorga (1865-1957) nell’immaginare un museo enciclopedico sulla storia degli esseri umani. Oltre alle testimonianze procurate da Annabella Rossi (1933-1984) a partire dagli Anni Sessanta, dedicandosi allo studio delle tradizioni regionali resistenti al boom economico, con particolare interesse per il tarantismo.

Museo delle Civiltà, Palazzo delle Tradizioni Popolari, Roma. Ph. Livia Montagnoli

Museo delle Civiltà, Palazzo delle Tradizioni Popolari, Roma. Ph. Livia Montagnoli

LE STORIE D’ITALIA AL PALAZZO DELLE TRADIZIONI POPOLARI

Sono questi tre nuclei storici, incentrati sulla disamina delle culture regionali italiane, a introdurre il percorso di visita nelle sale riallestite del Palazzo delle Tradizioni Popolari, che conferiscono “dignità di cultura e memoria ai materiali che raccontano la vicenda identitaria di un Paese che ha molte identità, tracciando un ritratto collettivo nel tempo e nello spazio, che si amplia con la narrazione sulle civiltà del mondo al Palazzo delle Scienze”, spiega Viliani. Cultura di piazza e riti devozionali, memoria e trasporti sono gli asset che guidano alla scoperta del primo piano, oltre la scalone monumentale di grande suggestione, non prima di aver apprezzato il restauro de La Sciabica, parte delle ciclo di tele (che qui saranno esposte a rotazione) sul tema della pesca eseguite nel 1911 da Umberto Coromaldi, proprio per la Mostra Etnografica e delle Regioni. C’è però un afflato di contemporaneità che ispira l’intero lavoro di ricerca e riassetto del rinato museo.

Preistoria, Storie dell'Antropocene, Museo delle Civiltà, Roma. Ph. Livia Montagnoli

Preistoria, Storie dell’Antropocene, Museo delle Civiltà, Roma. Ph. Livia Montagnoli

L’INTERVENTO DELL’ARTE CONTEMPORANEA

Ed è chiaro nella volontà di coinvolgere artisti del presente, perché possano aiutare il museo a progredire, riscoprendo oggetti e storie nei depositi, attualizzandoli (come lo scacciapensieri selezionato da Bruna Esposito, ora nella teca d’ingresso del Palazzo delle Tradizioni Popolari), sollevando dubbi e questioni su un approccio scientifico e curatoriale aperto al confronto. Ha fatto propria l’istanza l’artista messicana Maria Alves, che attraverso il progetto I don’t agree, visitando il museo come uno spettatore qualunque, segnalerà con uno sticker ciò che non la convince, e che può essere ripensato. Di intrattenere scambi e allacciare relazioni, del resto, si parla anche entrando nel vivo dell’annoso dibattito sulle restituzioni: “In molti casi, per la sua origine, questo museo ha raccontato cose a discapito di altri. L’impegno per l’adozione di un approccio paritetico si manifesta nel coinvolgimento di quanti più soggetti possibili, gli artisti e i ricercatori coinvolti nelle Research Fellowship, ma anche il pubblico che ci verrà a trovare. E l’acquisizione di opere di arte contemporanea non dev’essere letta come un’operazione di makeup, perché è funzionale a capire come raccontare quante più storie possiamo. Sono processi che si sviluppano nel tempo, di cui oggi non possiamo conoscere l’esito. E tutti prevedono l’attivazione di relazioni: ricordiamoci che restituire non può voler dire solo riportare al legittimo proprietario ciò che è stato sottratto, come mero atto di riparazione del torto. Restituire comporta la volontà di riallacciare relazioni, perché ogni rapporto umano è basato sulla comprensione e sul dialogo”. L’intenzione di proporsi come istituzione aperta e interattiva si segnala anche nella decisione di dedicare una piattaforma all’intervento dei visitatori, che potranno intervenire sulle scelte curatoriali nell’allestimento di una teca destinata proprio al punto di vista del pubblico. E sempre nell’ottica di movimentare le collezioni in deposito, il Museo delle Civiltà parteciperà all’organizzazione di mostre temporanee nei luoghi della cultura italiana all’estero, a partire da Praga, dove presto arriveranno i presepi napoletani conservati a Roma. All’insegna di un museo dinamico e aperto alla partecipazione attiva.

PREISTORIA? NO, ANTROPOCENE

Una delle novità più evidenti, nel frattempo, si scopre al primo piano del Palazzo delle Scienze (al pian terreno si ripercorrono, invece, le origini del museo), dov’è già stato completato il riallestimento della sezione dedicata alla preistoria, col punto interrogativo. Preistoria? Storie dell’Antropocene è il titolo della sezione che introduce a una nuova lettura della più ampia e articolata collezione preistorica italiana (con oltre 150mila reperti). Il percorso espone le opere più conosciute al pubblico accanto a materiali inediti provenienti dai depositi, fino ad arrivare alla Fibula Prenestina, che ha tramandato uno dei più antichi esempi di scrittura latina. A livello semantico e concettuale si supera l’equivalenza, nel segno del primitivo, tra etnografico e preistorico, propria della cultura ottocentesca e novecentesca; ma anche lo stesso riferimento alla preistoria come qualcosa di altro e diverso dalla successiva storia delle civiltà umane. E dunque il riferimento più pertinente punta sull’idea di Antropocene. Nei prossimi mesi, anni, si procederà con il riallestimento delle altre sezioni, dedicate alle culture del mondo; come pure alla catalogazione della collezione appartenuta al Museo Coloniale, chiuso dal 1971, “per ripensarlo in una nuova forma, che superi le dinamiche che l’hanno originato”. Mentre ha già un nome la nuova identità grafica del Museo delle Civiltà, che con il progetto Prove di stampa, a cura del collettivo editoriale e curatoriale Nero, conferma l’intenzione di essere un luogo dinamico: soluzioni tipografiche essenziali suggeriscono la provvisorietà di allestimenti e materiali informativi, pronti a modificarsi nel tempo, adattandosi alle esigenze di ricercatori e visitatori.

Livia Montagnoli

https://museocivilta.cultura.gov.it/ 

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