Ci sono anche tre opere di Maurizio Cattelan per “Santa”: performance e arte contemporanea si incontrano a Reggio Emilia
Uno spettacolo itinerante intreccia danza, musica, arte contemporanea e architettura: un’opera site specific immersiva e radicalmente sperimentale, a cura del Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto

Un luogo che è stato a lungo anima non solo industriale della città ed è, oggi, al centro di un virtuoso processo di recupero e ri-attivazione. E poi la danza e l’arte contemporanea insieme: sono questi gli ingredienti alla base di un progetto che, nella sua concreta realizzazione, si è arricchito di sapidità ulteriori e inattese, tratte dall’urbanistica, dalla storia locale, dalla sociologia e finanche dalla neurologia applicata alle arti. Santa – il titolo fa riferimento al quartiere Santa Croce di Reggio Emilia in cui si trova il Reggiane Parco Innovazione, luogo dell’azione performativa – è frutto di un’intuizione di Gigi Cristoforetti, direttore del Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto, che ne ha affidato la curatela a Nicolas Ballario – autore anche della drammaturgia – e la coreografia a Lara Guidetti, direttrice artistica della compagnia Sanpapié, co-produttrice del progetto. Ad arricchire Santa, tre opere di Maurizio Cattelan, generosamente concesse dall’artista.














“Santa” e lo spazio Reggiane Parco Innovazione
Le Officine Meccaniche Reggiane, nate nel 1904, diventarono presto il principale polo industriale di Reggio Emilia, occupandone un’area assai ampia e dando lavoro a migliaia di persone – ogni famiglia reggiana poteva contare almeno un membro impiegato alla fabbrica. Le Officine costruirono treni e, successivamente aerei: nei periodi bellici si trasformarono inevitabilmente in fabbriche di armi. Nel 1943, però, gli operai scioperarono contro quella guerra insensata e nove di loro vennero brutalmente fucilati, come ricorda ancora oggi una targa. Il secondo dopoguerra fu assai duro, con licenziamenti di massa e, nel 1951, una lunga occupazione – durante la quale gli operai progettarono e costruirono un innovativo trattore – conclusasi con la liquidazione coatta dell’azienda.
L’ampia area occupata dalla Officine Meccaniche Reggiane, per un certo tempo abbandonata, di recente è stata virtuosamente oggetto di un coerente progetto di rigenerazione urbana che ha condotto alla nascita di Reggiane Parco Innovazione: i capannoni che ospitavano i macchinari industriali sono stati gradualmente trasformati in uffici e luoghi di ricerca: l’università di Modena e svariate start up, imprese ad alta tecnologia e ordini professionali ma anche luoghi di ritrovo – la sede-teatro della compagnia MaMiMò, locali e uno spettacolare skate park… Uno spazio immenso insomma, in cui il passato non è stato cancellato e dove il futuro si preannuncia concretamente nelle sue visionarie potenzialità.
L’idea alla base del progetto “Santa”
Nicolas Ballario, curatore di Santa, sottolinea come alla base del progetto ci sia certo un’indubbia – e necessaria aggiungiamo noi – “nostalgia urbana” ma anche la volontà di immaginare un futuro in cui non soltanto scompaiano le inani distinzioni fra le arti, ma si sviluppi uno sguardo capace di comprendere insieme quanto è stato, quanto è e quanto potrebbe essere in quel determinato luogo. Ecco, dunque, che Santa – il quartiere certo ma pure un’idea del tutto laica e nondimeno profondissima e problematica di spiritualità – si propone non solo come una performance itinerante site-specific ma come un esperimento – pionieristico e appassionato – di contaminazione dei linguaggi dell’arte visiva e delle arti performative e di messa alla prova della capacità di questo nuovo idioletto di contenere in sé storia e progettazione, nostalgia e visionarietà.

Com’è costruito il progetto “Santa”
Muniti di cuffie, i viaggiatori/visitatori si muovono all’interno degli spazi – già trasformati ovvero ancora da rifunzionalizzare – delle Officine Reggiane, accompagnati dalla musica e dalle parole di Ballario – che in due frangenti compare anche dal vivo – e dalle azioni di quattro danzatori – candida camicia e bermuda azzurro aviazione. Un itinerario compiuto a stretto contatto con i performer, che abitano e rivitalizzano vari spazi, seguendo una partitura coreografica che sa far dialogare animato e inanimato, corpi e luoghi che sono qualcosa di più di una scenografia industriale. Un percorso nello spazio ma anche nel tempo, arricchito dalla presenza, lungo il percorso, di tre opere di Maurizio Cattelan: Homeless (2025), L.O.V.E (2010) e la scultura-autoritratto Untitled (2001). Artefatti artistici che Ballario inserisce senza forzature nel proprio racconto, in cui la vicenda storica delle Officine Reggiane – durante il periodo di abbandono, meta di numerosi senzatetto, ecco dunque Homeless – si combina con la descrizione delle opere e condivide pensieri e domande – queste ultime mute ma decisamente esplicite – con la danza.
Un’esperienza di arte totale, dunque, ma Santa è soprattutto un tentativo – riuscito – di ristabilire un dialogo, conturbante ed emozionante, fra vivi e morti, fra il presente che talora è sordo al passato e la memoria ancora pulsante dei luoghi, fra le arti formalizzate e accademiche e quelle contaminazioni artistiche che provano a immaginare il futuro.
Santa debutta il 12 giugno e la coinvolgente esperienza potrà essere vissuta per tre fine settimana (dal giovedì al sabato) fino al 5 luglio.
Laura Bevione
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