A Milano la mostra di Valerio Eliogabalo Torrisi invita a resistere cantando insieme

Lettere, canti, corpi e archivi: una mostra intensa e corale alla Casa della Memoria, dove l’arte di Valerio Eliogabalo Torrisi restituisce voce e dignità a storie sommerse della Resistenza

“Sento le pulci ovunque: sui nostri corpi, sulle parole che usano, sulle geografie polimorfe che abitiamo e vorremmo chiamare casa. […] Vedo pulci in ogni dove, più di prima, ora”, trascrive nel testo curatoriale Salvatore Cristofaro. È da questa immagine, tratta da un diario anonimo di un internato militare, che prende forma la mostra di Valerio Eliogabalo Torrisi (Catania, 1993): una condizione di infestazione che si fa metafora del presente, in cui “gli estremismi diventano nuclei centrali del potere” e i principi della resistenza sembrano sempre più offuscati da “riti nostalgici, riemersi dai battiti del tempo”.

La mostra di Valerio Eliogabalo Torrisi a Milano

Nel cuore dell’ottantesimo anniversario della Liberazione, la memoria non si celebra: si interroga.
Pulci più di prima, ora è un attraversamento poetico e civile tra arte contemporanea e archivi resistenti, ospitato dalla Casa della Memoria di Milano. Valerio Eliogabalo Torrisi entra in relazione profonda con i materiali dell’ANED e dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, costruendo un racconto visivo che restituisce voce a esistenze cancellate, a lettere, a testimonianze che il tempo non ha potuto zittire. Attraverso il tema della parola e della dimensione profondamente comunitaria del coro, Torrisi propone un gesto radicale: ridare presenza all’invisibile. Il sentimento che attraversa l’intera mostra è la compassione, intesa non come pietà, ma come partecipazione viva al dolore altrui. Dal latino compatior, “soffrire insieme”, la compassione è un atto politico ed emotivo, un modo per riconoscere l’umanità dell’altro attraverso il proprio coinvolgimento. Qui, il dolore è fatto anche di quotidianità minuta: fame, nostalgia, desideri, sogni d’amore, affetto, casa. Una memoria che non è monumento, ma corpo vivo.

Le opere di Valerio Eliogabalo Torrisi alla Casa della Memoria

L’esibizione si articola attraverso tre opere inedite: Canti da cortile (2025) è un’installazione fotografica ispirata a un disegno realizzato da Lodovico Barbiano di Belgiojoso durante la prigionia. L’opera, collocata su un cumulo di cartoni nella sala centrale dello spazio, re-immagina il ritrovo serale dei “romani” – compagni di dolore uniti nel canto – attraverso una documentazione visiva che mira a restituire l’importanza e la potenza della leggerezza. Quel disegno, nato in un contesto di costrizione, non rappresenta la sofferenza, ma attimi di vitalità condivisa: è testimonianza della forza prorompente della collettività, e di quanto la dimensione corale appartenga in modo intrinseco all’essere umano.  Così come Belgiojoso sceglie di fissare sulla carta momenti di convivialità, affermando la possibilità della gioia anche nel buio, Torrisi riprende e amplifica questo gesto: la sua installazione fotografica ne reinterpreta i tratti e li distribuisce lungo la parete verticale dell’archivio, trasformando il ricordo in paesaggio. Un atto di resistenza emotiva che celebra la forza della comunità nei luoghi del dolore.

Valerio Eliogabalo Torrisi e il coinvolgimento del pubblico

Ultimi canti (2025) è un’installazione partecipativa che nasce dalle ultime lettere conservate presso l’Istituto Parri: scatoloni d’archivio si trasformano in strutture monumentali, su cui si adagiano centinaia di fogli con frasi in rosso — frammenti di messaggi d’addio, pensieri rivolti a figli, madri, compagni. Parole semplici, ma incise dalla dignità, dalla rassegnazione e dall’ostinazione di chi le ha scritte. Il pubblico è invitato a raccoglierle, ad accoglierle, a portarle con sé: ogni foglio si fa passaggio, ponte, memoria in movimento. Il gesto di prenderle in carico dà forma a una coralità fragile e resistente, in cui la parola segreta si traduce in oggetto concreto e condivisibile. Alcune di queste frasi appaiono anche sui LED wall distribuiti per la città, trasformando lo spazio urbano in un luogo di eco e di ascolto. Così la memoria esce dall’archivio e si diffonde: nei gesti, nelle tasche, nelle mani e nelle case di chi attraversa la mostra. La parola, un tempo nascosta, oggi torna a viaggiare, e a cantare.

Il coro come atto di resistenza

Terza e ultima opera in mostra è Canto nuovo (2025), una video-installazione corale realizzata in collaborazione con il coro LGBTQIA+ milanese Checcoro, ispirata a un sogno custodito nelle celle di un carcere politico: un nuovo inno alla libertà “con din don dan e con idee di un mondo libero”, come raccontato da Dario Venegoni, presidente nazionale di ANED. Qui un canto immaginato attraversa il presente e si apre verso il futuro, parlando al nostro tempo in un momento in cui il bisogno di una dimensione collettiva e comunitaria è particolarmente vivo.
Ogni opera esposta è inedita e nasce da mesi di studio e dialogo intimo con i documenti d’archivio.
A emergere sono “sorelle guerriere”, promesse d’amore affidate a messaggi cuciti sulla schiena di sconosciuti, piccoli frammenti che compongono un canto collettivo della dignità.
Scrivere diventa qui il gesto più fragile e più radicale: un addio, una traccia, una promessa. Cantare insieme è, allo stesso modo, un atto di resistenza e di cura: una voce plurale che attraversa il silenzio, trasformando il dolore individuale in memoria condivisa e in speranza collettiva.

Sara van Bussel

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