Il nuovo disco di Angelo Sicurella: paure e foschie contemporanee, con artwork di Adalberto Abbate
Un lavoro a quattro mani, fatto di suoni e visioni. Uscito "Ancora più buio", il nuovo disco del cantautore Angelo Sicurella, con le immagini dell’artista Adalberto Abbate, entrambi palermitani. Atmosfere apocalittiche e squarci di luce, per un progetto dall’anima sperimentale. Li abbiamo intervistati

Cupo, di nome e di fatto, questo nuovo lavoro di Angelo Sicurella, arrivato a due anni dall’ultimo Cigni (2023) e prodotto per l’etichetta palermitana Limone Lunare Records. Un progetto che conferma stile e maturità di un musicista di talento, impostosi negli anni sulla migliore scena indipendente, con il suo mix di cantautorato contemporaneo, elettronica sperimentale e synth pop, ricco di contaminazioni.
Ancora più buio ha la cupezza di un presente sospeso tra distopie e apocalissi metropolitane, tra il presagio della fine, la linea del precipizio e un accenno d’orizzonte. Un progetto fiorito lungo i margini, come quei “marginalia” scritti sfruttando i bordi di pagine di fortuna, a volte in situazioni di emergenza o di cattività, cercando nella parola un varco, una chance. Quel margine simbolico, nella scrittura asciutta ed elegante di Sicuralla, è anche il punto di disequilibrio di una civiltà che fa i conti con il proprio fallimento, con lo schianto dell’illusione contro il piano scabro del progresso. Un disco figlio di questo tempo, concepito per affrontare il senso della paura, la disperazione individuale e collettiva, ma con quel carico d’umanità, di desiderio e di candore che restano imbracatura necessaria, strumento di salvezza, documento di resistenza. Così, nel solco dei contrasti, Sicurella canta “resto qui appeso a un’idea / nel buio pesto della notte / Io non lo so come finirò / ho stelle accese e ossa rotte” (Crack).

Testi e immagini per il palermitano Angelo Sicurella
“Questo disco – ci racconta – nasce da una visione che mi tormentava. La terra si sgretola sotto i nostri occhi e c’è un coro da una parte che ride e innaffia questo terremoto ancestrale con carboni ardenti, mentre la terra continua a frantumarsi. Dall’altra parte, un altro coro invoca Amore chiedendo alla terra in frantumi che non si sgretoli, ché gli esseri umani possono cambiare e che non può andare peggio di così, ma la terra continua a farsi in brandelli e a venire giù, nel profondo del più profondo abisso, sotto un cielo di fuoco. In mezzo, tra un coro e l’altro, ci sono quelli che stanno a guardare. Era il 2019, avevo deciso di fermare i concerti per scrivere, accompagnato da questa visione che mi seguiva come un cane in cerca di casa. Così mi sono fermato e ho cominciato a scrivere”.
Suoni come immagini, e viceversa. “Le immagini sono il cibo della mia scrittura, sia essa strumentale, o sia costellata di parole che segnano”, aggiunge Sicurella, a cui chiediamo della sua maniera di dividersi tra i piani intrecciati delle iconografie e delle astrazioni verbali o compositive: “Certe immagini le riporto giù su carta così come sono. A volte risultano criptiche, crepuscolari. A volte non penso neanche più alla canzone e i suoni accompagnano le parole. Accompagnano non vuol dire che fanno da sfondo, penso che musica e parole abbiano un ruolo paritario e a volte uno prevale sull’altro e viceversa”.
Così esplodono, l’una nell’altra, la frequenza del visivo e la sostanza del sonoro. Un gioco di sintesi e di frantumazione: “Non mi piace chiudermi in una forma. Molto spesso la scardino e quando capisco di essermi seduto, mi faccio uno sgambetto. Mi piace leggere il flusso e ascoltare quello che viene fuori, a volte solo ritoccando, entrandoci dentro. Altre volte invece esce tutta la vergine che c’è in me e lecco pure le virgole, ma sempre del flusso di quello che mi chiama a scrivere”.
La musica di Sicurella nel nuovo album
Oscuri, avviluppanti e notturni anche i suoni delle 9 tracce, in accordo con i testi. Un incalzare di sintetizzatori, di cavità techno, di flussi elettronici, e poi echi di durezze industrial, vortici di fiati che ammantano di note profonde le sequenze fredde dei beat, mentre la voce morbida stempera la corsa, senza frenare l’inquietudine.
Tieniti Forte, pezzo condiviso con Giorgio Canali, nome di riferimento della scena rock alternative italiana, è un’ipnotica invocazione, una lenta preghiera senza fiato che esorcizza l’ansia, cercando nell’altro l’occasione per per non bruciarsi, per non precipitare. E per non consumare ogni indizio di guarigione. Stringersi, tenersi, mentre il groviglio di suoni elettro-noise è aria che manca, vertigine, apertura improvvisa verso il mare, rivolta, e ancora fiato corto, capogiro.
L’angoscia è allora memoria filosofica, condizione universale, che in Vuoto incrocia però riferimenti schietti all’attualità, scanditi nel ritmo assillante del synth e delle raffiche percussive: “la luce di notte si accende e si spegne / insieme ai semafori è un salto agli ostacoli / l’aria ci brucia gli stomaci / i risultati politici / cadaveri in fondo al mare / le periferie stessi orizzonti / sembrano tutte uguali”.
Azzeccato anche il featuring con Andy, ex Bluvertigo, nell’ultimo brano che dà il titolo all’album. Pezzo convulso, in cui conflitto e disincanto procedono all’unisono, così come coincidono pubblico e privato, tormento esistenziale e deriva sociale: “la politica crepa, la politica oscena ci spinge verso un sentiero più buio, ancora più buio”, scrive Sicurella, chiedendosi “cosa vuol dire tenersi distanti guardare gli astanti fermare i bagnanti / state attenti allo squalo / attenti allo squalo / sali sopra il treno fino all’arcobaleno / sopra il treno fino all’arcobaleno”: il gioco poetico delle vie di fuga non si esaurisce, in barba a qualunque preannunciata catastrofe. Intanto i giri di sax sono spire centrifughe e il cantato procede – qui serrato, lì etereo – nell’attesa di un’altra esplosione.
Le opere di Adalberto Abbate per il disco
È nato insieme al disco, come un percorso intrecciato e parallelo, il progetto artistico di Adalberto Abbate, tra gli artisti siciliani di media generazione più interessanti. Suoi sono la copertina dell’LP, con l’artwork interno, e quelle dei singoli. Un incastro tra due figure accomunate da un’attenzione critica alle dinamiche del presente – i meccanismi oscuri del potere, le migrazioni, la via della ribellione e l’alienazione sociale – oltre che alla dimensione psicologica, fra ironia, tragedia, desiderio di libertà e introspezione.
“Dal primo ascolto delle creature sonore e dei paesaggi contemporanei cantati da Angelo Sicurella – ci spiega Abbate – ho trovato una linea comune, come se, disarmati, stessimo procedendo insieme verso un fronte di battaglia, non sapendo se per combattere o per salvare qualcuno, o qualcosa, dalle atrocità e dalle barbarie che stanno schiacciando dignità ed entusiasmo. È un principio di apocalisse, una danza macabra tra violenze in ogni angolo del globo, con il proliferare di guerre e genocidi, protetti, finanziati e sostenuti da governi, da multinazionali e da una becera informazione”.
Sul fondo rosso cupo della cover si muove una piccola scultura, un puttino in bassorilievo tiene tra le mani un teschio molle come pongo, deformato, virato in un livido blu: reliquia offerta, forse trafugata. Sul retro un secondo angioletto porta con sé un osso umano, una tibia, con tutta la grazia di un’impossibile decorazione quattrocentesca. Il sacro e la morte giocano, nel contatto tra storia dell’arte e immaginari contemporanei, tra citazioni colte, teatri del pop o della crudeltà, movimenti dello spirito e miserie universali.
Gli interni del folder, stavolta risolti con un giallo caldo, riportano altre figurine scolpite, reperti archeologici dalle fattezze arcaiche o primitive, ancora una volta accostate per contrasto a lucidi teschi artificiali, come giocattoli sinistri. Sono alcune tra le più affascinanti opere della serie The Triumph of Death – iniziata del 2020 e ispirata al Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis – in cui il disgusto per i mali del mondo e il timore della fine imminente si declinano in sculture e collage digitali fortemente contemporanei e insieme pregni di riferimenti all’antico.
“Le mie opere – aggiunge Abbate – nascono spesso da un rapporto stretto con la scrittura: con il documento storico, con le parole di chi ci lascia un’immagine o una descrizione personale della vita degli uomini. Molti miei lavori non esisterebbero senza le parole di Thomas Bernhard, Leonardo Sciascia, Michel Foucault, Giovanni Lindo Ferretti e di tutta la Gioventù Cannibale”.

La collaborazione tra Abbate e Sicurella
“Adalberto è un artista molto particolare. Abbiamo una visione molto simile della politica italiana e internazionale, che per quanto mi riguarda è il motore della catastrofe, nella visione di cui parlavo prima. Per la copertina ha tirato fuori un’immagine epica, visionaria: un angelo che porta via un teschio come potrebbe fare un avvoltoio; mi sembra un presagio apocalittico. E rispecchia perfettamente il contenuto del disco, a cui lui ha partecipato alle ultime stesure, in un dialogo costante con me. Mi piace del suo lavoro che non intende rassicurare, né allinearsi. Piuttosto scuote, anche crudamente”.
E in questa intervista a specchio, l’artista risponde al musicista, ribadendo il senso di una complicità speciale, di una stessa postura etica, di uno sguardo sul mondo e sulle cose che poggia su rabbia e passione comuni: “Angelo da tempo racconta la vita che gli scorre accanto, e lo fa senza sporcarsi, senza compromessi che possano fargli distogliere lo sguardo o cancellare una parola, un pensiero, un’immagine. È un artista indipendente e libero, ed è una cosa che ammiro davvero tanto, visto che la cultura ormai da tempo in Italia, e peggio ancora in Sicilia, è pastone per porci”.
Helga Marsala
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