Solitudine, disciplina e desiderio di libertà nel nuovo film Primavera di Damiano Michieletto

Tecla Insolia e Michele Riondino sono i protagonisti di un racconto di formazione, di coscienza e di ribellione, ambientato nella Venezia del Settecento ma in costante dialogo con il presente. Il regista ce lo racconta in un video

Primavera è il primo film di finzione di Damiano Michieletto e nasce da una scelta precisa: affrontare il cinema non come naturale estensione del lavoro teatrale, ma come un terreno autonomo, con regole, tempi e responsabilità differenti. Tratto liberamente da Stabat Mater di Tiziano Scarpa, romanzo del 2008 costruito come un lungo epistolario e vincitore del Premio Strega, il film non tenta una traduzione fedele del testo letterario, ma ne isola alcuni nuclei centrali – l’abbandono, la solitudine, la ricerca di libertà – riorganizzandoli in una forma pienamente cinematografica.

Al cinema “Primavera”, film di Damiano Michieletto

In uscita il 25 dicembre al cinema con Warner Bros. Discovery, Primavera racconta una storia profondamente contemporanea pur muovendosi dentro una cornice settecentesca. Sullo sfondo c’è la guerra, c’è l’istituzione come dispositivo di controllo e di ostacolo, ma soprattutto emerge una tensione più intima e radicale: quella di una soggettività femminile che tenta di aprirsi un varco all’interno di una libertà sistematicamente negata.

La trasformazione per il cinema del racconto di formazione “Primavera”

Cecilia (Tecla Insolia), la protagonista, è una figura che abita l’assenza. Abbandonata, mai realmente riconosciuta, cresce in un mondo regolato da rituali che anestetizzano più che educare. Come sottolinea Ludovica Rampoldi, la sfida principale della sceneggiatura è stata proprio questa: reinventare una materia tutta interiore, fatta di lettere e di pensiero, trovando un corpo cinematografico a una voce che ancora non sa di esserlo. In questo percorso la musica assume un ruolo centrale: non semplice accompagnamento, ma linguaggio, forma di dialogo, spazio di frizione. Una musica che inizialmente seduce e immobilizza, arrugginendo, e che poi improvvisamente apre, con l’arrivo del nuovo maestro.

Il titolo allude a una stagione che è insieme anagrafica e simbolica: la primavera di Cecilia è l’età del possibile, ma anche un atto di ribellione che non promette felicità, solo movimento. Tecla Insolia restituisce questa interiorità con misura, lavorando su un personaggio introspettivo, trattenuto, che nella musica non trova un riscatto immediato, ma una direzione.

 “Primavera”, oltre il racconto sentimentale

Primavera evita con decisione la scorciatoia del racconto sentimentale. Michieletto guida l’incontro tra Cecilia e Antonio Vivaldi (Michele Riondino) come un rapporto che non risolve né ricompone: restano allieva e maestro, due solitudini che si sfiorano senza annullarsi. È proprio in questa distanza che il film trova la sua onestà. La libertà non è un dono né una salvezza, ma uno scontro continuo, un attrito con i limiti imposti dal contesto, dal corpo, dal tempo. “L’arte non ha nulla da insegnare e non costituisce la salvezza”, afferma Michieletto, e il film sembra prendere sul serio questa posizione, rifiutando ogni retorica emancipatoria.

Sul piano visivo, l’eleganza è sempre temperata da un’economia di mezzi. In collaborazione con la direttrice della fotografia Daria D’Antonio, Michieletto rinuncia a riferimenti iconografici espliciti per privilegiare una luce naturale, non patinata, capace di lasciare respirare i corpi e gli spazi. È un cinema che nasce dall’intuito e che accetta il rischio di uscire dalla comfort zone per sperimentare un nuovo modo di guardare. Primavera si muove in questa direzione: non come risposta, ma come inizio. Una fessura aperta, ostinatamente, verso la possibilità di essere.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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