Mind the Gap: apre la settima edizione del Milano Design Film Festival: ecco cosa accadrà

La casa come rifugio e il consumismo secondo la nouvelle vague, le derive dell’intelligenza artificiale e la violenza dell’uomo sulla natura, le donne del Bauhaus e il “deserto rosso” di Antonioni. La se-lezione del Milano Design Film Festival in programma questo weekend dimostra che, in fondo, tutto è progetto.

I tempi sono maturi. La settima edizione del Milano Design Film Festival, curata da Antonella Dedini eSilvia Robertazzi insieme a Porzia Bergamasco, apre le porte  all’Anteo Palazzo del Cinema, al Teatro della Triennale e nelle sale dell’Ordine degli Architetti di Milano. La rassegna quest’anno porta il titolo di Mind The Gap– il riferimento è allo scarto tecnologico e alla convivenza, in questo nostro tempo, di diverse generazioni con competenze e modi di intendere la professione differenti – e ruota attorno al progetto in tutte le sue declinazioni. Silvia Robertazzi per spiegarci quanto tutto ciò che ci circonda sia progetto tira in ballo Orson Wells: “Tutti sanno il prezzo delle cose, ma pochi sanno riconoscerne la qualità”. La citazione, che può sembrare criptica, allude al fatto che, nonostante gli esempi di good designsiano moltissimi, e giustamente celebrati, raramente si parla del sostrato culturale e sociale della progettazione. Del contesto in questa attività si sviluppa, per esempio, delle necessità alle quali dovrebbe rispondere o ancora dei mezzi che le permettono di concretizzarsi. All’interno del ricco palinsesto possiamo isolare diversi filoni tematici, dalla natura alla tecnologia.

CHE COSA RENDE UN FILM UN “FILM DI DESIGN”?

La guest curator Alice Rawstorn, che ha ispirato le curatrici dell’MDFF con il suo recente libro “Design as an attitude”, ha preparato un’elegantissima selezione di pellicole che a uno sguardo superficiale potrebbero apparire lontane dall’universo del design, ma che in realtà rispondono a domande che chiunque si sia accostato alla progettazione si è necessariamente posto. Quanto il consumismo impatta la vita politica? Nell’interpretazione di Buster Keaton in “One Week” la casa diviene un regalo fai-da-te a scadenza, in “Due o tre cose che so di lei” di Jean-Luc Godard la critica al consumismo è tanto aspra da trasfigurarsi letteralmente in prostituzione. O ancora, che impatto ha il cosiddetto progresso sulle nostre vite? Per Michelangelo Antonioni in “Deserto Rosso” lo choc è devastante, così come gli effetti dell’industrializzazione selvaggia in territori incontaminati. Della selezione fanno parte anche film scelti per il loro virtuosismo tecnico e stilistico, come “L’Inhumaine” di Marcel Herbier, che nel 1924 unisce il talento dello scenografo brasiliano Alberto Cavalcanti, l’architetto Robert Mallet-Stevens, l’artista Fernand Léger, il couturier Paul Poiret (tra gli altri) e la poesia del cinema muto per creare un capolavoro che, nonostante lo scarso successo commerciale, ha influenzato figure chiave nella storia del design come Charlotte Perriand. La stessa curatrice introdurrà il film di Alain TannerUne ville à Chandigarh” come esempio di documentario di design per eccellenza, capace di raccontare il progetto nel suo contesto di ricezione e il costo umano di una creazione tanto poderosa e iconica.

The Human Shelter, still

The Human Shelter, still

LA CASA, INDISPENSABILE RIPARO O BENE DI LUSSO?

Un tema che ricorre in numerosi titoli è quella del ruolo sociale e del peso economico della casa. All’Anteo “The Human Shelter”, del regista danese Boris Benjamin Bertram, aprirà le danze cercando di delineare le diverse declinazioni del concetto di abitazione, definita dalla percezione quanto dalle circostanze dei suoi abitanti. Molto più forte è, invece, la scelta di inserire il documentario “Push” di Fredrik Gertten, vincitore del Politiken Audience Award 2019, che con interventi di Joseph Stiglitz e Leilani Farha (Relatrice Speciale delle Nazioni Unite) si interroga sulla crescita anomala del mercato immobiliare che ha trasformato un bene primario, la casa, in un bene di lusso. Uno sguardo diverso e più ampio verso l’urbanizzazione piegata dalla speculazione edilizia, che mina la tradizione culturale ed il modo di abitare storicamente condiviso dalla società iraniana, lo troviamo in “Hashti Teheran”di Daniel Kötter.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E GRANDI BIOGRAFIE

Altro focus importante del Festival è quello sulla tecnologia e la proiezione futura dell’integrazione sempre più determinante dell’Intelligenza Artificiale. Tra gli altri “The Truth about Killer Robots” di Maxim Pozdorovkin analizza i rischi politici, economici, sociali e umani posti dalla neuro-robotica. Nella raccolta delle grandi biografie colpisce favorevolmente l’inserimento di “The Women of the Bauhaus” di Susanne Radelhof, che racconta il ruolo marginalizzato della donna nella scuola dell’avanguardia nel campo del design a 360°, il Bauhaus di Weimar. Molto più ampio, ed inusuale, è lo sguardo dell’unico filmato di Aldo Rossi con Gianni Braghieri e Franco Raggi, e la regia di Luigi Durissi, che nel 1973 ci racconta l’architettura in “Ornamento e Delitto”. “Latte e Caffè” di Antonello Matarazzo dipingerà la poetica di Riccardo Dalisi mentre, in prima assoluta in Italia verrà proiettato “Chair Times. A History of Seating” di Heinz Bütler. Rolf Fehlbaum stesso presenterà il documentario, realizzato in collaborazione con il Vitra Design Museum, presso la Triennale di Milano, lasciando emergere dalla sua esperienza di collezionista la forza della vera avanguardia progettuale fondata su una solida ricerca e sulla indiscutibile capacità produttiva capace, dunque, di generare prodotti di qualità ed estetica intramontabile.

Latta e caffè, Antonello Matarazzo

Latta e caffè, Antonello Matarazzo

BLOOM, LA NUOVA SEZIONE DEDICATA AL PAESAGGIO

Grande apertura verso il rapporto tra uomo e paesaggio, cui viene dedicato uno spin-off di MDFF Bloom, curato dal botanico e paesaggista Antonio Perazzi, secondo cui “la natura, oggi, deve essere ancora spiegata”. Il curatore, che ha scelto le pellicole da proporre al pubblico lasciandosi guidare da una concezione del tempo molto diversa dalla nostra, ovvero la scala temporale della natura e del paesaggio, ci spiega che “abbiamo moltissime informazioni sulla Natura dal punto di vista scientifico ma abbiamo bisogno, ora più che mai, di metterle in pratica, e lo strumento è il progetto integrato, un dialogo concreto tra l’uomo e l’ambiente”. I testimoni scelti spaziano da Roberto Burle Marx, che ha disegnato giardini imperituri “andando oltre l’arte ed oltre la botanica” (in Landscape Film di Joao Vargas), allo Studio Ghibli e alle sue figure fantastiche, alle foreste che rappresentano le vere protagoniste del documentario “Treeline. A Story Written in Rings” di Jordan Manley.

UN PREMIO PER IL MIGLIOR FILM DI ARCHITETTURA

Per la prima volta anche il film d’architettura viene premiato con L’AFA Achitecture Film Award, supportato dalle curatrici e dalla Fondazione dell’Ordine Architetti PPC della Provincia di Milano, che ospiterà parte della rassegna. In giuria il regista e docente Maurizio Nichetti, Roberto Pisoni(Direttore Sky Arte HD), Davide Rapp (architetto, regista e rappresentante della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano), Marco Della Torre (architetto e designer, coordinatore della Direzione dell’Accademia di architettura di Mendrisio – USI) e il regista Francesco Clerici. Al vincitore spetterà un premio di 7 mila euro mentre e 3 mila euro sono previsti per la categoria Studio’s Film.

-Flavia Chiavaroli

Milano Design Film Festival / Milano, dal 24 al 27 ottobre
A cura di Antonella Dedini e Silvia Robertazzi, con Porzia Bergamasco
Anteo Palazzo del Cinema e altre sedi

www.milanodesignfilmfestival.com

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Flavia ChiavarolI

Flavia ChiavarolI

Architetto, exhibition designer e critico freelance. Osservatrice attenta e grande appassionata di architettura ed arte moderna e contemporanea riporta la sua esperienza nell’organizzazione di workshop, collabora con artisti e fotografi e aggiornando i principali social network. Dal 2012 si occupa…

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