Venezia. Reportage dalla Biennale Teatro 2019

Dagli spettacoli più riusciti ai flop, passando per la Biennale College e i giovani autori che vedremo in scena fra due anni. Un altro reportage dalla Biennale Teatro di Venezia.

Storia, dove sei? Storia, dove sei?”, chiede il piccolo Ronaldo, figlio di Beyoncé e Donald Trump nello spettacolo Story of the Story firmato dal Leone d’Argento Jetse Batelaan, in apertura del Festival di Biennale Teatro Atto III-Drammaturgie: una simpatica provocazione che annuncia il tema fondamentale sul quale il festival si interroga, ovvero la definizione di drammaturgia oggi.
Sotto la direzione artistica di Antonio Latella vengono presentate visioni diverse sul tema portante della drammaturgia. A corollario della programmazione centrale, numerosi sono gli incontri con gli artisti, le letture dei testi presentati nel concorso Giovani Autori under 40, ricco il programma del College Teatro. E d’altronde il drammaturgo tedesco Jens Hillje, Leone d’Oro alla carriera di quest’anno, dichiara: “Nel 2019 rinnovare lo sguardo significa favorire nuove prospettive, dare spazio a nuovi artisti e conquistare nuovi spettatori; in breve, aprire il teatro a nuove realtà”.
Il programma della Biennale Teatro 2019 offre un vasto raggio di possibilità drammaturgiche: riscritture di grandi classici, dal Giardino dei Ciliegi di Alessandro Serra al Saul di Giovanni Ortoleva; scrittura scenica creata sul gesto (i Club Gewalt o Miet Warlop); una scrittura d’immagini per Julian Hetzel.

Leonardo Manzan, Cirano deve morire. Photo © Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Leonardo Manzan, Cirano deve morire. Photo © Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

GLI SPETTACOLI

In apertura, la cerimonia di consegna del Leone d’Argento al già citato Jetse Batelaan, regista di spettacoli per ragazzi nei quali sorprende il maestoso impianto scenico fatto di cartonati giganti, oggetti semoventi e dettagli sbalorditivi, diretti con una delicatezza di parola e di scelta testuale che parla a tutti; incontriamo poi l’italiana Lucia Calamaro che, con Nostalgia di Dio, da lei scritto e diretto, dà vita a situazioni domestiche estremamente comuni e poco interessanti, dove i lunghi dialoghi vertono intorno al tema della “nostalgia di casa e dell’infanzia onnipotente”. L’interpretazione attoriale molto virtuosa in un contesto scenico rétro lascia i personaggi in un universo distante e cristallizzato nel tempo, senza mai arrivare a catturare e coinvolgere gli spettatori.
Non mancano i coraggiosi fallimenti: Leonardo Manzan presenta Cirano deve Morire, vincitore della scorsa edizione del bando di Biennale Teatro Registi under 30, vittoria che gli ha assicurato un consistente bonus di produzione. Manzan parte da un’idea piuttosto estrema, ovvero l’assoluta assenza di parlato, sostituito da una serie di basi sulle quali Cirano, Cristiano e Rossana rappano le proprie battute. Le domande suscitate sono molte: perché chiedere a degli attori di rappare per due ore senza averne le abilità? Perché scegliere di criticare in continuazione la scena teatrale contemporanea e i personaggi che la popolano, millantatori e pieni di sé (Biennale in primis)? Un’operazione poco incisiva in tutte le sue scelte, comprese le “chicche” di regia come la scena finale di Rossana che si masturba con il naso di Cirano, o la bestemmia proiettata sugli schermi per i sottotitoli.
Yuri, a workout opera dei Club Gewalt ha invece scosso la platea: con una semplicità disarmante i sette performer cantano la storia di Yuri, un ginnasta olandese che perde le Olimpiadi per colpa di una birra, mentre ballano senza sosta per quaranta minuti. L’esecuzione impeccabile, l’energia dei performer e la cura della scena catturano il pubblico, facendolo appassionare allo straordinario racconto di una tragicomica vita qualunque: uno spettacolo esplosivo con una dinamica sempre crescente, divertente e leggero ma contemporaneamente impressionante.

Club Gewalt, Yuri, a workout opera. Photo © Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Club Gewalt, Yuri, a workout opera. Photo © Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Trascende i confini della drammaturgia Mystery Magnet di Miet Warlop, in cui la totale mancanza di narrazione lascia il posto a un puro susseguirsi di suggestioni e situazioni assurde basate sul non-sense. I performer senza volto danno vita a una letterale esplosione di colore: vari tipi di vernice e di tessuto vengono fatti esplodere, lanciati, inchiodati al muro, buttati a terra, andando a creare uno scenario decisamente splatter sotto gli occhi di una guardia che, esattamente come il pubblico, osserva e subisce passivamente questo delirante action painting. Sembra quasi di far parte di un esperimento sociale nel quale si viene sottoposti ad azioni di estrema violenza nei confronti di oggetti in un certo senso umanizzati, accostate a scene oniriche e surreali, il tutto agito da performer totalmente distaccati, nell’ottica di stuzzicare la capacità di sopportazione. Il risultato è estremamente positivo, quasi catartico: l’accostamento di un così vasto range emotivo riporta lo spettatore, dopo un’ora di delirio, a un pacifico e sereno grado zero.

Julian Hetzel, All Inclusive. Photo © Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Julian Hetzel, All Inclusive. Photo © Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Grande rivelazione di questa edizione di Biennale Teatro è il tedesco Julian Hetzel: per la prima volta in Italia presenta All Inclusive, il suo ultimo lavoro. Lo spettacolo parte da una riflessione intorno a famose fotografie di guerra in cui il momento dello scatto coincide con l’istante in cui il soggetto ritratto viene ucciso da un’arma da fuoco: sul palcoscenico ricrea un museo, con tanto di guida e di visitatori volontari provenienti dalle zone del Medio Oriente che nella realtà fanno da scenario in quegli scatti. Il pubblico diventa testimone di una situazione cruda e reale che via via conosce da vicino attraverso i commenti spontanei che i visitatori fanno alle opere di guerra esposte in questo museo/palcoscenico. Accostando finzione e verità in una maniera così equilibrata, Hetzel suscita riflessioni: qual è il business dietro la vendita di queste immagini? Qual è il trofeo? Cosa può fare l’arte per aiutare a contenere i conflitti, ad abbattere le barriere? Lo spettacolo non pretende di dare risposte, piuttosto intende provocare fino in fondo: a replica finita, il palco si trasforma in un negozio dove il pubblico può acquistare un souvenir di questa esperienza.

Miet Warlop, Mystery Magnet. Photo José Caldeira

Miet Warlop, Mystery Magnet. Photo José Caldeira

BIENNALE COLLEGE

Anche quest’anno LA Biennale Teatro ha offerto la possibilità a più di cento giovani attori, performer, registi e drammaturghi di partecipare a tutti gli appuntamenti del festival e di prendere parte ai workshop tenuti da sei diversi maestri sul tema comune della ricetta. Ciascun gruppo di lavoro ha sviluppato il tema in modo diverso, concentrandosi sul testo, sul corpo, sul movimento, sulla lettura o sul suono per dar vita a sei diversi brevi spettacoli andati in scena in chiusura al festival.
Nella stessa giornata sono stati annunciati i vincitori del bando Giovani Autori e del bando Giovani Registi: sul podio due italiane, Caroline Baglioni per il primo e Martina Badiluzzi per il secondo, le quali verranno sostenute da Biennale per la messa in scena del proprio testo in un caso e per portare a termine la regia già avviata nel secondo. Non sorprende che il testo premiato sia quello basato sulla tragedia del Ponte Morandi, ambientazione a tal punto accattivante che sembra non necessitare di grandi sforzi di scrittura; qualche perplessità ha invece suscitato la scelta di premiare la regia di Badiluzzi, che attualmente consiste in dieci minuti di cabaret tutto al femminile intorno alla ricerca di una contemporanea Anastasia dei Romanov, fra un discorso sulla cellulite e un aLtro.

IN CONCLUSIONE

Un festival intenso e vivacemente partecipato: testimoni sono tutte le serate di spettacolo sold out dal primo giorno. Un appuntamento imperdibile per chi desidera conoscere cosa succede in Italia e nel mondo nell’ambito teatrale. Arrivederci Arsenale, benvenuto Lido di Venezia: appuntamento a settembre con la Mostra del Cinema.

– Giada Vailati

www.labiennale.org/it/teatro/2019

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Giada Vailati

Giada Vailati

Classe 1994, studia danza dall’età di nove anni, terminati gli studi classici frequenta l’accademia Dancehaus di Susanna Beltrami, diplomandosi in danza contemporanea e teatro. Nel 2018 viene selezionata per un master in danza contemporanea e somatic approach presso La Biennale…

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