La storia di Antonio Martino detto Totò, leggendario libraio di Porta Portese a Roma 

È morto lo scorso 15 settembre lo storico libraio romano, presenza insostituibile del mercato di Porta Portese. Coltissimo, trasversale, con una memoria di ferro, ha fatto parte dell’ultima generazione d’oro di librai ed è stato testimone di un mercato e di un ecosistema fragile dove però nessuno si sente straniero

“Guarda che cielo, oggi è una tavola” mi disse una volta all’alba il banchista di Porta Portese con cui lavorai lì per un anno e mezzo vendendo libri usati: prime edizioni di Gadda, album illustrati di Saul Steinberg, L’arte della falsificazione dell’arte di Arnau, l’autobiografia di Carmelo Bene, storia locale italiana dell’800, cose del genere. Porta Portese è un mercato allo scoperto dove il vero dominus è il meteo. Se diluvia bisogna montare in fretta i teli di protezione e fare a sportellate con i teli dei banchi opposti. Come tutti i mercati simili è scoperto anche esistenzialmente. Si impara solo col tempo, che quello che dei banchisti sembra folklore — un’umanità immediata, disponibile però volubile, all’improvviso silente, naif o spigolosa, — è invece la scorza che serve per sopravvivere a un lavoro a contatto continuo col pubblico. Pubblico che la grande distribuzione del libro non conosce: l’appassionato, il curioso, il ricercatore, il collezionista, l’antiquario e la sua evoluzione, il modern dealer su Instagram. Figure che vivono di ossessioni e attese. Per i venditori, i ritmi di questo mercato sono usuranti, divorano il tempo, la salute, i fine settimana. “A Porta Portese ci si incastra”, mi ha detto senza mezze misure uno che ci lavora fin da ragazzo. 

Il mercato dei libri 

Ogni articolo che parla di libri dovrebbe iniziare con un dato: l’Istat definisce “lettore forte” – colui che regge economicamente il mercato – il cittadino che legge 12 libri l’anno. Nelle librerie da tempo non esiste più l’offerta di un catalogo (neanche tramite le cosiddette “vecchie giacenze”), gli editori si sono accodati a questa realtà, in cerca del singolo libro che sbanchi la classifica, un numero primo che raramente rappresenta o trascina la saggistica dello stesso editore. Quando poi si parla di libri e librai del mercato dell’usato, si tocca con mano la valle di lacrime. Nonostante uno degli uomini più ricchi e influenti al mondo sia un libraio, nelle case non c’è più spazio per l’idea di una biblioteca privata, e anche una libreria fa fatica a trovare una parete libera per gli scaffali. 

Il mercato del libro usato è ovviamente un mondo agli antipodi della galassia del nuovo e del suo spasmodico bisogno di emergere. Niente uffici stampa e marketing, recensioni, presentazioni. Zero fascette, reading, festival, vetrine a pagamento. Zero dibattiti sui trend e sulla fine dei libri di carta, perché come diceva Walter Pedullà, “nulla è più inedito del già edito”. I librai dell’usato sono gli unici a sapere quali autori continuano a vendere nel tempo, segreto a cui non accede neanche l’algoritmo impietoso della grande distribuzione. 

La scomparsa di Antonio Martino, il libraio di Porta Portese 

È per questo che dietro la scomparsa prematura di un libraio dell’usato si trovano le coordinate di un mondo che non ha ancora ammainato la bandiera. È il caso di Antonio Martino, detto Totò, storico libraio romano, presenza insostituibile del mercato di Porta Portese e in quello di recente istituzione, Esquilibri, sotto i portici di piazza Vittorio. La sua libreria “Della Fronda” è stata per decenni il punto di riferimento per migliaia di studenti di filosofia di Villa Mirafiori. Era poi passato a San Lorenzo con la sua Libreria Popolare. Coltissimo, trasversale, con una memoria di ferro, ha fatto parte dell’ultima generazione d’oro di librai di Porta Portese, quella che si affaccia nei primissimi Anni ‘90. Aveva il banco a via Angelo Bargoni, ovvero il punto intorno alla vecchia stazione dei treni dove ante 1945 si sviluppò il primo embrione del mercato. La tradizione di librai nei mercati è lunga, risale fino ai tempi del più grande mercato popolare, quello di piazza Navona, che durò per secoli.  

antonio martino porta portese La storia di Antonio Martino detto Totò, leggendario libraio di Porta Portese a Roma 
Antonio Martino a Porta Portese

I libri di Porta Portese 

La Porta Portese libresca – oggi localizzata in tre strade unite da due slarghi – è una storia popolata ancora ostinatamente dai romani, venditori e clienti. Entrambi si percepiscono come fanno i dublinesi di periferia del film “The Commitments”: “Gli irlandesi sono i più negri d’Europa. I dublinesi sono i più negri d’Irlanda. E noi di periferia siamo i più negri di Dublino”. Entrambi resistono alla voce che vuole “Porta Portese finita”. È solo un cliché. A leggere gli archivi dei giornali, ciclicamente il mercato è stato dato per finito, esaurito, devitalizzato. Ricordo ancora il gesto di una signora, scesa da Monteverde a mezzogiorno, che pescò dall’enorme banco l’unico libro senza sovraccoperta e senza frontespizio, e pretendeva di non pagarlo, proprio perché ridotto in forma anonima. Ecco, quella signora annoiata e stizzita cercava il pretesto per liquidare Porta Portese come “inutile safari domenicale”. Lo faceva probabilmente dal 1945. 

Invece è un mercato vivo, con le sue regole, dove gli orari sono fondamentali: un libraio arriva con le proprie casse e il banco da montare, ma prima dell’alba è in giro per rigattieri o altri banchi all’ingrosso. È così che Porta Portese scava dentro se stessa. Il mercato richiede concentrazione e preparazione perché un libro non si giudica dalla copertina e devi riconoscere i dorsi disposti su banchi da 4 metri, si va in apnea pronti all’incanto. Nel buio, prima dell’alba, ci sono libri che appaiono come bagliori da un altro mondo. La copertina verde peyote della prima edizione del “Pasto Nudo” di Burroughs, la sfiori con le dita e sembra una tavoletta da squagliare. Quel vecchio manualetto per programmi Radio Rai, apparentemente anonimo, devi sapere che lo ha redatto Carlo Emilio Gadda, o lo rimpiangerai per sempre. Ricordo il fulgore mattutino della copertina di “Cina e altri orienti” di Giorgio Manganelli, uno dei libri di viaggio più belli del ‘900 italiano, che Adelphi ristampò 39 anni dopo la prima e unica edizione Bompiani. 

Porta Portese oggi 

Nei decenni sono cambiati gli scenari. La truppa di rigattieri e venditori occasionali e irregolari a cui potevano attingere prima dell’alba si è notevolmente ridotta. Prima una casa da svuotare di mobili, quadri e libri finiva al 90% a Porta Portese, negli ultimi anni solo il 20%. La stessa anagrafe del lettore forte era diversa: biblioteche private rimesse in circolo negli anni 90 coprivano i migliori decenni della letteratura del 900. Braccata oggi dalla nuova concorrenza dei mercatini conto terzi, la vera alternativa rottamatrice – molto più che eBay – diffusa nei quartieri di Roma, la Porta Portese dei librai dell’usato ha resistito grazie a templari come Antonio Martino e altri nomi (a cui piace rimanere nell’ombra), consapevoli pure dell’assenza di una nuova domanda di livello. Ma quale può essere la domanda da lettori forti se nessuno è interessato a costruire una biblioteca personale? Oggi la prima elegante edizione di “Ore giapponesi”, capolavoro di Fosco Maraini, a mezzogiorno è ancora lì sul banco: un tempo non sarebbe sopravvissuta alle nove del mattino. 

L’ecosistema dei libri usati in Italia 

Oltre la perdita umana, la scomparsa di Martino è una falla dentro un ecosistema già fragile, dove ogni banco che scompare non viene sostituito, ma si porta via un lessico, un interlocutore, un archivio vivente, una forma di intelligenza popolare, a cui chiedere informazioni e pareri. Non è una questione di libri belli e libri brutti da instagrammare, ma di sapere classicamente inteso. Dieci anni fa, su segnalazione di una vicina di casa, trovò di notte un libro in una cassa abbandonata per strada: era l’edizione stampata ad Amsterdam nel 1694 della guida illustrata degli antichi monumenti ed edifici di Roma di Alessandro Donati. Un pezzo d’antiquariato. Ma in una Roma che perde pezzi di storia più recente, il suo banco, che fosse a Porta Portese o Piazza Vittorio, non era solo un mucchio di libri nei cartoni, ma un punto di approdo dopo tanto dragare la città, uno dei posti dove non ci si sentiva stranieri a Roma.  

Stefano Ciavatta 

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Stefano Ciavatta

Stefano Ciavatta

Giornalista. Scrive di gente e cose di Roma. Writer, talk, consulenze, ricerche, storie.

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