Tra gotico e grottesco. “Saltburn” di Emerald Fennel alla Festa del Cinema di Roma 

La regista inglese parla di tematiche sociali con toni profondi e cupi che prendono forma nel nuovo film presentato alla diciottesima rassegna cinematografica di Roma

Emerald Fennell è un’autrice. Al suo secondo lungometraggio, dopo il successo e gli onori di Una donna promettente, non c’è alcun dubbio. Ne è la prova Saltburn, presentato nella sezione Grand Public della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Un film che tra sfumature gotiche e grottesche approfondisce tematiche sociali tipiche dell’avant-pop cinematografico contemporaneo, come la disparità di genere, in un continuo gioco di riferimenti tra cinema e letteratura.  

Saltburn di Emerald Fennell alla Festa del Cinema di Roma

Siamo nel 2006, scelta azzeccatissima per far correre un brivido lungo la schiena dei Millennials, a Oxford, dove si incontrano uno studente di umile estrazione (in realtà, un piccolo borghese) di nome Oliver Quick (interpretato da Barry Keoghan) e un affascinante rampollo di una stralunata e hippie famiglia aristocratica di nome Felix Catton(il cui volto è quello di Jacob Elordi). La storia viene da sé, come spesso accade tra gli opposti, e la vena omoerotica inizia a pulsare, il sangue scorre irrorando una relazione di amicizia che ben presto si trasforma in una ossessione e in un intrigo. Chi si sta approfittando di chi? Barry Keoghan è ancora una volta l’estraneo che minaccia la tranquillità familiare, come ne Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos, ma è anche il mutaforme alla Matt Damon de Il talento di Mr. Ripley, un personaggio che costruisce la sua identità sulle menzogne, fino alla rivelazione finale.

Saltburn di Emerald Fennel, Festa del Cinema di Roma 2023
Saltburn di Emerald Fennel, Festa del Cinema di Roma 2023

Saltburn di Emerald Fennell: tra cinema e letteratura

A dire la verità la sceneggiatura questa volta è l’elemento meno interessante e più prevedibile dell’opera. A catturare l’attenzione è l’atmosfera e l’ambientazione grazie alla fotografia di Linus Sandgren e all’abilità di ricreare un intero scenario – dalle location ai costumi– capace di dialogare sia con l’heritage più british (che rimanda immediatamente all’impeccabile ricostruzione di Quel che resta del giorno o di Maurice di James Ivory), sia con l’esplosione rutilante dell’immaginario delle controculture e delle avanguardie fashion inglesi. L’occhio della macchina da presa è orientato all’erotizzazione dei conflitti e alla sessualizzazione dei corpi, fino alle due indimenticabili scene hot: quella della vasca (attualizzazione molto più spinta), della forma del desiderio espresso dalla Lucia di Silvana Mangano in Teorema di Pasolini, e quella vampiresca che torna sul tema che divide uomini e donne già in I Love Dick, ovvero la relazione tra sesso e ciclo mestruale. 
La musica fa il resto, trasformando delle impettite feste in costume in allucinati rave party. Tra ali da angelo e corna da cervo (che poco si discostano dai dress code di Euphoria), si consuma quello che a nostro avviso sarebbe dovuto essere il finale: tra urla disperate che sfumano nel silenzio, vestaglie vermiglie che svelano corpi nervosi protesi verso il labirinto e una tragedia sulfurea la cui spiegazione viene lasciata sullo sfondo. 

Carlotta Petracci 

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Carlotta Petracci

Carlotta Petracci

Sempre in bilico tra arte e comunicazione, fonda nel 2007 White, un'agenzia dal taglio editoriale, focalizzata sulla produzione di contenuti verbo-visivi, realizzando negli anni diversi progetti: dai magazine ai documentari. Parallelamente all'attività professionale svolge un lavoro di ricerca sull'immagine prestando…

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