Il dolore della guerra e la speranza di una pace duratura. Nei lavori di 5 artisti palestinesi
Hazem Harb, Mohammed Al-Hawajri, Khalil Rabah, Saj Issa e Dima Srouji sono solo alcuni degli artisti palestinesi che, attraverso molteplici linguaggi, danno forma al loro dolore per il genocidio in corso nella Striscia di Gaza

Da oltre due anni, la Striscia di Gaza è costantemente colpita da razzi e bombardamenti, con la distruzione di campi profughi, ospedali e infrastrutture, causando centinaia di migliaia di morti, in gran parte donne e bambini.
Uno scenario di guerra che, seppur spesso “invisibile” agli occhi del mondo, si protrae da decenni segnando la vita delle comunità locali, e degli artisti che ne fanno parte.
Vulnerabilità, memoria, identità, politica e senso di collettività sono i temi al centro delle ricerche di cinque artisti contemporanei che, attraverso una forte identità visiva, stanno lasciando un segno nel panorama dell’arte globale.
Hazem Harb

Nato a Gaza nel 1980, Hazem Harb è un artista noto per l’uso di diverse tecniche che ruotano attorno ai documenti d’archivio, rielaborandoli in opere capaci di trasmettere il dolore della perdita, il trauma della guerra e la fragilità dell’esistenza umana in un contesto di costante instabilità.
Il lavoro di Harb è riconosciuto a livello internazionale e ha ottenuto ampio riconoscimento in paesi come Inghilterra, Stati Uniti, Italia, Palestina, Emirati Arabi Uniti e Giordania. Harb è inoltre considerato uno dei dieci giovani talenti più influenti del panorama mediorientale dalla Quattan Foundation.
Mohammed Al-Hawajri

Nato nel 1976 nel Campo Profughi di Bureij, nella Striscia di Gaza, Mohammed Al-Hawajri ha fondato nel 2002 il gruppo Eltiqa’ per l’Arte Contemporanea, attivo nel territorio.
Tra il 2008 e il 2009 ha risieduto presso la Cité Internationale di Parigi grazie a una borsa di studio. Ha inoltre partecipato per tre anni consecutivi (1999, 2000, 2001) alla Summer Academy supervisionata da Marwan Kassab Bashi e organizzata presso Darat al-Funun ad Amman, in Giordania, dove ha vinto il primo premio nella mostra finale.
Il suo lavoro è stato esposto in Palestina e all’estero, in paesi come Regno Unito, Francia, Italia, Svizzera, Austria, Giappone, Argentina, Stati Uniti, Emirati, Bahrain, Qatar, Giordania, Egitto, Libano, Germania e Spagna.
Khalil Rabah

Artista concettuale nato a Gerusalemme nel 1961, Khalil Rabah è noto per un lavoro che interroga i concetti di identità e storia, attraverso pittura, scultura e installazioni. Le sue opere offrono una riflessione acuta sul contesto storico palestinese e sulle sue molteplici interpretazioni.
Vive e lavora a Ramallah, dove è direttore artistico della Biennale di Riwaq, fondatore del Palestinian Museum of Natural History and Humankind e co-fondatore della Fondazione Al Ma’mal per l’arte contemporanea di Gerusalemme.
Ha partecipato a numerose rassegne internazionali, tra cui la 53ª Biennale di Venezia, l’11ª Biennale di Sydney e la 9ª Biennale di Istanbul. Nel 2024 è stato protagonista della mostra The Palestinian Museum of Natural History and Human ospitata dalla Fondazione Merz.
Le sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti di istituzioni come il British Museum (Londra), il Centre Pompidou (Parigi), il Metropolitan Museum of Art (New York) e il Guggenheim Abu Dhabi.
Saj Issa

Artista palestinese-americana nata a Saint Louis e cresciuto tra il Midwest e la Cisgiordania, Saj Issa ha conseguito il suo BFA alla Webster University e il suo MFA all’Università della California, Los Angeles.
È stata una dei tre artisti selezionati per la Biennale dei Grandi Fiumi 2024, ospitata dal Museo d’Arte Contemporanea di St. Louis, dove ha presentato una serie di sculture dedicate alla flora della Palestina.
Nella sua pratica multidisciplinare utilizza diverse tecniche, tra cui anche la pittura. Con l’intensificarsi del conflitto, Issa ha iniziato a dipingere quotidianamente un papavero sanguinante, diventato un simbolo della sua protesta artistica e politica.
Dima Srouji

Dima Srouji è un architetto e artista visiva che esplora il terreno come spazio culturale e collettivo. Nelle sue opere, le “crepe” nel suolo diventano spiragli di liberazione immaginaria, una forma di evasione poetica dalla realtà oppressiva. Utilizza materiali come vetro, archivi, mappe, calchi in gesso e pellicole, trattandoli come oggetti evocativi ed emotivi, che le permettono di interrogarsi sul significato del patrimonio culturale. È stata Jameel Fellow presso il Victoria & Albert Museum (2022–2023) e attualmente guida lo studio Underground Palestine nel Master in City Design presso il Royal College of Art di Londra. Le sue opere fanno parte delle collezioni permanenti di importanti istituzioni internazionali, tra cui Stedelijk Museum (Amsterdam) Victoria & Albert Museum (Londra), Institut du Monde Arabe (Parigi), Corning Museum of Glass (New York), Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, Art Jameel, Sharjah Art Foundation.
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