Quando si firmava Falso Picasso. Un ricordo di Dario Fo

Proseguono su Artribune gli articoli in ricordo di Dario Fo, scomparso qualche giorno fa a novant’anni. A parlare oggi è Giampaolo Abbondio, titolare della Galleria Pack e vicino di casa del grande attore milanese.

Ho avuto per quindici anni come vicino di pianerottolo lo studio di Dario Fo, quindi con lui e sua moglie, la Franca (perché era la Franca), c’erano incontri piuttosto frequenti. Persone straordinarie, di una gentilezza di altri tempi: lui era assolutamente il poeta dei due, lei aveva il polso di ferro ed era il manager della coppia.
La porta era sempre accostata. Bastava bussare gentilmente per essere accolti: lui con grande entusiasmo mostrava le opere a cui lavorava. Produceva tantissimo. Un episodio ricordo in particolare: gli era stato negato il permesso di usare le immagini di Picasso da parte della Fondazione per un suo libro sul grande artista, non si era perso d’animo e aveva realizzato una serie di tele cubiste che aveva firmato Falso Picasso. Quel giorno era venuto con me Miltos Manetas, che si era offerto di curare una mostra con quei quadri. Gli avevo suggerito come titolo ApocriFO, che aveva apprezzato tantissimo, scoppiando a ridere.

Per Dario – si faceva chiamare così da tutti – avevo fin da bambino una grande ammirazione. Ricordo ancora quando nel 1978, ero in seconda media, trasmisero Mistero buffo e altri suoi spettacoli su Rai 2. Non esistendo ancora i videoregistratori, sedevo di fianco al televisore con un registratore a cassette per cercare di catturare l’essenza di quel giullare che diceva cose tanto diverse da quelle che ero abituato a sentire dai “grandi” nella mia vita.
Purtroppo il sogno di realizzare una mostra di suoi disegni non si è mai realizzato, porto comunque dentro la consapevolezza del fatto che, se a un certo punto della mia vita ho deciso di aprire una galleria d’arte, il seme fu lui a piantarlo con quelle trasmissioni.

Giampaolo Abbondio

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