Visione e cambiamento. Virginia Mori firma il manifesto di Pesaro 56

Apertura, cambiamento e visione attraverso il volto di una donna con indosso un occhiale anni ‘70 e un’onda che fuoriesce. La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro ha coinvolto l’illustratrice Virginia Mori per la realizzazione del manifesto della 56esima edizione.

In un anno di grande caos sanitario, economico e culturale ci sono diversi festival che si stanno riorganizzando e preparando a edizioni insolite e speciali. La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema per la sua 56esima edizione (a Pesaro dal 22 al 29 agosto 2020) sta preparando un programma che coniugherà il suo passato più interessante al futuro del nuovo cinema. Per la realizzazione del manifesto di questa edizione speciale è stata coinvolta Virginia Mori, intervistata per l’occasione da Artribune.

Come nasce questo legame con la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro? È la prima volta che collabori con loro?
Essendo di Pesaro e avendo studiato a Urbino, sono molto legata a questo festival. In più, collaborando con Virgilio Villoresi, che è stato anche lui autore dei manifesti del festival, sono sicuramente arrivati ai miei lavori. Il festival si svolge nel centro della città e per chi come me è di questo posto è un vero rito annuale. Sono stata molto contenta di venire coinvolta per questa edizione in parte “speciale”. Questa è la prima volta che collaboro con il festival come grafica, ma negli anni scorsi ho presentato diversi miei corti d’animazione.

Il manifesto che hai realizzato raffigura il volto di una donna con un taglio di capelli molto in voga nell’ultimo periodo …
Pedro Armocida, il direttore del festival, mi ha lasciata totalmente libera riguardo all’idea del manifesto. Questo perché quest’anno la Mostra del Cinema di Pesaro non ha un tema preciso, essendo un’edizione insolita. Ho quindi utilizzato una caratterizzazione stilistica che fa parte del mio lavoro. Un taglio di capelli moderno ma anche anni ’50, anche perchè la moda si ripete continuamente. Per il manifesto ho deciso di affidarmi a tre elementi fondamentali: il concetto di apertura, di visione. Ho unito questa idea a una caratteristica della città di Pesaro che è il mare.

Virginia Mori firma il manifesto di Pesaro 56

Virginia Mori firma il manifesto di Pesaro 56

Infatti c’è quest’onda che esce dagli occhiali.
Esatto, proprio per evidenziare questo concetto di apertura. L’onda è la metafora del cambiamento, un cambiamento positivo in cui, se da un lato qualcosa si perde, dall’altro porta qualcosa di nuovo.

Gli occhiali da sole sono un evidente riferimento cinematografico.
Cinefilo ed estetico, in quanto gli occhiali sono la riproduzione della montatura tipica degli anni ’70 e che fa riferimento a Pasolini e Godard in particolare modo. Sono i due registi che a livello personale hanno stravolto la mia idea di visione e cambiamento. Ho voluto quindi inserire questo piccolo omaggio a due grandi autori del cinema.

Come mai nel tuo percorso tornano spesso ritratti di donne in situazioni un po’ inquietanti? Cosa non presente in questo manifesto…
No assolutamente, guardando verso i concetti di apertura e futuro per questo manifesto non ho voluto inserire altro tipo di esperienza visiva. Ho giocato con gli elementi metaforici e caratteristici del mio lavoro, senza introdurre alcun elemento inquietante. Nonostante questi occhiali ipnotici siano abbastanza ambigui. In molti nei miei lavori c’è la presenza di una sorta di inquietudine ma in altri si ha una percezione del tutto differente, ironica. Lo spettatore in questo ha una interpretazione libera che mi piace.

Come mai il tuo principale “arnese” di lavoro è la penna bic?
In realtà è la penna con cui tutti siamo cresciuti. È sempre stato un mezzo con cui ho disegnato e scritto e alla fine mi è rimasto in mano anche nel lavoro. Ho una manualità con questo oggetto che mi permette di creare molte sfumature come fosse una matita. Anche se non mi concentro mai sul mezzo ma sempre sull’idea che voglio rappresentare. La ricerca del mezzo, della tecnica rimangono sempre indietro rispetto a quella che è la ricerca sull’idea e sull’impatto. La ragione è quindi la naturalezza e la spontaneità.

Avendo tu molta esperienza anche nell’animazione, quale è la tua idea su questo genere cinematografico italiano? L’animazione italiana purtroppo non riscuote molto successo tra il pubblico che frequenta le sale cinematografiche.
Il mio tipo di animazione è un’animazione d’autore che purtroppo non è facile realizzare in Italia. Quasi sempre ho realizzato delle cose all’estero e in particolare in Francia. In Italia credo che si faccia un po’ fatica sia per la mancanza di linearità e sia per il percorso meccaminoso dei finanziamenti, non di certo per la mancanza di autori bravi che ci sono. In più, anche la pubblicizzazione incide. E per i lungometraggi d’animazione, è ovvio che se un film va in sole due sale ha una limitata possibilità di essere raggiunto e visto!

-Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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