Il giornalista Claudio Pagliara è alla guida dell’Istituto Italiano di Cultura di New York. L’intervista 

Si è concluso meno di un mese fa il mandato di Fabio Finotti, l’ex direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, a succedergli è il giornalista e saggista Claudio Pagliara, su nomina del ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. La pluriennale esperienza di corrispondente Rai da Parigi, Gerusalemme, Pechino e, più recentemente, da New […]

Si è concluso meno di un mese fa il mandato di Fabio Finotti, l’ex direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, a succedergli è il giornalista e saggista Claudio Pagliara, su nomina del ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. La pluriennale esperienza di corrispondente Rai da Parigi, Gerusalemme, Pechino e, più recentemente, da New York ha dato modo al nuovo direttore di indagare approfonditamente le dinamiche culturali e sociali delle grandi metropoli, applicando gli insegnamenti e le riflessioni in programmi e iniziative che animeranno il calendario dell’Istituto a partire da ottobre. Volevamo saperne di più e gli abbiamo rivolto qualche domanda. 

Intervista a Claudio Pagliara, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York

Quali saranno le nuove linee che guideranno l’Istituto Italiano di Cultura di New York?
L’obiettivo primario è quello di portare la cultura italiana, in tutte le sue sfaccettature, all’attenzione di tutti coloro che la amano: non solo degli italiani espatriati, dunque, ma anche – e oserei dire soprattutto – degli italoamericani e degli americani tout court. In questo anno speciale, che vede gli Stati Uniti celebrare il loro 250º compleanno, intendo porre la maggior parte degli eventi sotto l’ombrello “250 anni di amicizia”. La cultura è sempre stata un ponte tra i due popoli, e continua a esserlo. In questo quadro, una delle iniziative di punta coinvolgerà scienziati e ricercatori italiani che hanno raggiunto negli Stati Uniti posizioni di rilievo: li inviterò a parlare davanti a un pubblico misto dei traguardi raggiunti e di come sono riusciti a superare gli ostacoli. Sarà un ciclo di conferenze, con cadenza mensile, che si intitolerà Il coraggio di sognare.

Quale sarà il primo progetto culturale che porterà la sua firma?
A ottobre proietteremo il documentario Liliana alla presenza del regista Ruggero Gabbai. È la storia di Liliana Segre, senatrice a vita, sopravvissuta ad Auschwitz. In un momento in cui l’antisemitismo è in ascesa, credo sia doveroso per l’Istituto ricordare il passato e insegnare alle nuove generazioni il vero significato di una frase che si ripete spesso: “Mai più”. Un altro progetto cui tengo molto consiste nella rivitalizzazione della biblioteca dell’Istituto, una gemma di 30mila volumi. Intendo aprirla al pubblico con iniziative mirate: un book club per gli amanti della letteratura italiana classica e contemporanea e un rereading in Italian, appuntamenti settimanali per i figli di italiani che studiano nelle scuole statunitensi e non vogliono perdere il contatto con la lingua di Dante.

Quali sono i criteri nella scelta della programmazione artistica?
Il primo criterio è la qualità della proposta culturale e la sua capacità di entrare in dialogo creativo con artisti che operano nello stesso campo negli Stati Uniti. Il secondo criterio è la novità: voglio portare forme di espressione artistica italiana poco conosciute qui e che invece possono risuonare in contesti affini. Penso, ad esempio, al libro illustrato: a Bologna si tiene un festival che ha pochi rivali al mondo. Portare illustratori italiani a dialogare con colleghi americani sarebbe certamente proficuo. Un altro filone ancora poco valorizzato è quello degli street artist. Inoltre, intendo dare spazio a una componente della cultura italiana che può risuonare profondamente in questa città: la cultura ebraica. Roma ospita la più antica comunità ebraica della diaspora e, in due millenni di presenza, ha sviluppato forme culturali uniche, di grande interesse anche a New York.

Le prossime iniziative dell’Istituto Italiano di Cultura di New York 

Per il Mese della Cultura Italiana a ottobre quali sono le iniziative in programma?
In occasione del Mese della Cultura Italiana, e in particolare della Settimana della Lingua, ho scelto di organizzare una serie di tre concerti con artisti italiani che incorporano il dialetto regionale nei loro testi musicali. Questo progetto vuole valorizzare la ricchezza linguistica e culturale del nostro Paese, rafforzando così il concetto di italianità, che è anche il tema portante di questa settimana. L’iniziativa si inserisce in un più ampio programma di promozione delle attività universitarie, realizzate in collaborazione con l’Istituto, con l’obiettivo di coinvolgere attivamente studenti e docenti nella diffusione della lingua e della cultura italiane.

In che modo l’IIC intende collaborare con istituzioni locali (musei, università, gallerie, festival) a New York? 
È importante per l’Istituto collaborare con istituzioni locali come musei, biblioteche, gallerie e laboratori di ricerca nel campo scientifico. Metterò al servizio dell’Istituto la rete di contatti con i vertici delle principali istituzioni culturali di New York – dalla Carnegie Hall al MET, dal Metropolitan Opera al MoMA – che ho costruito durante la mia lunga carriera di giornalista internazionale: 25 anni trascorsi all’estero, in alcune delle più importanti metropoli del mondo – Parigi, Gerusalemme, Pechino e, negli ultimi sei anni, New York e Washington D.C. 

E in che modo prenderanno forma queste collaborazioni?
Un esempio concreto. Il MET nella primavera del 2026 allestirà una imponente mostra su Raffaello. Come Istituto, organizzeremo una serie di eventi collaterali sul Rinascimento.

Ci sono progetti in cantiere con realtà italiane all’estero o con artisti italiani emergenti?
Attribuisco grande importanza alla promozione di giovani talenti italiani negli Stati Uniti. Ci sono scrittori e artisti che meritano di essere conosciuti maggiormente. Rispetto al passato, cercherò di portarli all’Istituto coinvolgendo critici americani, in modo da aumentare le loro possibilità di successo in questo straordinario Paese.

L’Istituto Italiano di Cultura a New York e il legame con il territorio 

Pensa che l’IIC di New York dovrebbe aprirsi a proposte culturali “dal basso”, magari in collaborazione con le comunità italiane locali, realtà o professionisti indipendenti?
Non parlerei tanto di un approccio “dal basso”, quanto piuttosto di una collaborazione tra tutte le realtà del territorio: le università, le altre organizzazioni che promuovono la cultura italiana. L’Istituto intende organizzare eventi in altre sedi, oltre che a Park Avenue, dove si trova. Vogliamo raggiungere gli amanti della cultura italiana in tutti e cinque i borough, senza trascurare le altre aree di competenza: New Jersey, Connecticut, Boston, Filadelfia. Tutto ci è possibile solo in collaborazione con istituzioni e organizzazioni che operano sul territorio. Un’attenzione speciale intendo averla per  gli italoamericani. I figli, i nipoti, i pronipoti dei milioni di italiani che sono giunti a Ellis Island oltre un secolo fa si sono  integrati, ma restano orgogliosi – a volte più di noi italiani – delle loro radici. L’Istituto intende offrire loro prodotti culturali che combinino tradizioni e modernità.

Valentina Muzi 

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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