Dall’AI ai Musei: la cultura come antidoto alla delega cognitiva
Nella nostra società, focalizzata sul risultato, le capacità cognitive sono forse quelle messe a maggior rischio dall’Intelligenza Artificiale. Per ovviare a questo pericolo è importante coltivare la predisposizione all’apprendimento, capacità in cui l’arte e la cultura sono alleati fondamentali

L’intelligenza artificiale, senza alcun dubbio, rappresenta tecnologia che, nel tempo, potrà rivoluzionare intere aree della nostra esistenza. Tuttavia, pur essendo formidabile e complessa, come molte altre invenzioni sviluppate nel corso degli ultimi decenni, si distingue per una peculiarità: non richiede competenze tecniche evolute. Caratteristica che è stata fraintesa: perché le basse barriere all’utilizzo richiedono (almeno in teoria) l’acuirsi di altre competenze e capacità del tutto umane.
Intelligenza Artificiale una tecnologia che richiede competenze umane
La prima competenza necessaria all’uso dell’IA è (o dovrebbe essere) la neuro plasticità, termine con cui si indica la capacità del nostro cervello di modificarsi e plasmarsi con l’acquisizione di nuove competenze. Una dimensione strutturale dell’essere umano, che ha concesso alla nostra specie di evolversi e che collide con il cattivo utilizzo che spesso si fa dei nuovi strumenti di IA. Basti pensare che, interrogando Gemini in merito alle possibili criticità che il genere umano potrebbe incontrare utilizzando l’IA, tra le prime c’è proprio l’abuso della delega cognitiva.
Un processo piuttosto intuitivo, che si realizza quando utilizziamo l’IA per svolgere compiti al nostro posto, come per una calcolatrice o un foglio Excel. Il rischio è che si tratta di un processo comodo, poco faticoso, veloce e, in quanto tale, espressione coerente del nostro tempo, focalizzato sul risultato più che sul processo. È infatti guardando ai risultati che emergono timori per alcune categorie occupazionali o che si cerca di proibirne l’utilizzo nelle scuole o sul luogo di lavoro.

La differenza tra l’Intelligenza Artificiale e le altre tecnologie
La differenza sostanziale, però, è che diversamente da altre tecnologie, come la calcolatrice, l’IA nell’elaborare la risposta fornisce all’utente nuove informazioni, occasione di apprendimento che dovrebbe essere pienamente utilizzata, ma che spesso viene tralasciata in favore di rapidità e risultato. Così, anziché usare l’IA per apprendere, la si riduce a un intermediario tra una conoscenza “collettiva” (essendo addestrata su conoscenze e informazioni condivise) e l’utilizzo specifico, come la scrittura di un articolo, di un parere, di un tema. Un comportamento alquanto diffuso che, nella sua dimensione più concettuale, rappresenta una sorta annichilimento volontario: ci si accontenta dell’illusione della conoscenza, dimenticandosi di quanto sia essenziale per la nostra vita.
Musei e Intelligenza Artificiale, realtà diverse ma spesso vissute entrambe passivamente
Facendo un piccolo salto quantico, l’uso che facciamo dell’IA non è dissimile dal modo in cui la maggior parte delle persone frequenta attualmente i musei, o più in generale fruisce di arte e cultura. Riceviamo, passivamente, una grande quantità di informazioni, senza attivare dei processi di “attribuzione” di senso da parte nostra.
Restando, in media, poco più di qualche secondo davanti a ogni quadro, maturiamo l’illusione di aver visto una data collezione o una mostra; quando in realtà abbiamo solo visitato il museo, non le sue opere. Insomma, abbiamo sfogliato un catalogo dal vivo, piuttosto che accrescere le nostre conoscenze, sensibilità, gusto, competenze estetiche. All’uscita da un museo sarà difficile ricordare tutte le opere che abbiamo visto; così come sarà difficile ricordare i reel scrollati su un social network o i film scartati su una piattaforma di streaming.
La delega cognitiva funziona esattamente in questo modo: consiste nell’utilizzare l’intelligenza artificiale per sviluppare una trattazione su un argomento di cui sappiamo ben poco per dimenticarcene subito dopo, senza che di questo argomento resti traccia alcuna all’interno della nostra persona. Bel quadro. Bella risposta. Bel post. Bella immagine. Via.
Una consapevole fruizione dell’arte come palestra mentale per un uso ragionato dell’IA
Promuovere un uso consapevole dell’arte può divenire così una sorta di introduzione all’assimilazione consapevole dei contenuti. Il tempo di lettura di una poesia è inferiore al tempo necessario alla sua stesura. Ma il tempo di assimilazione di una poesia è nella maggior parte dei casi superiore ad entrambi. Il tempo di fruizione di un dipinto può essere di alcuni secondi. Ma in ogni tratto di quel dipinto c’è la possibilità di apprendere elementi la cui conoscenza potrebbe richiedere giorni, mesi, anni. Il processo di assimilazione di contenuti concettuali genera appagamento intellettuale e fisico. Limitarsi a scattare una foto di un dipinto, invece, produce un piacere sociale che, tuttavia, ha un carattere più superficiale e vacuo di quello intimo che deriva dall’averlo assimilato interiormente.
L’importanza di accrescersi e migliorarsi attraverso attività creative e culturali come antidoto all’abuso della delega cognitiva
Chi va in palestra con regolarità e costanza, oltre ad avere una capacità motoria più sviluppata, acquisisce anche un’attitudine proattiva all’azione e al movimento, con benefici generali per corpo e mente; al contrario di chi conduce stili di vita sedentari. Chi suona uno strumento musicale, oltre ad apprendere delle nozioni tecniche, impara a esprimere le proprie sensazioni attraverso le note e a indagare le emozioni attraverso la musica. Chi scrive con regolarità, durante la stesura sviluppa un processo di pensiero, all’interno del quale possono emergere inattese riflessioni.
Qualunque espressione creativa e culturale dell’essere umano, non si limita a generare un output trasferibile, ma genera anche un processo di accrescimento personale e individuale per il quale non ancora abbiamo identificato dei device di portabilità.
È quello l’output su cui bisognerebbe maggiormente concentrare la nostra attenzione. Educare a questo aspetto potrebbe essere il modo più efficace per evitare di incorrere nell’abuso dell’IA, trasformando la delega cognitiva in un processo di apprendimento. In fondo, la minaccia dell’IA, quella vera, sta rischio di confondere la fruizione con la conoscenza.
Stefano Monti
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