Venezia 79: il film di apertura è White Noise tratto dal libro di Don De Lillo

Noah Baumbach torna alla Mostra del Cinema di Venezia con un film tratto da un romanzo di un grande autore. È il suo modo di fare cinema che si fonde con la storia scritta da Don De Lillo, e insieme smascherano la più grande paura umana: la morte

Rumore bianco, nel suo titolo originale White Noise, è il romanzo dell’amato autore americano Don De Lillo, pubblicato nel 1985, di grande attualità e finezza intellettuale. Forse però non sarebbe tornato di moda se al testo non si fosse interessato il regista Noah Baumbach. Lo stesso regista di Storia di un matrimonio che dopo il debutto alla Mostra del Cinema 2019 ottenne ben sei nomination e valse l’Oscar a Laura Dern. Non solo White Noise è un libro tornato tra gli scaffali delle librerie e nuovamente richiesto, ma è anche il film che dà il via alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia. “Un’opera originale, ambiziosa e avvincente, che gioca con misura su più registri: drammatico, ironico, satirico. Il risultato è un film che esamina le nostre ossessioni, i dubbi e le paure radicate negli anni Ottanta, ma con riferimenti molto chiari alla realtà contemporanea”. Queste le parole del direttore artistico Alberto Barbera nel darne notizia, e ora non si può che dargli ragione. White Noise è una cronaca familiare, una cronaca dell’assurdo finemente adattata per il grande schermo. Con l’uso di un linguaggio leggero, ironico e drammatico, ma prima di tutto profondo.

LA MORTE NEL FILM DI NOAH BAUMBACH

Con Adam Driver, Greta Gerwig e Noah Baumbach si accendono i riflettori della Mostra del Cinema di Venezia, il più importante appuntamento annuale dell’industria cinematografica – a detta anche di Bill Kramer, AD dell’Academy, per la prima volta ufficialmente alla Mostra. White Noise racconta di come una famiglia americana, nel pieno degli anni ‘80, affronta i conflitti della vita quotidiana, ordinari e straordinari, come portare i bambini a scuola, fare la spesa, andare a lavorare, essere un buon partner, cercare di rimanere in salute ma anche come incidenti, catastrofi, avvenimenti terribili che attirano l’attenzione, creano unità e discordia, diffondo una paura crescente e stabile, quella della morte. Momenti, che una volta passati portano però ad una ritrovata normalità, come se nulla fosse successo.
In White Noise l’informazione, e quindi la Tv, i giornali e la radio, diventano luogo di sublimazione della morte, luoghi in cui la morte trova la sua forma maggiormente sublime. Ad essere perseguitata maggiormente dallo spettro della morte in questa famiglia è Babette (Greta Gerwig). “Il rileggere questo libro mi ha fatto render conto di quanta qualità abbia nel linguaggio. Un linguaggio che costringe ‘ad ascoltarlo’, come se la scrittura avesse una qualità performativa e al tempo stesso emotiva e intellettuale”, dice l’attrice. “Nel mondo letterario del romanzo i personaggi sembravano più astratti. Le molte prove, che abbiamo potuto fare, hanno permesso che diventassero molto altro oltre le idee scritte”.

White Noise

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NOAH BAUMBACH E IL ROMANZO DI DON DE LILLO

Ho voluto fare un film pazzo come io sento in questo momento il mondo”. Classe 1969, Noah Baumbach è un regista, produttore e sceneggiatore. Non c’è alcun dubbio che la passione per il cinema e per la scrittura l’abbia ereditata dai genitori, lo scrittore e critico cinematografico Jonathan Baumbach e la critica del “Village Voice” Georgia Brown. Ha scritto e collaborato su diverse storie con Wes Anderson e i suoi film hanno sempre un velo di malinconia. Francesca Ha (2012), Mistress America (2015), The Meyerowitz Stories (2017) e Storia di un matrimonio (2019) sono i suoi film più conosciuti. Il suo è un percorso da cinema indipendente, un cinema di nicchia negli ultimi tempi però divenuto più popolare. Cosa ha spinto Baumbach a scegliere la storia di White Noise? C’è già chi lo inserisce tra i potenziali film per la corsa ai prossimi Oscar. “Ho letto il romanzo di Don DeLillo all’università, alla fine degli anni Ottanta e mi è sembrato come se fosse adesso, o meglio, l’adesso di allora. Il libro cattura perfettamente l’assurdità, l’orrore e la follia dell’America di quel periodo. L’ho riletto nei primi mesi del 2020 e mi è sembrato come se fosse adesso. Ma l’adesso di oggi. Poche settimane dopo, il mondo si è chiuso. Ho deciso di adattare il libro perché volevo fare un film che fosse folle come il mondo mi appariva. Non è solo il ritratto di un Paese, è anche la storia di una famiglia, del caos che cerca di nascondere, dei disastri da cui vengono travolti, del modo in cui fanno squadra e sopravvivono. Come scrive De Lillo, ‘Traendola da un persistente senso di disastro su larga scala, continuavamo a inventare la speranza’”.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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