La critica d’arte è davvero al capolinea o si sta trasformando? Le risposte di Irene Sofia Comi 

Quella della scomparsa della critica è un'emergenza evidenziata da molti. Abbiamo coinvolto critici e studiosi di diverse generazioni per provare a fare il punto. Ne è emerso un dibattito serrato e non univoco, su diverse questioni: la critica può fare a meno della scrittura? Cosa differenzia un critico e un curatore? E infine, la critica d'arte può ancora essere una professione?

Pubblichiamo di seguito l’intervista alla curatrice, ricercatrice e critica d’arte Irene Sofia Comi. 

Quando si è smesso di fare critica?
Assumere la posizione per cui la critica d’arte sia morta significa adottare un punto di vista parziale, a tratti passatista. È certo evidente che il peso della critica nel sistema sia diminuito a poco a poco e non goda dell’eco di un tempo, e che chi la esercita ha visto ridursi l’impatto tangibile del suo ruolo. Non sono però certa che l’autonomia reclamata dalla critica, così come la conosciamo, così come l’abbiamo ereditata, possa aderire all’oggi. Come ogni altra disciplina, la critica d’arte è in un processo di costante e progressiva evoluzione: occorre non affezionarsi al permanente per lasciare spazio a una sua nuova riformulazione nel presente. Con questo non intendo certo dire che non occorra fare critica, anzi, ve n’è estremamente bisogno nel sistema post-capitalistico nel quale viviamo, dove la committenza, il mercato – ovvero la componente economica (e quindi le sovrastrutture tecnocratiche e relazionali) – hanno preso il sopravvento. Lamentavano tale tendenza dalla metà degli anni sessanta, personalità come Celant o Lonzi, schierandosi politicamente, non c’è dunque da stupirsi (seppur si debba tener presente che la loro epoca è ben diversa dalla nostra, motivo per cui alcuni nostalgici parallelismi possono correre il rischio di essere anacronistici).

Come si inserisce la figura del curatore in questo contesto?
Se tra gli anni novanta e i primi dieci, quindici anni del duemila si sono affermate figure curatoriali che hanno preso il centro della scena (quasi oscurando il primato del ruolo dell’artista), oggigiorno chi si definisce critico adotta prese di posizione spesso snobiste o minimizzanti nei confronti dell’attività di curatela. Da essa i critici si discostano leggendo tale ruolo come d’assalto (per citare la traduzione del noto volume di David Balzer) o ritenendo che si possa fare a meno dell’intervento curatoriale per creare una mostra riuscita. Sorprendentemente, questo atteggiamento presenta punti di contatto con quello instauratosi nel tempo nei confronti della critica. Nel panorama intellettuale, essa viene talvolta dichiarata assente, impoverita o considerata faziosa. Per l’opinione pubblica, sembra quasi essere ininfluente. Per altri attori più inseriti nel mercato, invece, la critica può risultare dispendiosa e poco utile, in quanto poco produttiva nel breve termine: un costo o, peggio, un divertissement, seppur con una certa professionalità a corredo.
Eppure, sottovalutare o minimizzare oggi il ruolo della critica sarebbe una cecità. Si pensi alla storicizzazione futura della memoria artistica e culturale, che si costituisce a partire da un’elaborazione del presente.

Nuovi metodi e finalità: cosa significa fare critica oggi?
La critica d’arte può rigenerarsi lavorando su stili di scrittura e registri comunicativi, senza per questo trascurare la qualità e il rigore. Può cambiare postura, inclinarsi (pensando ad Adriana Cavarero), farsi meno autoreferenziale e pomposa. Può germogliare anche in interstizi e anfratti, fuori dai luoghi canonici dove storicamente e socialmente ci si aspettava di trovarla, per esempio si guardi al panorama dell’editoria indipendente. Sebbene sia uno scenario che possa far rabbrividire, a mano a mano la critica potrebbe trovare un suo modo d’espressione anche su canali social, che consentono un’espressività meno distaccata (ma mai slegata dal peso del capitale reputazionale, e quindi pur sempre mediata). Al di là delle possibili tendenze è evidente come la critica sia sempre più orientata, attraverso saggi in cataloghi e pubblicazioni specialistiche, ai soli protagonisti del sistema o a chi quel sistema lo studia, e insieme sia sempre meno accessibile nel quotidiano. Annichilire la critica, tuttavia, sarebbe una perdita importante ma, parallelamente al canone del campo disciplinare d’appartenenza, essa sembra richiedere oggi una presa di posizione, una voce e un’essenza che di rado si legittimano.

Cosa differenzia un critico e un curatore? 
Occorre porsi una domanda a monte: chi e cosa delimita i ruoli della curatela e della critica d’arte? Da un lato, occorre comprendere che il termine curatela sfugge a una definizione univoca, poiché esistono più curatele, in uno spettro che, a seconda dei casi, va da attività di ricerca ed editoriale ad altre di natura più manageriale, di produzione, PR, allestimento ecc. In riferimento a quei tipi di curatele che si compongono per la maggior parte di attività di ricerca e di scrittura, occorrerebbe a mio avviso revisionare e sfumare ruoli che raramente, da quando si è concretizzata la mansione della curatela, sono stati del tutto agli antipodi. Inoltre, dall’altro lato, è opportuno considerare come alle volte chi si è schierato “contro” il fare curatela ha, ciononostante, a sua volta, curato più di una qualche mostra nella propria carriera. Non è raro oggi e non lo è stato in passato che una sola persona possa assumere entrambi i ruoli, si pensi ad Achille Bonito Oliva, Celant, Vergine – seppur ciascuna/o con le proprie peculiarità. Nel rinnegarsi, la critica e la curatela rischiano di indebolirsi a vicenda. Riconsiderare la possibilità di una critica d’arte attraverso l’attività della curatela di ricerca, o viceversa, può davvero, oggi, essere interpretata come una mistificazione?

A cura di Caterina Angelucci 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci (Urbino, 1995) è laureata in Lettere Moderne con specializzazione magistrale in Archeologia e Storia dell’arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Oltre a svolgere attività di curatela indipendente in Italia e all'estero, dal 2018 lavora come…

Scopri di più