Teatro. Il Grande Fratello ieri e oggi secondo Matthew Lenton

Matthew Lenton mette in scena il celebre romanzo di George Orwell, “1984” al Teatro Storchi di Modena. A partire da un’indagine sulla verità e sulle diverse forme di controllo del pensiero attraverso i mezzi di comunicazione di massa, il regista testimonia quanto Orwell sia attuale, oggi più che mai.

Dovrebbe essere un fuori programma iniziale ripetuto a ogni replica. Un breve dibattito informale prima dello spettacolo come introduzione alla sua comprensione e al suo coinvolgimento più diretto. I tre attori che si presentano davanti al pubblico, con in sala le luci ancora accese, annunciano una discussione aperta, con domande rivolte l’uno all’altro, sulle implicazioni con l’attualità che i temi dello spettacolo susciteranno. Capiremo presto che si tratta di finzione, un prologo con l’intenzione di predisporci, ciascuno, alla visione secondo il proprio punto di vista calato nel riscontro di una quotidianità che ci riguarda. Social media, controllo e violazione della privacy, sicurezza e censura, libertà d’informazione e monopolio dei media. Tutti argomenti anticipati da Orwell nel suo celebre 1984, tra i romanzi della fantascienza distopica (pubblicato nel 1949) che più spaventosamente hanno saputo riflettere il futuro prossimo con la sua rappresentazione del totalitarismo.

Matthew Lenton, 1984. Teatro Storchi, Modena 2018

Matthew Lenton, 1984. Teatro Storchi, Modena 2018

LETTERATURA SUL PALCOSCENICO

L’incubo premonitore sul potere occulto dei media profetizzato da Orwell, oggi non più materia astratta, ipotetica, concettuale, ha trovato ora una sua rappresentazione teatrale col regista Matthew Lenton, commissionata da Emilia Romagna Teatro Fondazione e attuata con un cast di giovani attori italiani. Operazione meritevole portare in scena la letteratura, per quanto difficile e non sempre adattabile, che l’inglese Lenton affronta con grande passione cimentandosi con questo romanzo emblematico che oggi, nonostante sembri “normale” la concezione di un mondo sorvegliato, suscita ancora inquietanti riflessioni.
L’azione del romanzo, sappiamo, si svolge in un futuro prossimo del mondo (l’anno 1984) dove esiste un potere concentrato in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Al vertice del dominio politico in Oceania c’è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha mai visto di persona, il quale scruta ogni momento della vita dei suoi sudditi, persino nell’intimità delle loro case. Le persone sono state private del libero arbitrio, e rispondono a elementari e ben individuati impulsi: l’odio verso un nemico, il controllo del linguaggio, l’assimilazione della propaganda. Vengono disgregati persino nella loro più elementare composizione, quella del rapporto umano, scoraggiando le relazioni e riducendo l’uomo a un’isola infelice. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Winston Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia a condurre un’esistenza “sovversiva” rifugiandosi nell’unico angolo della casa dove il Grande Fratello non può vederlo, e lì scrive e legge. Conosce Julia, intraprende con lei una relazione proibita. Viene sedotto dalla carismatica figura di un alto funzionario del partito che si finge dissidente solo per farlo uscire allo scoperto, arrestarlo e torturarlo sino all’annientamento della sua volontà.

Matthew Lenton, 1984. Teatro Storchi, Modena 2018. Photo Guido Mencari

Matthew Lenton, 1984. Teatro Storchi, Modena 2018. Photo Guido Mencari

I PERSONAGGI

Lenton, riducendo il testo per la messinscena (adattato e tradotto insieme a Martina Folena), più che sottolineare l’aspetto politico trova concretezza nel restituire piena umanità ai personaggi i quali, colti anche in scene realistiche (come la nudità della coppia avvinta in un abbraccio, o la tortura a cui viene sottoposto Winston con insistito scorrere di sangue in seguito alle mutilazioni delle dita, dall’effetto granguignolesco), vivono la loro condizione con i turbamenti dei sentimenti affioranti: amore, tradimento, crudeltà. Li racconta anche una voce narrante, una donna che entra ed esce dalle azioni, siede a un tavolo a scrivere, raccordando le vicende dei personaggi e i loro pensieri intimi. Dando l’illusione di tre schermi, la scena tridimensionale (di Guia Guzzi) è incorniciata da tubi di neon sul boccascena, da altri disposti dietro, in profondità, a creare un rettangolo più ridotto, e al centro un monitor con l’occhio vivo del Grande Fratello sul quale scorrono le sue parole d’ordine. Dietro un tulle nero trasparente apparirà a tratti l’ufficio col tavolo di lavoro di Winston e la stanza della sua abitazione. Altri interni saranno ricreati nello spazio principale dove si sviluppano le vicende che porteranno alla tortura del sovversivo e infine alla sua capitolazione. L’atmosfera cupa, rischiarata in alcuni momenti da luci calde e dalle torce di poliziotti che frugano anche tra il pubblico, è resa da suoni e clangori che rendono ancora più opprimente il clima di tensione instaurato. Peccato che la tensione non regga per tutta la durata dello spettacolo e che la recitazione degli attori, pur bravi ma con il protagonista principale non proprio all’altezza, non trovi un pieno amalgama espressivo.

Giuseppe Distefano

http://emiliaromagnateatro.com/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

Scopri di più