Bauhaus, la bellezza della modernità. Al festival di Spoleto

Il 62° Festival dei Due Mondi rende omaggio ai cento anni del Bauhaus con due spettacoli

Il 62° Festival dei Due Mondi rende omaggio ai cento anni del Bauhaus proponendo, per la prima volta insieme sullo stesso palcoscenico, due progetti teatrali di Oskar Schlemmer e Wassily Kandinsky, rappresentati al Teatro Nuovo Menotti sulla base delle ricostruzioni, rispettivamente, del 1977 e del 2019. Due momenti artistici che restituiscono la modernità e le geniali intuizioni di un movimento che non fu solo estetica, ma anche ripensamento di canoni strutturali validi ancora oggi. In collaborazione con la Akademie der Kunste di Berlino e con il cartellone tedesco 100 Jahre Bauhaus.

DANZANDO VERSO IL FUTURO

Dodici danze che sono altrettanti quadri scenici, dai quali scaturisce il lato onirico, poetico, utopico, del movimento fondato da Walter Gropius, con l’urgenza di ripensare l’approccio artistico all’interno di un contesto europeo che la Grande Guerra aveva profondamente cambiato. Il Triadische Ballett stravolge i canoni del balletto classico per immaginare – in un’atmosfera rarefatta che simboleggia l’alba di una nuova era sulla Terra -, l’armonico, utopico incontro della tecnologia con l’umanità e la natura, e nell’immaginare questa possibile società del futuro precorre le riflessioni di Hermann Hesse ne Il giuoco delle perle di vetro; automi, fantasiosi guerrieri antichi, rivisitazioni della maschera di Arlecchino, ballerine orientali, si lanciano in delicate danze suddivise equamente su tre temi: il cheerful burlesque, la mistica solennità, e il mondo del fantasy, che riprendono in alcuni momenti gli idilli di arcadica memoria, in altri creano forme di un nuovo tribalismo (richiamato dalle danze con i bastoni), riti condivisi di una nuova socialità in armonia con l’arte. Movimento, colore, forme, luce: elementi che Schlemmer pone tutti sullo stesso piano d’importanza, in una sorta di simultaneità sulla scorta del Cubismo.
Lo spettacolo si avvale ancora oggi della colonna sonora originale composta da Hans-Joachim Espos, che nelle sue metalliche cacofonie anticipa quelle che saranno le composizioni di musica concreta di Karlheinz  Stockhausen e John Cage. Nonostante i suoi 97 anni, questo spettacolo mantiene intatta la sua carica di modernità, evidente anche nell’ottimistica ricerca di una direzione dopo lo sfacelo lasciato dalla guerra.

Quadri di un’esposizione, 2019. Courtesy Festival dei Due Mondi, Spoleto. Photo Luca d'Agostino

Quadri di un’esposizione, 2019. Courtesy Festival dei Due Mondi, Spoleto. Photo Luca d’Agostino

I QUADRI SUL PALCOSCENICO

Una mostra d’arte a teatro: con quest’insolita formula si può definire Quadri di un’esposizione, opera di drammaturgia visiva ideata da Kandinsky nel 1928, in collaborazione con il musicista Modest Mussorgsky, che aveva composto uno spartito dal medesimo titolo ispirandosi alle pitture di Viktor Hartmann, scomparso nel 1873 ad appena 39 anni, ma artista dal taglio moderno. Kandinsky, anche omaggiando il suo compatriota, volle riprendere l’idea di un abbinamento fra musica e pittura, e realizzò sedici acquerelli che costituirono l’inusuale “copione” per questa pièce, dove, ancora una volta, forma, luce, colore, movimento, interagiscono in simultanea e si sostituiscono alla persona; il movimento ovvia alla mancanza della parola, offrendo uno spettacolo che a tratti ricorda il cinema muto, accompagnato dal vivo dal pianoforte. Cerchi, quadrati, triangoli, immersi in luce colorata, si sovrappongono e creano composizioni astratte che scaturiscono dalla fantasia di Kandinsky, sublimate dalle melodie di Mussorgsky.
Un imponente gioco teatrale che utilizza giochi di luci, carrucole per alzare e abbassare elementi scenici, uno schermo per proiezioni; i medesimi mezzi tecnici dell’epoca, riutilizzati nell’accurata ricostruzione di Horst Birr e Stefano Laudato; agli occhi del pubblico si materializza l’indipendenza dell’arte, che nasce senza la mano dell’uomo, ma soltanto per tramite della tecnologia. Una nuova idea di arte che si è poi concretizzata nei decenni a venire grazie alle stampanti 3D, agli algoritmi che riproducono motivi artistici, alla realtà virtuale; tutto questo dà la misura delle lungimiranti intuizioni degli artisti del Bauhaus, che furono capaci di “vedere” il futuro.

Niccolò Lucarelli

http://www.festivaldispoleto.com/

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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