È morto a 97 anni Peter Brook, tra i più grandi registi di cinema e teatro del Novecento

Morto a Parigi, dove risiedeva da oltre cinquant’anni, il grande regista ha scritto una pagina importante dello spettacolo del secondo Novecento. Acclamato dalla critica e amatissimo dal suo pubblico, ecco il pensiero e le sue opere più note di Peter Brook

“Il ruolo del teatro non è quello di dare lezioni. Il regista non deve inculcare delle idee nella testa del pubblico. Quello che chiamiamo pubblico è una comunità composta da singoli individui, ognuno dei quali a teatro vive un’esperienza personale, che nasce dalla relazione diretta con gli attori e con ciò che accade sulla scena”, raccontava Peter Brook ad Artribune in un’intervista del 2018 realizzata in occasione del Romaeuropa Festival, dove presentò The Prisoner. “Ogni spettatore ha uno sguardo diverso sullo spettacolo, se ne nutre in modo diverso. Quello che conta sono le domande che si pone una volta uscito dalla sala. Ma non mi permetterei mai di chiedere a uno spettatore che domande si è posto guardando The prisoner, è una questione privata. Non mi interessano i dibattiti a fine spettacolo, e credo che ognuno abbia bisogno di un tempo di elaborazione. Di uscire, camminare e pensare. Il teatro è un viaggio, che ci porta da un punto a un altro, attraverso un percorso che è insieme condiviso e individuale”. Il grande regista teatrale e cinematografico, nato a Londra nel 1925, è morto il 2 luglio 2022 all’età di 97 anni a Parigi, dove viveva dagli anni Settanta. Le Monde ha dato la notizia della scomparsa di Peter Brook, maestro del teatro di prosa che ha attraversato il secondo Novecento con profondo sguardo innovatore.

PETER BROOK, GLI ESORDI

Noto soprattutto come regista teatrale, l’opera di Peter Brook è inscritta in quel contesto sperimentale delle neoavanguardie del secondo dopoguerra che trascende i confini tra le arti, praticando un’interazione tra cinema, teatro e televisione. Esordisce giovanissimo nella regia teatrale con il Doctor Faustus di Marlowe (1943), e si impone quale attento interprete del teatro di Shakespeare, con spettacoli come Pene d’amor perdute, 1946; Re Lear, 1962; La tempesta, 1968; Sogno di una notte di mezza estate, 1970; Antonio e Cleopatra, 1978. Sul palco porta opere di forte impatto emotivo e psicologico rompendo spesso le barriere della sceneggiatura e dando ampio spazio all’improvvisazione; si avvale inoltre anche di attori non professionisti e di diversa provenienza etnica, anticipando di gran lunga i tempi. È stato dal 1947 al 1950 direttore della London’s Royal Opera House e dal 1962 della Royal Shakespeare Company, chiedendo l’apertura di un settore di ricerca sperimentale per indagare il “teatro della crudeltà” di Artaud.

L’OPERA DI PETER BROOK

L’insegnamento di Antonin Artaud, assieme al pensiero brechtiano, trovano sfogo nella messa in scena del dramma di Peter Weiss, The persecution and assassination of Jean-Paul Marat as performed by the inmates of the asylum of Charenton under the direction of the marquis De Sade (1964), in cui affronta il tema del meta teatro e rende esplicito il suo impegno politico e sociale mettendo in contrapposizione il messaggio egualitario del rivoluzionario Marat e quello elitario del Marchese De Sade. Negli anni Settanta fonda il Centre International de Recherches Théâtrales (Cirt), nell’ambito del quale nasce uno dei suoi lavori più visionari, Orghast, andato in scena nel ‘71 a Persepoli in Iran; sempre negli anni Settanta viene chiamato a dirigere il Théâtre des Bouffes du Nord, accanto alla Gare du Nord di Parigi, mentre nel 1985 concepisce Mahābhārata, frutto della collaborazione con Jean-Claude Carrière, considerata come la sua opera più imponente, della durata di nove ore. Nella sua lunga carriera, Peter Brook è stato anche autore di libri dedicati al teatro, tra cui The empty space (1968), The shifting point: 1946-1987 (1988) e The open door: thoughts on acting and theatre (1993), oltre al libro di memorie Threads of time: recollections (1998).

-Giulia Ronchi 

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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