130 Gramsci. Proposte per la cultura e l’arte pubblica nell’era post-Covid

I settori culturali e creativi sono quelli maggiormente colpiti dalla misure anti-Covid. Se quindi è oggi fondamentale che le politiche pubbliche cerchino di dare sostenibilità e prospettiva a una delle colonne portanti della società, allo stesso tempo è fondamentale capire quale ruolo avranno cultura e arte pubblica nell’affrontare le grandi sfide del presente. Per questo, in occasione dei 130 anni dalla nascita di Antonio Gramsci, la APS ProPositivo lancia “130 Gramsci”, un progetto con cui stimolare una riflessione nazionale, partendo dai pensieri dello statista isolano sul ruolo dell’intellettuale organico e dalle evoluzioni delle pratiche di arte pubblica.

Secondo il rapporto Shock Cultura, i settori legati a eventi e luoghi fisici (musei, arti performative, festival, cinema, etc.) sono tra i più colpiti dalle misure anti-Covid. Il brusco calo delle entrate ha intaccato la sostenibilità finanziaria del 90% degli enti e messo a rischio milioni di posti di lavoro. Per tale motivo, tutti i governi hanno adottato misure straordinarie contro la crisi ma tali programmi non sono riusciti a mitigare i danni lungo tutta la filiera, in larga parte composta da microimprese, organizzazioni non profit e creativi professionisti.
Un mondo vulnerabile, regolato da forme occupazionali atipiche e spesso precarie, escluse dagli aiuti economici degli ultimi mesi, come denunciato dal movimento Art Workers Italia.
Per questo, oltre 109 reti e associazioni hanno inviato una lettera all’Unione europea per chiedere di destinare almeno il 2% del Fondo per la ripresa e la resilienza al mondo della cultura e dell’arte. Richiesta che, nel caso italiano, punta a sanare il decennale sottofinanziamento del settore (0,8% del PIL contro l’1,4% della Francia). Se quindi è imprescindibile un massiccio piano di investimenti pubblici, altrettanto prioritaria è la riflessione su quale funzione avranno la cultura e l’arte pubblica nel rispondere alle sfide dell’era post-Covid, fra tensioni sociali ed economiche, fenomeni migratori, delegittimazione di politica e media, analfabetismo e notizie false.

GRAMSCI E L’INTELLETTUALE ORGANICO

Uno scenario simile agli Anni Venti del secolo scorso, all’indomani della Prima Guerra Mondiale e della pandemia di “spagnola”, quando si assistette alla presa del potere di forze anti-democratiche. Per tale ragione la APS ProPositivo (promotrice del Festival della Resilienza), per la ricorrenza dei 130 anni dalla nascita di Antonio Gramsci e dei 100 anni dalla fondazione del Partito Comunista d’Italia, ha lanciato il progetto 130 Gramsci.
Iniziativa volta a stimolare un dibattito nazionale con istituzioni, editori, scuole e comunità locali sul futuro del settore culturale e creativo in Italia, ripartendo dalle riflessioni dello statista sardo sulla figura e il ruolo dell’intellettuale organico.
Secondo Gramsci, il concetto di “organicità” si lega alla capacità dell’intellettuale di riunire l’homo faber e l’homo sapiens, prassi e teoria, tecnica e sapienza, per “immergersi nella realtà dell’opinione pubblica smettendo i panni di ingessati osservatori esterni”. Essi non solo devono essere attivi politicamente e muoversi all’interno di uno schema comune, ma anche organizzare la partecipazione civile, facendosi mediatori per agevolare la costruzione di nuovi sistemi sociali, all’interno di un processo “pedagogico-culturale” volto al “superare la subalternità” e le disuguaglianze.

Il futuro della democrazia nell’era post-Covid dipenderà dal ruolo “organico” che la cultura e l’arte pubblica assumeranno per supportare le comunità locali nella crescita del proprio tessuto sociale e urbano”.

All’inizio del Novecento, tale visione trovò parziali riscontri in Europa nei movimenti dell’avanguardia (Espressionismo tedesco, Costruttivismo, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo), volti a superare gli schemi della tradizione classica, borghese e capitalista. Solo a partire dal secondo dopoguerra iniziò a maturare una coscienza di classe degli artisti, come nel caso della protesta della Art Workers ‘Coalition (AWC) che negli Anni Sessanta in America animò una mobilitazione per la riforma del settore contro le discriminazioni di genere ed etnia. Alla nascita delle prime organizzazioni collettive corrispose anche una nuova consapevolezza civile, come affermato da Joseph Beuys, padre del concetto di “scultura sociale”, secondo cui “l’arte, unica forza evolutiva-rivoluzionaria, raggiunge la sua meta quando ogni essere vivente diventa creatore, scultore o architetto dell’organismo sociale”. Filosofia alla base della mostra Culture in Action Chicago, che nei primi Anni Novanta portò l’arte fuori dai musei per farla diventare strumento di partecipazione ed educazione delle comunità urbane. Come scrisse Suzanne Lacy, gli artisti “adottano il pubblico come loro concetto operativo e di ricerca”.

ARTE VS DISUGUAGLIANZA

Lungo tale linea evolutiva, il processo artistico ha progressivamente assunto una valenza pubblica, organica allo sviluppo dei luoghi in cui si inserisce. Attitudine sempre più marcata negli ultimi anni, come emerso in diversi angoli d’Europa. Tra questi, il caso del PARK LEK a Stoccolma, dove l’artista Kerstin Bergendal, per evitare l’urbanizzazione di un parco adiacente due aree periferiche della città, trasformò l’area verde in uno spazio di pubblica consultazione in cui residenti e associazioni elaborarono un piano di sviluppo urbano, poi adottato dalla municipalità. A Berlino troviamo il Kotti-Shop dove, per evitare la gentrificazione di una zona “ghettizzata”, un gruppo di artisti “si concentrano sul quartiere analizzando, riflettendo, esaminando e archiviando l’ambiente di vita, le storie concrete e le esperienze personali”.
Anche in Italia sono emersi esempi importanti di processi “organici”, come è il caso dello Stato dei Luoghi, una rete nazionale di “attivatori”, costituita nel 2020 e impegnata a “innovare le pratiche culturali, artistiche, educative e di welfare, con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze e favorire l’inclusione sociale”.
Se dunque la sostenibilità e le prospettive del mondo della cultura e della creatività necessitano di importanti investimenti pubblici per affrontare la crisi in atto, allo stesso modo il futuro della democrazia nell’era post-Covid dipenderà dal ruolo “organico” che la cultura e l’arte pubblica assumeranno per supportare le comunità locali nella crescita del proprio tessuto sociale e urbano.

Isabel Gollin, Luca Pirisi e Gian Luca Atzori

http://www.propositivo.eu/130-gramsci

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