Al via il 78esimo Festival di Cannes. La Giuria si presenta tra politica e attualità

Juliette Binoche sfuggente e Jeremy Strong breve e incisivo. Il Festival di Cannes inizia con la consueta conferenza della Giuria Ufficiale, riflettendo sul panorama storico, politico, culturale che stiamo vivendo

Attualità, politica e sorpresa. Sono questi gli elementi che contraddistinguono il Festival di Cannes, edizione 78, che inizia come di consueto con la conferenza stampa della Giuria Ufficiale, quest’anno presieduta dall’iconica attrice francese Juliette Binoche. Insieme a lei altri otto membri chiamati a designare la Palma d’Oro 2025 (per cui concorre anche Fuori di Mario Martone): l’attrice e regista americana Halle Berry, la regista e sceneggiatrice indiana Payal Kapadia, l’attrice italiana Alba Rohrwacher, la scrittrice franco-marocchina Leïla Slimani, il regista, documentarista e produttore congolese Dieudo Hamadi, il regista e sceneggiatore coreano Hong Sangsoo, il regista, sceneggiatore e produttore messicano Carlos Reygadas e l’attore americano Jeremy Strong.

Al via il Festival di Cannes. Juliette Binoche in conferenza spiazza tutti

Tra MeToo, Donald Trump, il caso Gérard Depardieu, l’attrice è stata chiamata in causa su tante questioni caldissime a cui non si è sottratta (non ha potuto!), pur svicolando con poche parole. Riguardo il Presidente USA e la sua legge cinema, di cui si discute in questi giorni e che potrebbe portare a una crisi maggiore a livello internazionale, ha commentato: “Non sono sicura di essere in grado di rispondere a questa domanda perché richiede un’analisi dell’industria e del cinema nel mondo. Non ho gli strumenti per parlare della sua politica però mi sembra stia facendo di tutto per salvare il suo Paese… Insomma per salvarsi il culo”. Mentre sui fatti legati a Depardieu ha detto: “Non è un mostro, è un uomo. Dobbiamo pensare intensamente al potere che diamo alle persone”.

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78esimo Festival di Cannes

L’appello dei grandi del cinema riguardo Gaza

E non finisce qui… In questa prima giornata del Festival di Cannes non è mancato un “grido” di stop alla guerra a Gaza. “A Cannes l’orrore di Gaza non deve passare inosservato”, è stato detto e scritto. Da Richard Gere a Xavier Bardem, da Susan Sarandon a David Cronenberg, da Pedro Almodóvar a Paolo Sorrentino e Mario Martone, circa 400 artisti, tra cui appunto nomi importanti di Hollywood e del panorama cinematografico mondiale, hanno firmato una lettera apparsa sul quotidiano francese Libération, e ufficialmente ripresa poi da Variety, in cui è stato denunciato il silenzio di fronte a una guerra che ha ormai le sembianze effettive dello sterminio di massa. E giustamente questo appello conta sull’eco amplificato che può offrire la stessa cerimonia d’apertura del Festival. All’appello però manca proprio la firma della Binoche, che in conferenza stampa, tagliando corto e visibilmente in imbarazzo, ha dichiarato: “Non posso rispondere”.

Cinema come verità e comunità: le parole di Jeremy Strong

Il Festival di Cannes non è però solo politica, o meglio lo è, e tantissimo, ma soprattutto attraverso il cinema. Lo ha ricordato l’attore Jeremy Strong (per tutti star di Succession), membro della Giuria Ufficiale, che, ricordando lo scorso anno in cui non ha potuto accompagnare la delegazione del film The Apprentice, di cui faceva parte nei panni dell’avvocato e mentore di Donald Trump, Roy Cohn, ha affermato: “Vedo Roy Cohn essenzialmente come il progenitore delle fake news e dei fatti alternativi, e penso che stiamo vivendo le conseguenze di ciò che ha creato. Credo però che in questo periodo, in cui la verità è sotto attacco, in cui la verità è sempre più in pericolo, il ruolo delle storie, del cinema, dell’arte e, specificamente in questo tempio del cinema, il ruolo del cinema è sempre più cruciale perché può combattere quelle forze nell’entropia della verità e può comunicare verità. Verità individuali, verità umane, verità sociali, e affermare e celebrare la nostra comune umanità. Quindi direi che quello che sto facendo quest’anno è, in un certo senso, un contrappeso a quello che Roy Cohn stava facendo l’anno scorso”.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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