La Roma Santa e Dannata di Roberto D’Agostino e Marco Giusti al cinema

Il castigatore del mondo della politica e del jet-set con il suo Dagospia Roberto D’Agostino, e il critico cinematografico Marco Giusti, accompagnati alla regia di Daniele Ciprì, raccontano la Roma notturna ricostruendo tra aneddoti, luoghi e testimoni, il ritratto di una città che è prima di tutto mistero, segreti e trasgressione

Se Paolo Sorrentino ne ha raccontato La Grande bellezzaRoberto D’Agostino e Marco Giusti, con la regia di Daniele Ciprì, l’hanno mostrata Santa e Dannata. La protagonista è sempre lei, Roma, al cinema dal 6 all’8 novembre con Altre Storie un viaggio nella città eterna. Un viaggio notturno ma anche un racconto fatto di incontri e mistero in cui testimoni oculari sono Carlo Verdone, Enrico Vanzina, Sandra Milo, Massimo Ceccherini, Giorgio Assumma, Vera Gemma, Vladimir Luxuria, Carmelo Di Ianni. “Dio si è inventato una città con satana accanto, nella quale non c’è il mondo di dio contro il mondo dell’uomo. Roma tiene insieme tutto, grazie a una capacità che nasce da millenni di storia. Noi abbiamo solo provato umilmente a descriverla, perché non possiamo afferrarla. E già questo è stato un atto di arroganza”, parola del giornalista D’Agostino.

Roberto D'Agostino. Photo Benedetta Pistolini
Roberto D’Agostino. Photo Benedetta Pistolini


La Roma di Roberto D’Agostino e Marco Giusti

Roma Santa e Dannata è un racconto notturno, trasgressivo, oscuro, morale e immorale della città forse più contraddittoria di tutto l’Occidente. “Se c’è qualcuno che può raccontare e in qualche modo rappresentare il Grande Teatro capitolino è Roberto D’Agostino, romano di San Lorenzo, creatore e direttore del celebre sito Dagospia, definito da lui stesso ‘una portineria elettronica’. Un bollettino d’informazione che interpreta i retroscena politici, sociali, culturali, che avvolgono fatti e fattacci, verità e mezze verità, cioè pettegolezzi, del nostro straordinario e disgraziato Paese”, dice Ciprì. “Perché a Roma, la solidarietà non esiste, esiste la complicità. Ecco perché è la città che conta più di venti circoli ricreativi, dalla Caccia agli Scacchi, dall’Aniene al Tiro al volo. Battutacce feroci e improvvisazione cialtrona. Si recita a soggetto ovunque: al bar, per strada, nei ristoranti in cui la realtà supera sempre la fantasia. E tutto ciò che appare sui giornali e nei talk è solo una grande fuffa. A Roma, il vero potere non ha un volto. È come la patata: la parte migliore è nascosta sottoterra, e i suoi filamenti sono i fili che muovono i burattini tra le stanze damascate di Palazzo Chigi e dintorni”.

La Roma da surfisti nel cinema contemporaneo

Lo stesso Paolo Sorrentino di cui sopra è anche il produttore creativo di Roma Santa e Dannata. Un film che a quanto pare avrebbe voluto girare lui stesso e che in effetti in modo sincero e diretto mette in scena una ricostruzione di luoghi, personaggi e dinamiche che hanno tutte le carte in regola per fare invidia anche ai più grandi registi hollywoodiani. Roma Santa e Dannata tra aneddoti piccanti e un’interessante analisi del potere politico – che, come arriva, va via – riporta in vita anche memorabili locali notturni come il Piper, il Number One, il Muccassassina, il Degrado. E chi si chiede quindi ‘come sopravvivere a questa Roma così tumultuosa e ingannevole?’ risponde lo stesso D’Agostino: “Devi affrontare la vita come un surfista, non devi andare contro l’onda, la devi cavalcare, sennò affoghi. Il nostro scopo è arrivare a riva, non fare il Don Chisciotte contro i mulini a vento”. 

Il film Roma Santa e Dannata

Come si può leggere dalla sinossi ufficiale: gironzolando per le strade di Borgo Pio, navigando in barcone sul Tevere, incontrando personaggi e fantasmi, sempre indecisi se chiamare i carabinieri o gli infermieri, Dago e Giusti raccontano una città più misteriosa della formula della Coca Cola. Enigma perfetto da degradare a metafora: è un binario morto, una polpetta avvelenata, un bordello del pensiero, un pascolo di mostri, un imbuto enorme di demenza collettiva. Scriveva Chateaubriand: “è bella Roma per dimenticare tutto, disprezzare tutto, e morire”. E Fellini aggiungeva: “l’Urbe è un immenso cimitero brulicante di vita”. Città che dovrebbe porre all’ingresso del Raccordo Anulare l’iscrizione che Dante mette sulle porte dell’inferno: ‘’Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate’’. Un luogo dove si è sempre in attesa dell’arrivo dei barbari, ma una volta arrivati a Piazza del Popolo, non ci vorrà nulla a sedurli, a corromperli, a trasformare i barbari in Barberini; non ci vorrà davvero nulla ad attovagliarli con quattro sgallettate in minigonna inguinale da “Checco er Carrettiere” e tutti insieme vederli gorgheggiare “La società dei magnaccioni”: “Ce piacciono li polli, l’abbacchi e le galline, perché so senza spine, nun so’ come er baccalà”.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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