Rai Storia potrebbe chiudere per sempre. La spending review della tv pubblica italiana

Accorpare Rai Storia con Rai 5, chiudere Rai Sport e il canale istituzionale. Ecco le proposte presentate dall’amministratore delegato per alleggerire le spese dell’emittente televisiva pubblica

Da alcuni giorni si sta rincorrendo la notizia su diverse testate riguardo a grossi cambiamenti nel servizio televisivo pubblico. Tutto parte dal bilancio fortemente in rosso della Rai, che il 30 giugno 2020 si è trovata con un debito totale di 275,9 milioni (che erano invece 239,1 nel 2019). Stando a quanto riportato da Il fatto quotidiano, per i conti di quest’anno si prevede una perdita di 130 milioni, che potrebbe arrivare a 190 milioni nel 2021. Covid e conseguente crollo della raccolta pubblicitaria non aiutano.

L’ACCORPAMENTO DI RAI STORIA E RAI 5, LA CHIUSURA DI RAI SPORT

A partire da questo allarme pare che Fabrizio Salini, amministratore delegato, abbia presentato in Consiglio di Amministrazione Rai una severa spending review considerata necessaria per salvare l’azienda. Quest’ultima includerebbe l’accorpamento di Rai5 e Rai Storia, oltre che lo stop (per ora) ai progetti della rete istituzionale e di quella in inglese e la chiusura di Raisport, che pur non riscuotendo un’alta percentuale di share si occupa della promozione di sport minori. Si teme che siano in arrivo tagli ulteriori, riferiti a edizioni dei tg e ad alcuni programmi. “Questa è la notizia che circola da un po’ sui giornali. La conferma verrà data prossimamente”, risponde l’ufficio stampa Rai, interrogato da Artribune. “Non possiamo né confermare né smentire, non abbiamo ricevuto disposizioni in merito. Non sappiamo quando verrà definita l’intera situazione”.

IL MINISTRO FRANCESCHINI A PROPOSITO DI TELEVISIONE E SETTORE CULTURALE

Per il mondo della cultura si tratterebbe di una notizia pesante visto il lavoro di nicchia ma di qualità svolto da Rai Storia. Anche se un accorpamento con Rai 5 potrebbe avere il suo senso e le sue ottimizzazioni creando un’unica emittente focalizzata su arte, cultura e storia capace di raccogliere maggior pubblico e autorevolezza magari avendo più concentrazione finanziaria per le produzioni, le collaborazioni, gli investimenti. Considerando anche che entrambe le emittenti oggi sono gestite da Rai Cultura e, chissà, proprio questo potrebbe essere  Il quadro però si fa non poco paradossale considerando che proprio a fronte dell’ultimo Dpcm che chiude cinema&teatri il ministro Dario Franceschini era intervenuto con una nota stampa rivolgendosi proprio ai canali televisivi, incoraggiandoli a dare più spazio alla cultura: “In un momento così difficile il ruolo delle emittenti televisive può essere determinante per sostenere il mondo della cultura e dello spettacolo, già duramente colpito dalla prima fase della pandemia. La televisione può esercitare la propria vocazione di fondamentale industria culturale del Paese, contribuendo a mantenere vivo il legame del pubblico con quello straordinario insieme di talenti e professionalità che incarna la musica, la prosa, l’opera, la danza, il cinema e molte altre forme espressive e creative”, aveva incalzato il rappresentante MIBACT. Che, tra le altre cose, sta progettando una “Netflix della cultura” (sic!) con decine di milioni di investimenti pubblici e di Cassa Depositi e Prestiti. Ma insomma, gli investimenti statali per parlare di cultura in tv ci sono o non ci sono? E se ci sono perché si disperdono per mille rivoli invece di realizzare un unico canale, potente, capace di realizzare produzioni di altissimo profilo sia in modalità broadcast che on demand?

CONTRO LA CANCELLAZIONE DI RAI STORIA

Tra i motivi per cui gli italiani pagano il canone in bolletta e garantiscono alla Rai quasi 2 miliardi di euro di finanziamento pubblico c’è proprio la produzione e trasmissione di programmi culturali, soprattutto di quella programmazione che potrebbe risultare meno sostenibile a livello commerciale”, ha intanto tuonato Michele Anzaldi di Italia Viva in un articolo pubblicato sull’Huffington Post. “Se c’è da fare risparmi di spesa per il calo della raccolta pubblicitaria causato dall’emergenza, perché a pagare deve essere proprio quella programmazione che, in virtù del canone, dovrebbe essere sempre garantita?”.

LA PETIZIONE PER SALVARE RAI STORIA

E intanto su Change.org è partita la petizione per salvare Rai Storia, in cui leggiamo, “Fatti per la Storia, portale che fa dell’accessibilità della divulgazione storica in Italia la sua mission, intende rimarcare l’importanza culturale e la funzione sociale di un canale pubblico come Rai Storia, soprattutto in un contesto storico in cui si taglia continuamente su scuola, università e ricerca. Con questa petizione vogliamo sottolineare come, a differenza della proposta presentata in CdA Rai, il canale Rai Storia vada potenziato, migliorato e maggiormente pubblicizzato. La divulgazione storica può essere un antidoto ad una pericolosa deriva antiscientifica e revisionista (quando non sfocia nel negazionismo complottista tout court). Una deriva a cui assistiamo sempre più spesso nel dibattito pubblico nazionale, soprattutto in merito a tragici periodi della nostra storia. Difendiamo Rai Storia perché è la nostra voce sul piccolo schermo e perché senza conoscenza del passato non può esserci costruzione del futuro”. Ecco il link per sottoscrivere la petizione ammesso che siate convinti che un’ottimizzazione dei canali possa essere cosa accettabile in un momento di dura crisi. Anche perché queste intemerate di indignati suonano via via sempre peggio: un po’ come i tanti scandalizzati della chiusura dei cinema che non mettono piede in un cinematografo dal 2003…

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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