CAMERA a Torino: i primi 10 anni di un grande polo per la fotografia. Intervista al Presidente

L’istituzione nacque nell’autunno del 2015 come progetto di portata internazionale, con un solido partenariato privato e l’obiettivo di dar vita a un centro culturale interamente dedicata alla fotografia

Un tempo ospitava le prime scuole gratuite del Regno di Sardegna lo storico edificio che da ormai dieci anni è sede di CAMERA a Torino, il Centro italiano per la fotografia, tra Piazza Vittorio Veneto e Piazza Castello. L’istituzione nacque nell’autunno del 2015 come progetto di portata internazionale, con un solido partenariato privato e l’obiettivo di dar vita a un centro culturale interamente dedicato alla fotografia. Fin dall’inizio, il Centro si è proposto quale piattaforma multifunzionale – espositiva, educativa e archivistica – in grado di promuovere e valorizzare la fotografia non solo come linguaggio artistico, ma anche come strumento di conoscenza e riflessione sociale. Jérôme Sessini, Antonio Ottomanelli, Lise Sarfati, Stefano Cerio, Paolo Pellegrin, Valerio Spada, Sandy Skoglund, Gianni Berengo Gardin, Larry Fink, Jacopo Benassi, Eve Arnold, Jacopo Valentini, Margaret Bourke-White, Alfred Stieglitz, Edward Steichen, Paul Strand, Walker Evans, André Kertész e molti altri ancora sono i nomi, dai più storici a quelli contemporanei, che hanno preso parte alla programmazione dell’istituzione attualmente sotto la direzione artistica di Walter Guadagnini. Infatti, gli oltre 2.000 metri quadrati di superficie espositiva ospitano ogni anno almeno tre mostre principali, accanto a progetti collaterali che coinvolgono artisti affermati e giovani talenti. Ma anche eventi, talk e incontri aperti al pubblico, ospitati nella sala Gymnasium, conferiscono al Centro un ruolo istituzionale, quale luogo di confronto e dibattito sulla fotografia, tra narrazione, ricerca e sperimentazione culturale.

L’intervista che segue al Presidente di CAMERA Emanuele Chieli, realizzata in occasione del decennale, offre la possibilità di ripercorrere le tappe di questo percorso, riflettendo sugli obiettivi raggiunti e quelli da raggiungere, su come in questi anni sia cambiata l’educazione all’immagine e sugli (eventuali) scenari futuri della fotografia. 

L’intervista a Emanuele Chieli per i 10 anni di CAMERA a Torino 

Presidente Chieli, CAMERA quest’anno festeggia 10 anni: come nacque questo progetto nel 2015 e quali erano gli obiettivi iniziali? Quali, oggi, quelli raggiunti?
Il progetto nacque dall’intuizione e dalla volontà di un gruppo di persone che a diverso titolo si impegnarono per rendere realizzabile quella che all’inizio era solo un’idea. Si voleva far nascere in Italia un’istituzione culturale esclusivamente dedicata alla fotografia; guardammo ai più virtuosi modelli internazionali e analizzammo alcuni casi nazionali meno fortunati. Ebbero un ruolo fondamentale Piero Fassino, allora Sindaco di Torino, Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, Paolo Scaroni, allora amministratore delegato di Eni, Francesca Lavazza e Lorenza Bravetta, che definì il progetto e lo diresse il primo anno. Ci prefiggemmo di diventare l’istituzione di riferimento per la fotografia in Italia. Oggi ritengo che tale obiettivo sia stato raggiunto. Abbiamo adesso il dovere di consolidare e rafforzare questo ruolo, pronti a collaborare con altre istituzioni nazionali e straniere nell’intento di diffondere la cultura – e la passione – fotografica.

Fin dall’inizio CAMERA si è presentata come centro espositivo, educativo e di studio. Come si è articolata questa triplice declinazione nel tempo?
L’attività è stata da subito immaginata secondo queste tre declinazioni. L’attività espositiva è per definizione quella più visibile, ma è alimentata dalle altre, che al contempo influenza: un continuo scambio di risorse e idee che rende l’attività espositiva, l’attività didattica e l’attività di ricerca positivamente interdipendenti tra loro.

Quanto è importante per l’istituzione essere radicata a Torino pur operando secondo uno spirito internazionale?
È molto importante. Sono convinto che CAMERA, per come è stata immaginata e per come si è sviluppata, non avrebbe potuto nascere altrove. Guardando avanti non possiamo che immaginare una maggiore proiezioni nazionale e internazionale, ma rimaniamo fortemente consapevoli dell’importanza del radicamento locale.

C’è un’esposizione (o anche più) che ritiene simbolica per la storia di CAMERA?
Naturalmente tutte le esposizioni sono state importanti e la fine di ognuna è sempre un momento di grande tristezza. Tra queste credo che l’esposizione della collezione Thomas Walther, organizzata nel 2022 in collaborazione con il MOMA di New York, il Jeu de Paume di Parigi e il MASI di Lugano sia stata un punto di svolta nel nostro percorso di crescita e di visibilità internazionale. E sono convinto che senza quell’esposizione non avremmo ricevuto il prestigioso premio internazionale Lucie Spotlight Award – nato per celebrare individui e istituzioni con un ruolo fondamentale nella promozione della fotografia – che CAMERA ha ricevuto pochi mesi fa.

La fotografia tra educazione all’immagine e archivi 

Quanto è cambiata l’educazione all’immagine in questo decennio?
L’educazione all’uso consapevole delle immagini e alla lettura critica delle stesse deve evidentemente stare al passo con i tempi e con il processo di trasformazione delle modalità di rappresentazione fotografica: è quindi in continua evoluzione, oggi in modo molto più rapido che in passato.

Qual è il valore, anche sociale, dello studio e della conservazione degli archivi fotografici oggi?
Sono profondamente convinto del grande valore sociale, oltre che artistico, degli archivi fotografici. CAMERA, pur non avendo un archivio proprio, è molto impegnata nello studio e nella valorizzazione di numerosi archivi fotografici nazionali, pubblici e privati. Anche alcune delle mostre proposte a CAMERA sono state occasione di rilettura di materiali di archivio, con l’obiettivo di sottolinearne la contemporaneità ed enfatizzare l’attualità di molti dei temi trattati: gli archivi fotografici sono parte della nostra memoria collettiva, ci ricordano da dove veniamo e dovrebbero ispirarci nel pianificare il futuro, mettendoci in guardia dal commettere gli errori del passato.

Negli anni CAMERA ha saputo essere testimone di linguaggi e pratiche diverse. Quali sono, secondo lei, gli scenari futuri per un centro come questo? E come immagina CAMERA tra altri dieci anni?
Ce lo siamo chiesto e ce lo chiediamo tutti i giorni. Durante questi primi 10 anni CAMERA ha saputo crescere e ritagliarsi un proprio spazio. Oggi credo che con maggiore consapevolezza e altrettanto senso di responsabilità CAMERA debba guardare a un’espansione della propria attività, sia nella diffusione della cultura fotografica, sia nel rafforzamento della propria attività di promozione di artisti. Tra 10 anni vorrei che CAMERA potesse rafforzare il proprio ruolo di centro di riferimento per la fotografia in Italia e che il proprio raggio di azione potesse essere più ampio, sia a livello nazionale che internazionale.

Caterina Angelucci

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Caterina Angelucci

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci (Urbino, 1995) è laureata in Lettere Moderne con specializzazione magistrale in Archeologia e Storia dell’arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Oltre a svolgere attività di curatela indipendente in Italia e all'estero, dal 2018 lavora come…

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