The Ed Gein Story, la serie sul serial killer di cui si sono nutriti cinema e cultura pop

Il nuovo capitolo della serie antologica Monster, prodotta da Ryan Murphy e protagonista Charlie Hunnam, riguarda l’origine del male e della mostruosità

C’è qualcosa di profondamente inquietante e insieme necessario nel modo in cui Ryan Murphy continua a guidare gli spettatori verso l’abisso. Dopo Dahmer e The Menendez Murders, la terza stagione della serie antologica Monster affronta una figura che ha dato forma al nostro immaginario dell’orrore: Ed Gein, il contadino del Wisconsin che la stampa ribattezzò “Il macellaio di Plainfield”. Un uomo reale, ma da sempre sospeso tra cronaca e mito, diventato ispirazione per capolavori cinematografici come Psycho, Non aprite quella porta e Il silenzio degli innocenti. La sua vicenda è la radice di un incubo collettivo che, da decenni, si rigenera e si rinnova nel cinema, nella letteratura e nella cultura pop.

Monster: The Ed Gein Story

In questi giorni in vetta alle classifiche Netflix – seppur ampiamente discusso e in parte non apprezzato – la serie Monster: The Ed Gein Story ha per protagonista Charlie Hunnam, che incarna con rigore e anche pietas il padre di tutti i serial killer. L’attore ha raccontato di aver affrontato il ruolo con “una responsabilità enorme”, deciso a restituire non soltanto il criminale, ma “l’uomo dietro il mostro”. Per costruire il personaggio, Hunnam ha studiato oltre 120 rapporti clinici compilati durante i trent’anni che Gein trascorse in un ospedale psichiatrico, scavando tra le diagnosi e le parole di medici e infermieri per comprenderne la fragilità e la deformazione psicologica. “Non volevo celebrare l’orrore”, ha dichiarato, “ma capire come nasce. Il mio Ed è un uomo profondamente solo, incapace di vivere senza l’unico affetto che conoscesse: sua madre”.

La grande performance di Charlie Hunnam

Tutto in lui – la voce tremula, i gesti lenti, la postura curva – è il risultato di un lavoro minuzioso di sottrazione e umanità. Hunnam costruisce un personaggio che non spaventa soltanto ma che disorienta, che costringe a guardarlo con un atteggiamento inquieto. Murphy, già creatore di American Horror Story, chiarisce che la serie non è una glorificazione del male, ma un’indagine morale e sociale. “Monster non è mai solo una storia di sangue,” spiega. “Ogni stagione è un commento su qualcosa di più grande: la solitudine, il disagio maschile, la follia, il modo in cui la società abbandona i malati mentali”. In questa visione, Gein diventa un simbolo archetipico e al tempo stesso modernissimo: È, in un certo senso, il primo incel della storia. Un uomo isolato, frustrato, incapace di rapportarsi con le donne, cresciuto in un mondo che giustificava la violenza”.

Una serie che va oltre l’horror e commenta la società

Disgustoso, scioccante, disorientante, Monster: The Ed Gein Story è tutto questo e molto di più. È una serie che va oltre l’orrore per diventare riflessione, e oltre la ferocia per trasformarsi in specchio. Murphy, da sempre interessato al confine tra mostruosità e compassione, porta il racconto del crimine dentro una dimensione umana e metaforica, dove il vero orrore non è ciò che vediamo, ma ciò che riconosciamo. Perché secondo Murphy il mostro, in fondo, non è mai solo l’altro. È ciò che la società crea e poi rifiuta, ciò che abita le sue crepe, la sua incapacità di comprendere la fragilità e il dolore. Ed è forse per questo che, dopo aver guardato The Ed Gein Story, ci si scopre inquieti, turbati e – inspiegabilmente – più umani.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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