Too much

Giuliano Montaldo torna alla regia con un film sul pezzo. “L’industriale” coglie i temi scottanti di questi anni e li mette in forma in un film godibile e calibratamente impegnato. E questo è il primo tempo. Poi le cose - almeno cinematograficamente - si guastano…

Gli elementi per un film di qualità ci sono (c’erano) tutti ne L’industriale di Giuliano Montaldo (classe 1930, già regista de I demoni di San Pietroburgo). Una storia originale e intrisa di realtà, che trae spunto da tante situazioni di crisi aziendale all’ordine del giorno e si ispira – senza nasconderlo – all’epopea della Fiat a Torino. Un attore protagonista, Pierfrancesco Favino, “faccia di gomma” bravo e versatile, una più pop, Carolina Crescentini, che ben si difende, e un buon ritmo iniziale del film. La fotografia di Arnaldo Catinari e la scelta di realizzare il film in un suggestivo bianco e nero tendente al seppia che contribuisce a generare un’atmosfera grigia e fredda, in una Torino plumbea, completano il quadro di buone speranze.
Il film, presentato fuori concorso al Festival del cinema di Roma, racconta la storia di Nicola Ranieri (Pierfrancesco Favino), 40enne torinese che ha ereditato dal padre una fabbrica che produce pannelli solari, ma si trova sull’orlo del fallimento e non può più ottenere prestiti dalle banche. La moglie Laura (Carolina Crescentini), figlia unica di una famiglia ricchissima, vorrebbe aiutarlo economicamente, spinta anche dalla madre Beatrice (Elisabetta Piccolomini), che non tollera il fallimento di Nicola, ma lui non vuole mollare.

È proprio il “non mollare” la caratteristica principale di Nicola: vuole farcela, e farcela da solo. Così cerca in tutti i modi di ottenere una joint venture con un gruppo tedesco, grazie alla mediazione dell’avvocato Ferrero, un sempre impeccabile Francesco Scianna. Privato e pubblico si incrociano nel film, dove tante forze contrapposte si mischiano e si trovano a lottare: tenacia e insicurezza, amore e solidarietà rifiutata in nome dell’orgoglio, insoddisfazione di coppia e desiderio di ciò che non si ha. Laura, moglie aristocratica, si innamora di un garagista rumeno, Gabriel (Eduard Gabia), l’unico che la ascolta, diversamente da Nicola, troppo preso dai suoi pensieri e dal suo senso di responsabilità per accettare di condividere con la moglie i suoi problemi.
E così, non per mancanza di amore, ma per incapacità di dimostrarlo e comunicarlo, i due entrano in crisi. C’è di mezzo l’avvocato Ferrero, ma soprattutto c’è di mezzo Gabriel, che porta Nicola in un turbine di gelosie fino a fargli pedinare la moglie, in questo tradimento platonico che ha dell’infantile. Le vicende private e professionali di Nicola Ranieri si sovrappongono in un vortice sempre più stretto e sempre più veloce, capace di sorprendere lo spettatore. Eppure, dal secondo tempo in poi si vira eccessivamente verso il melodramma. La figura di Gabriel e in parte anche quella di Laura risultano stereotipate ed esili, e i coup de théâtre finali colpiscono, sì, ma hanno dell’irrealistico e dell’eccessivo.

lindustriale 2 Too much

Giuliano Montaldo - L’industriale

Un film troppo carico: gli operai in rivolta, l’industriale sull’orlo della bancarotta e in crisi matrimoniale, la moglie bambina che cerca ascolto altrove e lo trova nel garagista rumeno, la mamma-padrona di lei, l’avvocato di famiglia che lavora per Ranieri perché segretamente innamorato di sua moglie. Troppo, troppo. Indubbiamente un film godibile e non banale, ma si arriva in fondo con una sensazione di stucchevolezza che toglie credibilità e lascia sul volto un sorriso scettico.

Silvia Novelli

Giuliano Montaldo – L’industriale
Italia / 2011 / 94’


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Silvia Novelli

Silvia Novelli

Silvia Novelli, classe 1984, lavora in ambito comunicazione e come giornalista free lance e blogger. Toscana doc, vive a Milano: ci ha messo quattro anni per amarla, ma adesso non vuole più andarsene. Si è occupata anche di cronaca per…

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