Apre a Palazzo Strozzi di Firenze la grande mostra sul Beato Angelico 

Due sedi e 140 opere per omaggiare il beato pittore. La mostra che si snoda tra Palazzo Strozzi e San Marco è stata messa insieme grazie ad un pool di curatori

Un progetto ad ampio respiro con quattro anni di gestazione alle spalle è quello dedicato a Fra Giovanni da Fiesole, noto ai più come Beato Angelico. A curare l’intero marchingegno espositivo, proposto da Palazzo Strozzi e dal Museo di San Marco è un team di curatori composto da Carl Brandon Strehlke, Curatore emerito del Philadelphia Museum of Art, con Stefano Casciu, Direttore regionale Musei nazionali Toscana, e Angelo Tartuferi, già Direttore del Museo di San Marco.  

La grande mostra di Beato Angelico a Firenze 

140 opere provenienti da musei, collezioni private, chiese di tutta Europa e degli Stati Uniti compongono una grande mostra che giunge per la prima volta a Firenze 70 anni dopo l’imponente esposizione dei Musei Vaticani e del Museo di San Marco per il cinquecentenario dalla morte dell’artista (Roma, 1455). Nato Guido di Piero nel 1395 a Vicchio di Mugello, prende il nome di Fra Giovanni da Fiesole. L’appellativo di “Angelico” gli fu conferito da Giorgio Vasari ne Le Vite (anche se alcuni documenti del 1469 in ambito domenicano già lo riportano con questo nome), grazie all’aura spirituale che pervadeva tutte le sue opere, mentre la beatificazione giunge nel 1982, per volere di Giovanni Paolo II. Quella che Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi, definisce “un’impresa straordinaria”, ha tra gli altri meriti di inserire l’artista frate domenicano, nella cornice dei coevi, immergendo le sue opere tra i lavori di Lorenzo Monaco, alla quale bottega Beato Angelico si formò prima di prendere i voti, Masaccio, Filippo Lippi, Lorenzo Ghiberti e Luca della Robbia, del quale l’esposizione presenta uno splendido busto. 

Il percorso espositivo 

Ha partecipato Beato Angelico alla rivoluzione? Con questa mostra intendiamo affermare che sì, Fra Giovanni vi ha partecipato”. Così Carl Brandon Strehlke, richiamandosi alla scrittrice Elsa Morante e intendendo “la rivoluzione delle arti durante il Rinascimento”, introduce l’esposizione, nata grazie ad una collaborazione con la Direzione regionale Musei nazionali Toscana del Ministero della Cultura. Si parte dagli esordi dell’artista (“un elemento non secondario della sua grandezza che inoltre ne rimarca la diversità rispetto a Masaccio, come nota Tartuferi), con un focus importante al Museo di San Marco che documenta quello che forse è il momento più controverso nella storia dell’artista.  Prima di essere frate (prenderà i voti nel 1420) Angelico è pittore, consolidandosi come maestro tardo gotico per poi diventare il campione del Rinascimento fiorentino che tutti conosciamo, con un’opera innovativa che comunque affonda le radici nella tradizione giottesca. Ma l’esposizione non dimentica di raccontare le grandi committenze, gli incontri, l’esperienza romana dell’artista, quella forse più difficile da ricostruire anche per l’assenza di molte opere. Beato Angelico si sposta infatti nella Capitale nel 1445 per volere di Papa Eugenio IV e dipinge successivamente la Cappella Niccolina in Vaticano, diventando ufficialmente un artista papale. 

Beato Angelico, un artista contemporaneo 

L’attualità delle opere di Angelico e dei coevi viene riconfermata dall’allestimento, che oltre a salvaguardarne la monumentalità e la sacralità in un assetto totalmente museale, ne evidenzia la freschezza nella disinvoltura con cui le sale di Strozzi passano da opere contemporanee a quelle realizzate da un maestro di questo calibro. Ad accogliere il pubblico è la Pala Strozzi che vede insieme operare Monaco e Beato Angelico in un impianto maestoso. Di pochi anni più tardo è il Giudizio Universale, nel quale l’uso dell’oro e del fondo blu impreziosiscono un racconto complesso ed articolato. I colori brillanti, l’uso della foglia oro, la lezione dell’arte amanuense della miniatura sono tra le cifre stilistiche dell’artista. 

Il convento di San Marco 

Coinvolgente e commovente nella tessitura del racconto è la Pala di San Marco o la teoria dei volti di Cristo con gli occhi rossi, inumiditi dalle lacrime e dalla sofferenza – tra questi il noto Cristo come Re dei Re della Cattedrale di San Francesco di Livorno. E ancora a stupire sono i grandi crocifissi, intagliati e monumentali come opere contemporanee di Monaco o Pesellino, e gli affreschi del Museo di San Marco, di fondazione medicea e realizzato da Michelozzo, che mostrano la capacità di Beato Angelico di utilizzare senza dubbi diversi strumenti e supporti pittorici. “Questa mostra”, spiega Stefano Casciu,è fondamentale da un punto di vista scientifico, ampiamente documentato dal catalogo aggiornatissimo edito da Marsilio. Racconta gli sviluppi più recenti della ricerca nel periodo giovanile dell’artista, ma ha anche offerto l’occasione di realizzare ben trenta tra restauri e manutenzioni straordinarie, inoltre indagini diagnostiche che hanno permesso di ricomporre molte opere e di far capire come dipingeva Angelico. E ancora come erano composte le tavole medicee e come si connettevano tra loro, quale era l’ordine esatto delle predelle anche attraverso lo studio del legno e delle venature, con tecniche sofisticate. Sono contribuiti scientifici che rimarranno nella storia dell’arte”. 

Santa Nastro 

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. Dal 2015 è Responsabile della Comunicazione di…

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