B.Motion. Sguardi collaterali dall’Operaestate festival a Bassano del Grappa

Un focus sui protagonisti di “B.Motion”, nell’ambito dell’Operaestate festival di Bassano del Grappa, andato in scena dal 28 agosto al 1° settembre.

Oggetti in scena, oggetti fuori scena, evocati, allusi, usati, confezionati, poetici, pop. Tre spettacoli nella sezione Bmotion danza e teatro nell’ambito dell’Operaestate festival di Bassano sembrano aver spostato irrimediabilmente la frontiera tracciata dal sociologo e filosofo francese Jean Baudrillard.  L’oggetto in scena – si sa ‒ ha un suo statuto, idoneo al compendio dell’azione, ritmo fisico che altera nello spartito del gesto la sintassi dei movimenti, la composizione della partitura drammaturgica. Non è l’oggetto artistico che attende investitura metafisica – l’artistizzazione, la chiama Mario Perniola ‒ (si pensi alla vanga di Duchamp), ma l’oggetto caricato di una soggettività metaforica e di una nuova responsabilità.
Chiara Bersani, con i suo Seeking Unicorns, Camilla Monga e il Quartetto per oggetti e infine il Calcinculo di Babilonia terminano gli esperimenti merceologici che hanno trasformato gli oggetti in quella che Ernesto Francalanci chiamava omologazione in “una dimensione estetica diffusa”.

CHIARA BERSANI

Chiara Bersani raggiunge la tromba abbandonata sul pavimento dopo aver percorso una esplorazione degli spettatori convenuti a circondare l’arena per assistere impotenti a una fatica fisico-corporale. In questo circo, che rimette appunto in circolo il mito dell’unicorno frantumando il rapporto tra icona e mito (come già fece con crudeltà Joel Peter Witkin), la tromba è l’Olifante suonato nella disperazione di un Orlando per sempre caduto dal cavallo dell’estetica patina imperante, canone apollineo inadatto e non idoneo a riassumere il dionisiaco. Così come Marc Quinn cala nel bianco l’incompatibilità della diversità al classico, Chiara Bersani imbeve proprio quel bianco di un cocciuto abbraccio all’umanità che arranca a terra.

Festival Operastate, Bassano del Grappa 2018. Sezione Bmotion. Chiara Bersani, Seeking Unicorns

Festival Operastate, Bassano del Grappa 2018. Sezione Bmotion. Chiara Bersani, Seeking Unicorns

CAMILLA MONGA

È la stessa Camilla Monga a scrivere che “oggetti comuni, lontani dal sentimentalismo e dall’affezione, perdono il proprio valore funzionale. Delimitano un sistema fisico chiuso, nel quale ogni elemento si muove seguendo principi di causa ed effetto”. L’oggetto fa della sua forma struttura di movimento. Le “coreografie” interpretate da Pieradolfo Ciulli, Maya Oliva, Stefano Roveda e la stessa Camilla Monga, sono l’eco gravitazionale generato dagli oggetti: baricentro, equilibrio, peso e massa si manifestano nell’ibridazione delle forme che il corpo asseconda a partire da uno svuotamento materico di sé. L’oggetto riempie con il suo suono funzione, con il suo immaginario (surrealista) ma soprattutto con le connessioni che esso sa generare nello spazio in primis.  Allusioni, se ci abbandonassimo alla paranoia critica di Dalí, geometrie, se meglio seguissimo gli incastri architettonici suggeriti dalla musica di LSKA, purissime.

Festival Operastate, Bassano del Grappa 2018. Sezione Bmotion. Babilonia Teatri, Calcinculo. Photo Francesca Marra

Festival Operastate, Bassano del Grappa 2018. Sezione Bmotion. Babilonia Teatri, Calcinculo. Photo Francesca Marra

BABILONIA

E infine i Babilonia che riprendono – nudi e crudi ‒ i microfoni, dopo le collaborazioni con terzi, per le loro classiche liturgie o-scene (nel senso di vomitate fuori dalla scena). Calcinculo non ha gli scorci lirici degli ultimi lavori, e nemmeno uno sfondo poetico su cui stagliare le invettive contro il vituperato (da Paolini ne Il Milione) popolo veneto che oggi ha paura e la domenica taglia l’erba, in una altalena di ipocrisie e idiosincrasie. Ci mancano un po’ le immagini che ci consolavano dal punk, la stessa Raimondi ora ha una americaneggiante messa in piega. Enrico e Valeria, forse per non perdersi nei labirinti dei luoghi comuni o del facile pop, li hanno affidati alla mano leggera e vivace di Lorenzo Scuda, sagace musicista degli Oblivion. Calcinculo è così una festa squilibrata, una giostra, appunto, che ha annacquato il dramma nel rap orecchiabile. Gli oggetti non sono tanto le sventolanti bandiere venete, la seggiolina della giostra o quegli estintori che forse ci riportano in Piazza Alimonda da Carlo Giuliani. Qui gli oggetti, pur assenti (rispetto ad altri spettacoli), si sono mangiati tutto. Sono diventati le confezioni, l’involucro luccicante di un contenitore di claim virali.
La misura, il centro di gravità permanente sono affidati al conservatorismo degli alpini di Bassano, che generosamente si prestano a tracciare la linea di galleggiamento sopra una superficie patinata.
Le bandiere da cui si staccano i leoni alati vanno immaginate, ci suggerisce Valeria Raimondi, il seggiolino del calcinculo, appeso solitario sul palco, è solo lo sguardo che, assemblando immagini a 360 gradi, è centrifugo e centripeto. Luca Scotton, storico direttore di scena, saltella per afferrare una sorta di volpe imbalsamata. Il vero dramma è tutto lì. L’oggetto, che un tempo era animale-animato, è ora un trofeo spelacchiato che ci ha esiliati dalla vita e ora detta le sue leggi: plastica, consumo, finitezza.
Lo spettacolo sarà in scena a Roma per Short Theatre il 7 e 8 settembre.

Simone Azzoni

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Simone Azzoni

Simone Azzoni

Simone Azzoni (Asola 1972) è critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea presso lo IUSVE. Insegna inoltre Lettura critica dell’immagine e Storia dell’Arte presso l’Istituto di Design Palladio di Verona. Si interessa di Net Art e New Media Art…

Scopri di più