Un ex-carcere in Sicilia si trasforma in polo culturale. Cresce FARM Cultural Park 

A quindici anni dalla fondazione, FARM Cultural Park si arricchisce di un nuovo polo e trasforma un ex-carcere nell’agrigentino in uno spazio aperto all'esterno, alla cultura e alla collettività

Dopo le aperture di Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, e Palermo, FARM Cultural Park, centro culturale indipendente fondato da Andrea Bartoli e Florinda Saieva, si arricchisce di una nuova sede: l’ex-carcere San Vito di Agrigento. L’inaugurazione dello spazio, avvenuta in questi giorni, si è consumata nell’ambito di un’Agrigento Capitale della Cultura per il resto abbastanza silente. Con questa nuova presenza, FARM Cultural Park si estende ancora oltre gli iniziali confini di Favara, sempre nell’agrigentino, a quindici anni dalla sua fondazione. Anche nella nuova sede, il centro nevralgico della ricerca riguarda la relazione tra l’uomo e il suo habitat, urbano e naturale, in una prospettiva diacronica. La sospensione tra passato, presente e futuro diviene adesso centrale in un luogo la cui storia è così intensamente connotata. 

La storia dell’ex-carcere San Vito di Agrigento oggi nuovo polo di FARM Cultural Park 

La grande, massiccia fabbrica dell’ex-carcere risale al 1432. Inizialmente la struttura fu edificata con la funzione di monastero, alle pendici dell’altura nota come Rupe Atenea. Nel 1863 la Chiesa cedette il convento al neonato Governo nazionale; è a questo punto che lo spazio viene adibito a carcere giudiziario. Avrebbe mantenuto tale funzione fino al 1996. Di qui in poi, a parte sporadiche riaperture legate soprattutto alle attività del FAI, lo spazio è rimasto pressoché sconosciuto e scarsamente frequentato, pur essendo parte integrante, con le sue poderose mura di tufo, del paesaggio urbano locale. Ora il luogo è stato affidato a FARM dall’Agenzia del demanio in uso temporaneo; l’iniziativa di riqualificazione, dopo decenni di chiusura, è parte integrante delle attività programmate nell’ambito di Agrigento Capitale – e una delle poche effettivamente realizzatesi.  

Ex-carcere di San Vito nuovo polo del FARM Cultural Park
Ex-carcere di San Vito nuovo polo del FARM Cultural Park

I soggetti che hanno contribuito al recupero dell’ex-carcere di San Vito 

Il recupero del carcere è esito di un processo co-creativo che ha interessato differenti soggetti. Tra questi, il Politecnico di Milano, coinvolto in un workshop il cui fine programmatico è stato quello di trasformare uno spazio chiuso, isolato, in un hub culturale. Tale ripensamento assume insomma una significativa rilevanza simbolica: il luogo di detenzione, spazio di chiusura per eccellenza, diviene adesso uno spazio di transito, aperto all’esterno e permeabile alle iniziative della collettività. La costruzione identitaria del luogo è passata attraverso call pubbliche rivolte a creativi, artisti, attivisti e cittadini. Una gestazione condivisa, svoltasi non con l’intento di rinnegare la storia del carcere, ma di “superarla” “in un laboratorio permanente di futuro. Un carcere che si è fatto spazio di libertà, di bellezza condivisa, di possibilità” 

La riqualificazione dell’ex-carcere nell’agrigentino 

La riqualificazione fisica degli ambienti si snoda lungo celle e corridoi, attraversa aree dotate di una rinnovata significanza evocativa, ne propone una riscrittura che rimanda a immaginari estesi ben oltre i limiti fisici della casa circondariale. Il Giardino dei Papiri/Knowledge Garden intende celebrare ad un tempo “la forza della natura” e la “potenza della memoria”; collocato nel cuore dell’ex-carcere, è il mezzo di un’esperienza di soglia tra passato e presente. Sky Path si propone come “camminata” nel cielo, in un percorso sospeso che consente una piena visuale della città lungo il suo profilo paesaggistico, sia naturale sia antropizzato. La Navalny Arena è un luogo di incontro tra arti e persone, dedicata all’omonimo prigioniero politico russo, morto nelle carceri della colonia penale di Kharp. Tale dedica intende ricordare che “la libertà è un bene fragile, che va protetto, raccontato e coltivato ogni giorno”

I padiglioni di “Countless Cities. Biennale delle Città del Mondo” nell’ex casa circondariale 

Attualmente lo spazio accoglie alcuni padiglioni della quarta edizione di Countless Cities. Biennale delle Città del Mondo, dedicati alle città di Nazareth, Medellin e Haiti, visitabili fino al 30 maggio 2026. 

La curatela del primo padiglione è stata affidata a Razan Zoubi Zeidani, architetta palestinese, la cui ricerca indaga il valore della casa quale simbolo di resistenza. L’habitat umano si configura qui nelle sue implicazioni politiche, in un momento in cui più che mai è necessario che l’arte assuma una forma di posizionamento, senza trincerarsi in forme di colpevole indifferenza.  

Attraverso una struttura che rimanda al suo ecosistema naturale, il padiglione di Medellin, considerata un tempo tra le città più insicure al mondo, ne valorizza invece il processo trasformativo che l’ha resa un riferimento esemplare per urbanistica sociale e architettura pubblica.  

La curatela del padiglione dedicato ad Haiti è stato affidato a Carla Bartoli, presidente dell’organizzazione Ring Beyond Borders: la mostra intende restituire una voce al popolo haitiano, fortemente colpito dalla profonda crisi umanitaria ancora in corso.  

Infine, un ulteriore spazio è stato dedicato alle iniziative indipendenti del progetto OltreCapitale, nato spontaneamente da un insieme di realtà associative locali per sopperire alle mancanze della programmazione di Agrigento Capitale. Il loro intervento, in questa sede, consiste nell’allestimento di Etere, progetto espositivo a cura delle associazioni Rudere Project e YARD44. La mostra, parte del più ampio DOT Festival, quest’anno alla quarta edizione, ed è concepita come una esposizione temporanea non invasiva, in dialogo con lo spazio e le sue “risonanze invisibili”. 

Tiziana Bonsignore  

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