A Milano una mostra vuole riattivare rituali sommersi, memorie dislocate e saperi magici
Il punto di partenza della collettiva presentata presso C+N Gallery CANEPANERI è l’idea formulata dall’artista di rilevanza internazionale Claudio Costa alla fine degli Anni Settanta del ‘lavoro in regressione’, un ritorno alle origini che non è fuga nostalgica ma azione critica

Tra archivi, materiali organici, installazioni immersive, manufatti scolpiti e dispositivi digitali, Alessandro Di Lorenzo (1997), Peng Shuai Paolo (1995), Sofia Salazar Rosales (1999), Stefano Serretta (1987) e Ginevra Petrozzi (1997) realizzano costellazioni simboliche che parlano al nostro presente frammentato. La mostra Haunting Spells. Fare mondi altrimenti, presentata a Milano presso C+N Gallery CANEPANERI fino al 28 luglio 2025, abita la crisi evocando assenze, spiriti e potenzialità trasformative. Il punto di partenza è l’idea formulata dall’artista di rilevanza internazionale (ma negli ultimi anni dimenticato) Claudio Costa (Tirana, 1942 – Genova, 1995) alla fine degli anni Settanta del ‘lavoro in regressione’: un ritorno alle origini che non è fuga nostalgica, ma azione critica. Infatti, in un’epoca in cui il concetto di progresso appare sempre più fragile, l’opera di Costa riscopre nel pensiero arcaico e nelle culture marginalizzate una forma di resistenza simbolica. La sua pratica artistica, tra mitologia, alchimia e antropologia, ha lasciato chiavi di lettura alternative per il nostro presente.

La mostra “Haunting Spells. Fare mondi altrimenti” e l’opera di Claudio Costa
“L’interesse per Claudio Costa è scaturito principalmente da due aspetti fondanti della sua opera. Da una parte l’attenzione verso l’antropologia, tanto che lo stesso artista negli Anni Settanta fonda il Museo di Antropologia Attiva in Liguria, a Monteghirfo, e dall’altra questa idea del ‘work in regress’. Che significa interrogare l’origine delle cose, regredire e, dunque, andare contro la produzione capitalistica. Entrambi gli aspetti li ho ritrovati negli artisti selezionati”,spiega ad Artribune il curatore Arnold Braho.









Il percorso espositivo di “Haunting Spells. Fare mondi altrimenti”
Il titolo allude all’idea di infestazione e presenza spettrale, al ritorno di ciò che la storia ha lasciato inespresso o irrisolto e nello stesso tempo agli incantesimi, intesi come atti trasformativi capaci di alterare simbolicamente la realtà. Ne è un esempio l’installazione di Peng Shuai Paolo, Inner Etnobotanic Cartography, che unisce medicina tradizionale cinese, memoria diasporica e arte rituale. Casse incise, semi di loto, Moxa e testi antichi come il Tao Te Ching convivono con ricordi personali e oggetti quotidiani, tracciando una mappa interiore della guarigione. Affine è il lavoro di Ginevra Petrozzi che fonde spiritualità arcaica e tecnologia contemporanea. Il suo progetto Congregation of Mysteries rilegge ex-voto, talismani e simboli mediterranei (come l’occhio apotropaico o la mano cornuta) alla luce della società digitale, dove sorveglianza, automazione e algoritmi sostituiscono il destino. Sempre di simboli parla Alessandro Di Lorenzo, che presenta una scultura ispirata al bastone degli àuguri romani: uno scettro curvo in alluminio grezzo che non definisce confini ma li mette in discussione, tra rovina e prototipo. Sofia Salazar Rosales, invece, propone Sentinel, una scultura enigmatica a metà tra una rosa e una pala eolica. Realizzata in metalli ossidati, sembra un fossile del futuro o un oggetto liturgico in attesa di attivazione. Un’indagine poetica su ciò che resta dopo il movimento, su ciò che si radica quando tutto sembra precario. Infine, Stefano Serretta affronta le tensioni politiche e storiche del corpo queer. Il progetto STRESS, sviluppato in dialogo con l’archivio LGBTQIA+ del Centro di Documentazione Aldo Mieli di Carrara, realizza incisioni su marmo e disegni tratti da riviste erotiche censurate del Novecento. I materiali d’archivio diventano presenze spettrali che disturbano la linearità della narrazione storica, chiedendo di essere riattraversati, riscritti, reimmaginati.
La mostra “Haunting Spells. Fare mondi altrimenti” nelle parole del curatore Arnold Braho
“Il progetto espositivo cerca dunque di tracciare una genealogia tra le pratiche pionieristiche di Claudio Costa e quelle di una generazione di artisti emergenti che ereditano, consapevolmente o meno, la sua eredità irrisolta. L’opera Il cielo, guardando… (1978), che apre la mostra in questo orizzonte, mette in atto una politica dello sguardo, dal basso verso l’alto, verso il cielo, evocando una politica del posizionamento: un modo di abitare il mondo dal basso, invertendo le gerarchie del sapere”, conclude Braho.
Caterina Angelucci
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati