Intelligenza Artificiale etica. A Pompei i robot aiutano gli archeologi a ricomporre gli affreschi

La prima sperimentazione, durata quattro anni e applicata a due importanti affreschi frammentati del Parco Archeologico, è stata un successo. Anche perché ha previsto un utilizzo “etico” della tecnologia: ce lo spiegano il direttore di Pompei e il coordinatore del progetto

Una infrastruttura robotica, guidata dall’Intelligenza Artificiale, per la ricomposizione degli affreschi frammentati: il progetto RePAIRReconstructing the Past: Artificial Intelligence and Robotics Meet Cultural Heritage, finanziato dall’Unione Europea, vuole affiancare agli archeologi delle strumentazioni di supporto che li aiutino nella ricostruzione. La prima sperimentazione, condotta nell’arco di quattro anni al Parco Archeologico di Pompei e appena conclusasi, è stata un successo.

A Pompei il progetto RePAIR

La ricerca, riportano da Pompei, ha avuto per oggetto due importanti affreschi in stato frammentario conservati nei depositi del Parco Archeologico: da una parte ci sono quelli, già oggetto di studi degli esperti di pitture murali dell’Università di Losanna, del soffitto della Casa dei Pittori al Lavoro (nell’Insula dei Casti Amanti), prima danneggiati nell’eruzione del 79 d.C. e poi ridotti in frantumi dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale; dall’altra invece ci sono quelli della Schola Armaturarum, coinvolti nel crollo dell’edificio nel 2010. Mentre i team di robotica si sono occupati della progettazione e realizzazione del sistema, la cui infrastruttura è stata sistemata nella Casina Rustica, gli esperti in IA e machine learning hanno elaborato e definito gli algoritmi per la ricomposizione degli affreschi. In seguito alla digitalizzazione dei frammenti, il gruppo di ricerca ha realizzato anche delle repliche artificiali da  sottoporre al sistema robotico nelle fasi di test (conservate anche per poter studiare e preservare i reperti ulteriormente).

L’IA al servizio della cultura

Partito a settembre 2021, il progetto è stato coordinato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e ha coinvolto università e istituti di ricerca in Europa e in Italia, tra cui l’Istituto Italiano di Tecnologia e ovviamente la stessa Pompei, ma ci sono anche l’Associacao do Instituto Superior Tecnico Para a Investigacao e Desenvolvimento del Portogallo, la Rheinische Friedrich Wilhelms Universitat di Bonn in Germania e, unica non europea, la Ben-Gurion University of the Negev, oggetto quest’ultima di un boicottaggio internazionale per il suo supporto all’invasione e allo sterminio perpetrati dalle forze israeliane a Gaza. Il progetto di cooperazione internazionale “ha messo insieme mondi apparentemente lontani, le più avanzate tecniche di intelligenza artificiale e la robotica, con l’archeologia e la preservazione dei beni culturali, patrimonio dell’umanità. Ha rappresentato un primo, pionieristico passo verso un traguardo ambizioso: eliminare una delle attività più laboriose e frustranti della ricerca archeologica, consentendo così di convogliare energie e competenze preziose verso attività più propriamente scientifiche e creative”, ha sottolineato il professor Marcello Pelillo, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e coordinatore di progetto.

Un utilizzo etico dell’IA

Un utilizzo dell’IA che, quindi, non va a detrimento del lavoro e della professionalità di archeologhe e archeologi, ma che lo affianca nelle sue mansioni più meccaniche. Questa tematica di utilizzo appropriato della tecnologia è stata affrontata dallo stesso direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel: “Il Futuro dell’archeologia presuppone un uso eticamente corretto dell’intelligenza artificiale. È una grande sfida affrontare la ricomposizione di una immensa mole di frammenti, come ad esempio quelli danneggiati durante i bombardamenti di Pompei nel 1943, e che dovrebbe essere possibile grazie alla forma e alla decorazione singolare di ogni elemento. Ma nessun essere umano ci riuscirebbe da solo. È qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale, che ci aiuta ad affrontare la complessità dei materiali archeologici, e che in futuro avrà un ruolo centrale nell’archeologia, se pensiamo anche alle quantità di dati che emergono negli scavi di archeologia preventiva su cantieri in tutta Italia. Ci vogliono, tuttavia, competenze e valori condivisi per utilizzare l’intelligenza artificiale in modo scientificamente ed eticamente corretto e Pompei sta partecipando a questo sviluppo globale”.

Gli affreschi di Pompei ricostruiti con il progetto RePAIR

Ma nella pratica come si è intervenuti sui frammenti? “Dopo aver acquisito e digitalizzato le immagini dei singoli frammenti il sistema cerca di risolvere il “puzzle” e la soluzione trovata viene inviata alla piattaforma hardware che, utilizzando due bracci robotici dotati di “soft hand”, colloca automaticamente i frammenti nella posizione desiderata. Si tratta di un puzzle estremamente complesso, formato da centinaia o migliaia di frammenti spesso logorati o gravemente danneggiati, senza conoscere in anticipo quale dovrebbe essere il risultato finale, continua il professor Pelillo. “Manca, per così dire, l’immagine sulla scatola che possa guidare il lavoro”. Un quadro complicato dal fatto che i pezzi recuperati rappresentano spesso solo una parte dell’opera originaria, di cui in ogni caso è difficile stabilire l’effettiva provenienza“poiché non di rado i frammenti, pur appartenendo a opere differenti, risultano mescolati tra loro”.

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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